Il punto. Pd e Pdl per Marini al Colle: l’Italia politica é jurassica mentre la destra…

mariniSi può fare questa benedetta Repubblica 3.0 (ossia una Terza) con il grosso della Prima? Franco Marini in testa, e poi Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Sergio Mattarella. Dopo quasi sessanta giorni di stallo, incontri, veleni e retroscena, questo sarebbe il massimo che sono riusciti a produrre i due partiti più rappresentativi: una carrellata di personaggi presi a piè pari dalla tribune stampa della televisione analogica più che dal fermento della web democracy. Insomma, l’Italia dello “tsunami” riemerge tale e quale quella del 1992.

 Certo, il Movimento 5 Stelle sta tentando l’operazione spericolata e furba spacca-Pd con il nome di Stefano Rodotà (e qualcuno pensa che potrebbe riuscirci se si dovesse arrivare al quarto spoglio). Proprio rispetto a questo risulta ancora più frustrante come il dialogo tra i partiti più rappresentativi non abbia portato altro che una riedizione dei partiti che hanno contribuito a creare quel debito pubblico mostruoso tanto rimproverato dalla trojka.

Pier Luigi Bersani, nella sua ostinata e confusa non accettazione della “non vittoria”, ha smarrito in questi ultimi giorni il grosso del suo stesso partito. Tant’è che, in ordine sparso, c’è chi voleva Romano Prodi (Renzi e compagnia), c’è chi vuole adesso Rodotà (sinistra partito e popolo del web). Da parte sua la “destra” ha proprio abbandonato il campo, rifiutando di portare avanti un proprio nome nella contesa per il Colle. Il solito Silvio Berlusconi infatti – quello che in campagna elettorale tuonava al «pericolo comunista» – adesso è pronto a votare di fatto un monocolore targato sinistra pur di poter influenzare il prossimo esecutivo. Tentativo tatticamente sensato e tutto personale quello del Cavaliere, ma dal punto di vista rappresentativo mostra, ancora una volta, l’assoluta mancanza di una destra politica in grado di porsi come interlocutore istituzionale di una porzione importante del Paese.

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