Ogni anno l’editoria italiana sforna in libreria centinaia di titoli di argomento sportivo: autobiografie di (presunti) campioni, storie di club calcistici grandi e piccoli, testimonianze giornalistiche, inchieste di denuncia (poche), zibaldoni di telecronisti e persino raccolte di barzellette di e sui calciatori. Al ventaglio di offerte scarseggiano però i romanzi sportivi, genere letterario tanto apprezzato all’estero, soprattutto in Gran Bretagna, che abbina il racconto di qualità con l’argomento calcistico. Tipo “Febbre a 90°” di Nick Hornby, naturalmente. O “La mia vita rovinata dal Manchester United” di Colin Shindler. O ancora lo splendido “Il maledetto United” di David Peace, dove il club richiamato nel titolo non è quello dei diavoli rossi di Manchester, bensì il Leeds United, squadra brutta, sporca e cattiva che spadroneggiò nei primi anni Settanta con Brian Clough in panchina.
Per trentadue anni giornalista della Stampa, cronista di “nera” e giudiziaria, Claudio Giacchino ebbe la ventura di seguire professionalmente l’epopea del Toro di Mondonico perché all’epoca era stato distaccato alla redazione sportiva. E quindi seguì di persona le trasferte su e giù per l’Italia e le scorribande di Lentini e compagni in giro per l’Europa. Oggi, a distanza di tanti anni, liberatosi dei vincoli che impone la professione giornalistica, Giacchino può dare libero sfogo ai ricordi andando al di là delle partite disputate sul campi di gioco e raccontare – un po’ come Peace ne “Il maledetto United” – i retroscena degli spogliatoi, dei campi d’allenamento, delle lunghe ore trascorse in pullman o in aereo per le trasferte. Erano altri tempi: le società di calcio non avevano ancora assunto l’aspetto di un quartier generale dell’Fbi, i giornalisti si muovevano liberamente e i giocatori parlavano senza dover aspettare le imbeccate dell’ufficio stampa.
Poche settimane dopo l’allenatore del miracolo del quadriennio 1990-1994 si troverà ad affrontare la partita più difficile: un’operazione allo stomaco per rimuovere un cancro. Decine e decine di tifosi granata si danno appuntamento al Filadelfia in rovina portandosi dietro una sedia, sollevata alta sulla testa. E parte il vecchio coro: “Alzaci, alzaci, alzaci la sedia/ Emiliano alzaci la sedia!”.
“La leggenda Toro vive di alti e bassi – scrive Mondonico nella prefazione al libro di Giacchino – non è mai piatta, sempre ondulante; al Toro non piace vivere in gruppo o nel gregge. Soli contro tutti e tutto era, è e sarà l’urlo di battaglia di chi ama, in campo e fuori, i colori granata”.