Il caso. Ma il poeta Petrarca oggi scriverebbe di sé on line?

Laura e Petrarca
Laura e Petrarca

I professori ci insegnarono l’idea del poeta pentito, malinconico.  Invece ecco le tracce di un Francesco Petrarca diverso. Cioè il poeta “degno dell’alloro” fu un uomo che idealizzò se stesso, fu l’attento costruttore della propria  immagine. Egli aveva un’idea: realizzare un’enorme autobiografia nella quale esibire i suoi fatti, le sue abitudine. Per lui c’era un’urgenza: far divenire la sua vita un’immensa produzione letteraria. Il tutto  è  approfondito, da Francisco Rico, nel suo recente  ‘I venerdì del Petrarca’, un lavoro affascinante che indaga sulle narrazioni autobiografiche del poeta del Canzoniere.

Se c’è un grande studioso del mondo petrarchesco, quello è il  Ricco. Di lui ricordiamo che, molti anni fa, alla fine di una conferenza sul Canzoniere, il grande Gianfranco Contini gli dedicò un  sentito applauso.  Nel suo lavoro pubblicato da Adelphi, egli entra sapientemente nelle diverse notazioni autobiografiche petrarchesche. Scopre continue cancellature.  Indaga la concentrazione del poeta che scriveva/riscriveva la raffigurazione ideale di sé.

Se rileggessimo l’epistola ‘Posteritati’, allora, meglio comprenderemmo il riferire petrarchesco, “L’adolescenza mi illuse, la gioventù mi traviò, ma la vecchiaia mi ha corretto,..” Signori, è la letteratura! La vita che vuole divenire parola. La vita che tenta di batter la morte. Ogni narrazione è attraversata da stilemi, climax morali più o meno forzati, invenzioni per la mondanità di un io. Così riletti i numerosissimi referti petrarcheschi, raccolti da Ricco, diventano traiettorie esistenziali di un poeta che stava costruendo il suo personaggio.

“Non mi vanto di aver avuto una grande bellezza, ma in gioventù potevo piacere…” Oggi, nella luce di un paradosso, è consentito il pensare ad un Petrarca 3.0, immenso uomo di cultura sensibile al racconto on line delle proprie giornate, tra esempi edificanti e qualche esibizione psicologica?

È il gioco dell’arte, si sa. Con le opportune differenze, D’Annunzio fece la stessa impresa. A  edificazione dei suoi lettori, il Vate trasformò il racconto della sua vita, però  fu salvato dalla guerra vissuta sulla pelle, da eroe. E si scriva che le memorie del quarantenne Vittorio Alfieri sono composte da insincerità o da tanti calcoli stilistici. Per altro, le anime belle non sono mai esistite. Insegnano Francois La Rochefoucauld o Louis Ferdinand Céline che, dentro virtuose narrazioni, vi sono i  vizi camuffati.

Con il suo lavoro di filologo, Rico dimostra che l’identità biografica di Francesco Petrarca è condizionata dall’umana, troppo umana, debolezza di montare/rimontare il miglior racconto di se stessi. Non si tratta di smontare un mito della letteratura mondiale. All’opposto. Questa ricerca prova l’intenzione di un grande poeta, la sua libertà creativa borghese, il suo venerdì senza la dipendenza cristiana – come ricorda il Rico -, in quanto il venerdì di Petrarca  “è  il giorno che non passa inosservato… per situarsi nel mondo” o meglio è il tempo in cui il letterato decide di disegnare la sua vita “dissimulandola sotto quella di un modello prestigioso.”

* ‘I venerdi di Petrarca’, di Francisco Rico, Adelphi, pr. 218, euro 14

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Renato de Robertis

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