“Antonio! Antonio!”. Anche l’Inghilterra ha dovuto pagar pegno alla fame di Conte che, in sella al Chelsea, conquista la vittoria in Premier League. E Oltremanica, dove viene prima il carisma, la rabbia e il furore agonistico, l’ex cittì è già diventato un mito.
In pochi davano fiducia ad Antonio Conte quando, subito dopo l’arcigno Europeo in cui guidò la Nazionale fino agli insperati quarti di finale perduti ai rigori contro la Germania, si presentò a Stamford Bridge. Manco il tempo di arrivare all’autunno che già era finito sulla graticola. Colpa del Liverpool che, vincendo contro i Blues avrebbe “costretto” il magnate Abramovic ad aprire la Conte Crisis (Daily Star dixit) e a chiuderselo nei suoi uffici fino all’una di notte. E poi le critiche sul suo inglese, e quelle relative al trattamento di Diego Costa e a quello riservato al capitano John Terry.
Antonio Conte ha incassato tutte le chiacchiere, s’è imposto in uno spogliatoio di stelle e stelline e le ha portate in paradiso, restituendo al Chelsea quel titolo che gli mancava dal 2015, dal ritorno di Mou. Prima del patatrac dell’anno dopo.
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La vittoria di Conte, sublimata dalla goleada celebrativa rifilata agli sparring partner del Southampton (cinque a zero, più ovazione pro Terry che lascia il calcio giocato), rappresenta l’atto che notifica a quella parte ancora troppo distratta del mondo del futbol che lui è un autentico vincente. E non è un caso se tutto lo stadio lo invoca, cantandone il nome: “Antonio! Antonio!”.
