Architrave. Le affinità tra Sinistra e liberismo pilastro della globalizzazione

Una visione della globalizzazione
Una visione della globalizzazione

La globalizzazione è frutto del pensiero neoliberale, approvata dalle forze politiche di sinistra. Il risultato è lo scardinamento degli assetti sociali, del welfare, della politica e della cultura europei. Tanto da determinare un asservimento al pensiero unico Usa attraverso la cancellazione progressiva di tradizioni, del legame sociale, della sovranità politica.

Questa la tesi di fondo di Paolo Borgognone, filosofo ed esperto di geopolitica, che ha dato alle stampe un monumentale saggio che critica in maniera acuta il radicalismo liberale, costituito dalla democrazia Usa. Infatti, l’”americanosfera”, l’ambito di influenza dei valori statunitensi, tende a riprodursi attraverso teorie che si succedono periodicamente, che considerano il liberalismo come fine della storia (Fukuyama) e fine delle identità, con lo scopo di creare un mercato globale al quale dovrà fare riferimento principalmente il “nuovo uomo”: cioè un individuo senza tradizioni, senza cultura e senza più storia, che deve essere soltanto un consumatore, senza radici. Ideologicamente, il richiamo implicito di questa globalizzazione è al comunismo (attraverso l’internazionalismo) e al liberalismo (il cosmopolitismo tanto vantato dal secolo dei Lumi in poi). Queste forme politiche vengono diffuse in maniera dolce, spacciandole come forme di emancipazione, di liberazione, con il fine ultimo di promuovere i diritti dell’uomo, gli stessi, per tutti, in ogni parte del mondo. E se qualche popolo, per propria tradizione e cultura non vi si riconosce, ipso facto è considerato oscurantista, antidemocratico. E magari, secondo l’altra teoria liberale dello “scontro delle civiltà” (Huntington) bisognerebbe far fronte a questi popoli esportando la democrazia in quel Paese. Finora i mezzi sono stati sempre questi: bombardamenti aerei o con droni, occupazione militare per compiere “operazioni di polizia internazionale”. Tutto ciò per realizzare un mondo unipolare nel nome del liberalismo Usa, sotto il comando, appunto, degli Stati Uniti.

Borgognone sottolinea con particolare acutezza come, in Europa, i ceti ricchi, dell’alta borghesia, la sinistra in cachemire, quella radical chic per intenderci, facciano da sponda al neoliberalismo e al liberismo destrutturando la società.

Si fanno portatori di questi valori liberali nel nome della democrazia, supportando il neocapitalismo, con tutto quello che consegue nell’esaltazione del mercato, dei diritti dell’uomo e delle singole istanze di qualsiasi minoranza pur di scardinare le comunità, i valori dei popoli, le tradizioni, i costumi e i limiti etici, morali e religiosi. Una “spinta globalizzante” finalizzata all’eliminazione della politica intesa come categoria (secondo l’insegnamento di Carl Schmitt) e invece intesa come semplice amministrazione del quotidiano. Sottostando, beninteso, alle direttive e decisioni dell’Unione europea, che è di fatto nelle mani delle lobby, della Nato, degli Usa.

Gli affondi alla società europea, sottolinea Borgognone, che offre una prospettiva controcorrente molto interessante anche se non inedita, vengono fatti in più riprese: nel 1968, nel 1989, nel 1999 e nel 2011. Nel libro si analizza la politica dal secondo dopoguerra, la geopolitica e la storia del tempo e le evoluzioni nello spazio di cinquant’anni. La contestazione del ’68, a esempio, non attaccava la società in nome di nuovi valori ma la metteva in discussione perché propri quelli non venivano spinti alle estreme conseguenze.

Borgognone tratteggia una critica al radicalismo liberale e la inserisce in un quadro ben preciso, con puntuali riferimenti storici e politici. Per esempio, per quanto riguarda l’allineamento della sinistra europea al capitalismo Usa e ai voleri dell’alta finanza, l’autore richiama la politica svolta dal Pci, da Prc, dal Pcd’I e dal Pd-Pds-Ds, mossi sempre nel nome dell’antiberlusconismo, dell’anticraxismo e dell’antifascismo: contestazioni ed elementi di critica che servono solo per favorire l’imperialismo Usa liberista e liberale. La sinistra, quindi, in Europa collabora con il neoliberalismo Usa, contribuendo a schiacciare i popoli, le loro tradizioni, la loro storia. E lo fa con un grande apparato mediatico, politico, accademico. Favorendo anche l’immigrazione perché il neocapitalismo possa avere manodopera a basso prezzo.

Dati che hanno grande importanza nella politica interna ed estera dei Paesi europei.

Nel 2011 gli interventi contro la Libia avevano lo scopo di eliminare il governo Gheddafi che si opponeva alla politica totalizzante Usa che, invece, cerca di realizzare un mondo unipolare. E nell’ottobre 2011, dopo la caduta di Gheddafi, i primi a precipitarsi in Libia a festeggiare il crollo del generale Gheddafi furono Cameron, Sarkozy, Erdogan.

Ancora: la guerra del 1999 contro la Jugoslavia aveva lo scopo di “convertire la Serbia tradizionale, rurale, cristiano-ortodossa, patriottica, alla forma mentis neoborghese delle classi medie occidentalizzanti della Belgrado giovanilistica e cosmopolita”.

E questo dimostra come l’Unione europea sia il vassallo degli Usa, un vassallo sempre più debole, sempre più in difficoltà nella gestione anche dei flussi migratori. Che cosa resta da fare all’Europa di fronte a una situazione come l’attuale? Gli spazi per agire si riducono con il tempo ma di certo, secondo Borgognone, si dovrebbe avviare una politica di apertura nei confronti della Russia e di altre potenze come, a esempio, la Cina.

*L’immagine sinistra della globalizzazione di Paolo Borgognone, (Edizioni Zambon, pagg. 1.044; euro 28.00. Ordini: www.zambon.net)

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Manlio Triggiani

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