Rugby. La Coppa del Mondo che non ti aspetti, dall’Inghilterra al Giappone e gli Azzurri

Non è ancora finita la fase a gironi e c’è grande attesa per i quarti, ma di sicuro finora lo spettacolo non è mancato. Chi segue il rugby sa bene che la storia si scrive sul campo e che anche ben oltre l’80°, fino a quando l’arbitro non fischia, tutto può succedere. E allora parliamo di tre vicende che, forse, possono riassumere cos’è successo fino ad ora alla Coppa del Mondo 2015.

Che non sarebbe stata una passeggiata per nessuno si era capito fin dall’inizio. Va in scena Sudafrica contro Giappone, i numero 3 al mondo contro i numero 13. Sulla carta poteva essere un test match, un esordio tutto sommato facile per gli Springboks. Ma passano i minuti e le antilopi non riescono a distanziare i giapponesi che ribattono punto su punto, con un immenso Goromaru che spinge tutta la compagine nipponica, ispira grinta, fiducia e tenacia incarnando l’etica stessa del rugby: forza e onore fino alla fine, a testa alta, senza paura di nessuno. L’attitudine premia, la partita sta per terminare ed ecco il clamoroso. Ad una manciata di secondi alla fine, i Giapponesi ci credono e vanno in touche nei 5 metri avversari: ancora un assedio, un muro di scudi, sudore e determinazione. Il samurai Karne Hesketh va in meta e il Giappone batte il Sudafrica 34 a 32, scrivendo una pagina di storia e “regalando” agli Springboks una settimana d’inferno.

E l’inferno – rugbistico – è anche quello in cui è scivolata la nazionale inglese dopo la partita di sabato 3 ottobre contro l’Australia. Forse peggio di così non poteva andare, proprio nel tempio del Rugby – l’indescrivibile cornice di Twickenham – per la formazione padrona di casa. Dopo la sconfitta contro il Galles (e possiamo solo immaginare gli sfottò tra i principini Henry e Williams, il primo sostenitore delle Rose rosse, il secondo supporter dei dragoni gallesi) serve una prova al top per gli Inglesi, non solo per l’orgoglio ma anche e soprattutto per non essere eliminati dalla competizione. E invece fin da subito va in scena un copione diverso. Le maglie bianche sono disorganizzate di fronte agli assalti dei Wallabies ed al 21′ il punteggio è già 10-3 per gli australiani, spronati a tambur battente da un Foley in stato di grazia. Passano i minuti ma non cambia la situazione in campo, con l’Australia che allarga sempre più il divario. Quando, a nove minuti dal termine, Owen Farrell si becca un cartellino giallo per un placcaggio al collo, ecco andare in scena l’atto finale: l’Australia chiude il match 33 a 13 e vola ai quarti. L’Inghilterra, padrona di casa, eliminata dalla competizione.

In mezzo a tutto questo c’è stata anche la nazionale italiana. Noi, purtroppo cresciuti a pane & calcio piuttosto che con una più virile alimentazione a base di birra & rugby, abbiamo fatto la nostra parte, senza brillare ma senza sfigurare eccessivamente. Dopo la sconfitta d’esordio contro i galletti francesi e la vittoria contro il Canada, gli Azzurri di mister Brunel hanno incrociato domenica 4 la formazione irlandese, forse attualmente la più forte dell’emisfero nord. Se le maglie verdi pensavano di vincere facile, si sono ricredute fin da subito. L’Italrugby regge benissimo e ribatte colpo su colpo tenendo sempre basso il divario nel punteggio, con medaglia al valore per un immenso Sergio Parisse che, nonostante il poco allenamento, troneggia in campo trascinando i legionari azzurri. Risultato in bilico fino alla fine, con l’Italia in superiorità numerica. E’ l’ovale calciato volontariamente fuori dagli irlandesi, appena qualche secondo dopo l’80°, a riassumere al meglio tutta la partita: meglio farla finita subito, avranno pensato i folletti verdi risultando magari un po’ impauriti, piuttosto che rischiare il colpaccio azzurro.

Mondiale finito per la nazionale italiana, ma forse poco conta. Nel rugby non c’è dietrologia calcistica su risultati o episodi alla moviola – che peraltro si risolvono subito in campo col TMO –: nel mondo della palla ovale, donchisciottiano rispetto a ciò cui siamo tristemente abituati a vedere, le chiacchiere stanno a zero e valgono ancora i valori ancestrali di forza ed onore, incarnati con fierezza da guerrieri di altri tempi.

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Giuseppe Contarino

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