Addio a Teodoro Buontempo un po’ Bukowski un po’ Signor Wolf della destra di popolo

buontempo2Per essere politici di popolo non c’è bisogno del bollino di qualità assegnato dalla stampa progressista, che dalle borgate si tiene a debita distanza. Teodoro Buontempo, uomo umile e coerente, non si curava dei ritratti macchiettistici che gli riservavano i giornalisti perché era amato dalla comunità militante del “partito” e dal territorio, ben prima che questa parola diventasse un refrain usato come paravento dai politicanti salottieri. E nelle case del popolo, di destra e di sinistra, Teodoro era invitato come uno di famiglia. A pranzare con i figli, ad ascoltare le storie di marginalità e di sofferenza che si raccontano solo a chi è percepito come affine. Ecco, la politica a destra è stata anche questo: essere riconosciuti per strada come espressione di una sensibilità differente, attenta ai bisogni dei non garantiti, di chi non ha voce, degli esclusi (come lo sono stati ingiustamente i neofascisti, il Msi e il Fdg nell’Italia nella Prima Repubblica).

Nell’immaginario dei militanti delle organizzazioni giovanili negli ultimi vent’anni, mentre la classe dirigente della destra si lasciava andare a streap tease ideologici e gli intellettuali si incartavano alla ricerca del consenso delle élite ostili oltraggiando il proprio pubblico di riferimento, Buontempo era diventato uno specie di “Signor Wolf”: da tutta Italia non c’era intitolazione di Piazza a Sergio Ramelli o apertura di campagna elettorale in quartieri popolari che non vedesse la sua presenze reclamata come una salvezza, per rimarcare il volto autentico di una comunità politica mentre altri invece si andavano imborghesendo al fine di essere accettati (e usati) dai poteri forti che Giuseppe Tatarella aveva ben stigmatizzato nella famosa intervista su La Stampa.

Primo segretario del Fronte della Gioventù di Roma, guidò il movimento giovanile in anni terribili, con sezioni incendiate e tanti giovani ammazzati in una strisciante guerra civile; fu sempre rispettato anche dall’area della destra extraparlamentare (pur con inevitabili dissensi). Poi fu federale di Roma, consigliere comunale, deputato e assessore regionale laziale alle politiche per la Casa. Non condivise la svolta di Fiuggi ma rimase in An finché il dissenso dalla linea finiana non lo spinse a unirsi a Francesco Storace ne La Destra, di cui fu infine presidente.

Al tempo dei parlamentari nominati, si rende onore a Buontempo ricordando che fu sempre premiato con migliaia di preferenze ad ogni elezioni alla quale partecipava: lo votavano nelle borgate come nelle tradizionali roccaforti neofasciste della Capitale. Ed era un autentico uragano quando inscenava campagne antipartitocratiche. Poi certo, la politica quotidiana spesso richiede semplificazioni, ma la sua cifra non aveva nulla in comune con il becerume xenofobo. Gli stranieri, infatti, non erano per Teodoro altro che gli sfruttati di un onnivoro potere capitalista che non riconosceva la civiltà del lavoro.

Buontempo aveva come bussola una visione sociale della politica e dell’impegno. Per questo si oppose alle sbandate liberiste o liberaldemocratiche di tanti alleati nazionali alla ricerca di un posto al sole. Non provava nessuna soggezione per i palazzinari e per gli speculatori ma aveva come modello Araldo di Crollalanza che le case popolari le costruì a Bari nella zona più bella della città, sul Lungomare… Difese i diritti degli ultras dalle criminalizzazioni assurde dei reazionari e si trovò sempre schierato in prima linea nel difendere la libertà d’opinione contro leggi da stato di polizia.

Animatore di originali esperienze editoriali come Radio Alternativa (quanto ci sarebbe bisogno di un media del genere nei nostri giorni), è stato giornalista al Secolo d’Italia e solo chi ha avuto la ventura di essere precario nella Capitale “per fare il mestiere” comprende come dormire in una automobile per poi andare in redazione può essere una scelta obbligata per le ristrettezze, mitigata dal romanticismo di una esistenza alla Bukowski realmente vissuta. Pietrangelo Buttafuoco, nel periodo in cui diresse con piglio corsaro L’Italia Settimanale, gli assegnò una rubrica di recensioni librarie, piccole chicche di autentico anticonformismo scritte da un politico che abitualmente leggeva saggi antimondialisti e romanzi.

La sua voce roca e i suoi sorrisi rimarranno impressi nei cuori di chi lo ha frequentato nelle giornate di milizia o lo ha conosciuto a un comizio. E ci piace pensare che ora, lassù, Teodoro non abbia pensato neanche un minuto di riposarsi, ma stia già organizzando con Paolo Di Nella e gli altri suoi ragazzi, il prossimo volantinaggio o comizio. Contro i nemici di sempre.

@waldganger2000

Michele De Feudis

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