La polemica. I profeti della destra moderata e liberale (che non c’è più) si facciano da parte

moderatiUn certo Nietzsche sosteneva che uno dei mali della logica moderna, quella dell’utile sopra il vero, sta nel confondere sistematicamente la causa con l’effetto. Ci aveva preso? Probabile. Di sicuro nello sterile dibattito sul futuro della destra si rischia di commettere proprio quest’errore. Da più parti, infatti, viene mestamente sibilato: “occorre uscire dalla marginalità causata dall’assenza di un progetto politico”. A dirlo, guarda caso, ex dirigenti di ex partiti ed ex storie politiche in cerca di una rinnovata casa comune.

Ragioniamo allora e ribaltiamo la logica partendo dai fatti. La marginalità dell’attuale area post-msi-an nasce dal perseguimento ragionato e puntuale, perpetrato per più di vent’anni, di un preciso progetto politico: l’inserimento della destra nel sistema politico bipolare globale quale costola identitaria del “popolarismo-conservatorismo”. Questo preciso progetto politico ha comportato congrue scelte e decisioni: tutte riassumibili nella volontaria cessione di determinanti quote di sovranità (monetaria, politica ed economica) ad entità terze, opportunamente slegate dal contesto nazionale.

Poche, ma non così poche, in questi anni sono state le voci che hanno più o meno contestato la linea politica scelta dalla dirigenza missino-aennina: Cassandre inascoltate, spesso zittite a suon di pernacchie, per lo più, o, per lo meno, tenute a bada tramite contratti editoriali a carattere balneare(ben remunerati, occorre esser onesti, quando si guarda ai fatti.)

Ora che l’unico modello civilistico ritenuto possibile, quello liberale, mostra drammatici segni di crisi, chi inneggiava e inneggia tuttora a Milton Friedman e a Margaret Thatcher per giustificare il proprio recente inserimento nella parte giusta della storia, si affretta affannosamente a vagheggiare di rinnovati progetti politico-identitari. Magari avendo il coraggio di parlare di tutela dell’interesse nazionale quale dato irrinunciabile.

Possibile affrontare un dibattito del genere? Possibile davvero considerare gli attori di questa storia come interlocutori credibili? Si potrebbe dare una risposta affermativa soltanto dimenticando cosa è stato proposto e votato fino a pochi mesi fa da questa stessa classe dirigente oggi in cerca di riconferma. Una prassi certo legittima, quella del dimenticare, gestibile attraverso piccole operazioni di maquillage retorico ed utilitaristico.

Ma è davvero questo ciò che interessa oggi? Fare ancora finta che l’effetto sia la causa, mentre guardiamo in faccia un’epopea politica che dal 1994 ad oggi ha scientemente costruito il sistema monetario che ora ci strozza e il mercato del lavoro che ora ci imbruttisce?

Il punto è chiaro: se a destra la politica può ancora essere intesa come un’impresa agonistica per il bene comune e non come tutela di miseri orticelli, chi ha fallito arrivando sotto il 2% dei consensi deve avere il coraggio di dire basta e di trovarsi un banalissimo mestiere retribuito; lasciando ad altri, soprattutto ad altre generazioni politiche il compito di trovare le risposte ai danni da essi provocati. A ben vedere, sono ancora in tanti coloro che dovrebbero avere il buon gusto di seguire fino in fondo il percorso politico fatto con Gianfranco Fini.

Giacomo Petrella

Giacomo Petrella su Barbadillo.it

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