Tremila agenti delle forze dell’ordine per 10mila persone è un numero enorme e preoccupante. Soprattutto se si considera che la Giungla potrebbe essere un laboratorio per il resto d’Europa: a Calais, infatti, possiamo osservare l’esempio di un gruppo coeso etnicamente (poco) e politicamente (tanto, seppur in senso lato), cosciente delle proprie rivendicazioni, molto urgenti e specifiche. Un incubatore di identità.
La Giungla di Calais è un estremo, evidentemente, ma non molto distante dagli episodi delle rivolte parigine e francesi delle banlieues, o dei riots inglesi; non lontanissimo neppure dalla protesta di Black lives matter: tutti casi nei quali minoranze etnico-sociali si rivoltano in maniera violenta alle forze dello Stato. Questi episodi sono così la dimostrazione di come l’attuale assetto politico-comunicativo viva sì in una società che ha disintegrato ideologie, classi e mediatori politici, ma che nel fare questo ha anche slegato le mani al vasto numero di individui arrabbiati e incontrollabili che ha prodotto; persone che non sono pericolose solo finché non violente e non organizzate.
Se l’esasperazione però si produce nei confronti di individui più vicini, per esperienza o contesto, alla violenza, e se all’interno di questa miscela inseriamo anche lo “spirito identitario” di cui sopra, le rivendicazioni impiegano poco a rendersi violente e incontrollabili. Nelle periferie delle megalopoli europee la temperatura è infatti arrivata al grado di ebollizione diverse volte.
Questa è allora una delle ragioni per cui non si può più sottovalutare l’oggettiva mancanza di legittimazione politica dell’Europa: i movimenti antieuropei infatti prendono forza ovunque nelle cornici di partito, ma anche fuori dal contesto politico-istituzionale ribollono contestazioni antisistema che su base nazionalista, etnica, sociale o religiosa hanno rivendicazioni sempre più urgenti. Non ci vorrà molto prima che tutto questo fronte riconosca come comune nemico l’Unione Europea attuale, e che questa anti-Europa giunga a contestazioni numerose e potenzialmente violente, rispetto alle quali gli Stati stanno dimostrando, come a Calais, sempre meno capacità di gestione e d’intervento.