Tradotto in 52 lingue per 500 edizioni in 150 nazioni. Tiratura 2 miliardi di copie. Pensate che la popolazione mondiale era poco meno di 4 miliardi. Secondo il Partito comunista cinese del tempo, erano 5 miliardi le copie.
Un libretto di 33 capitoli noiosi e talvolta scontati. Lo slogan delle Guardie rosse, custodi della Rivoluzione cinese, recitava “Diecimila anni al presidente Mao”. Un presidente di cui non era bene fidarsi: nel 1957 lanciò la “Campagna dei cento fiori” per favorire l’autocritica interna: tutti potevano rivolgere apertamente critiche al partito e a Mao. Il presidente avrebbe fatto sintesi e innovato il partito comunista avviando riforme sulla base delle indicazioni del popolo. Moltissimi cinesi dissero la loro: critiche, analisi, proteste, proposte. Al termine della campagna, Mao ne lanciò un’altra: coloro che avevano criticato Mao Tse-Tung e il partito dovevano essere arrestati e inviati nei campi di rieducazione (gulag). Fu così che di un paio di milioni di persone non se ne seppe più nulla…
Ma il libretto rosso riporta dichiarazioni spesso senza senso. Esempi? “Non dobbiamo essere dogmatici ma neanche eclettici”, “Non dobbiamo essere intransigenti ma neanche molli”, “Tutti i reazionari sono tigri di carta” aggiungendo poi “essi sono anche tigri vive, di ferro, vere, che possono divorare la gente. Su questo dobbiamo costruire il nostro pensiero tattico”. Ma tigri di carta o tigri vere? Bah, lo chiamavano pensiero tattico…
Ma, dopo tutto, qualcosa significherà se oggi la Cina è una potenza capitalista e se Aldo Brandirali, capo di “Servire il popolo”, movimento maoista italiano, “ben impadronito del pensiero di Mao Tse-Tung”, nel 1992 passò alla Dc per finire poi in Forza Italia dove, dal 2001 al 2006, fu assessore allo Sport e ai giovani al Comune di Milano… Tutto questo dopo che per decenni ci hanno rotto i cosiddetti…