Che non sarebbe stata una passeggiata per nessuno si era capito fin dall’inizio. Va in scena Sudafrica contro Giappone, i numero 3 al mondo contro i numero 13. Sulla carta poteva essere un test match, un esordio tutto sommato facile per gli Springboks. Ma passano i minuti e le antilopi non riescono a distanziare i giapponesi che ribattono punto su punto, con un immenso Goromaru che spinge tutta la compagine nipponica, ispira grinta, fiducia e tenacia incarnando l’etica stessa del rugby: forza e onore fino alla fine, a testa alta, senza paura di nessuno. L’attitudine premia, la partita sta per terminare ed ecco il clamoroso. Ad una manciata di secondi alla fine, i Giapponesi ci credono e vanno in touche nei 5 metri avversari: ancora un assedio, un muro di scudi, sudore e determinazione. Il samurai Karne Hesketh va in meta e il Giappone batte il Sudafrica 34 a 32, scrivendo una pagina di storia e “regalando” agli Springboks una settimana d’inferno.
E l’inferno – rugbistico – è anche quello in cui è scivolata la nazionale inglese dopo la partita di sabato 3 ottobre contro l’Australia. Forse peggio di così non poteva andare, proprio nel tempio del Rugby – l’indescrivibile cornice di Twickenham – per la formazione padrona di casa. Dopo la sconfitta contro il Galles (e possiamo solo immaginare gli sfottò tra i principini Henry e Williams, il primo sostenitore delle Rose rosse, il secondo supporter dei dragoni gallesi) serve una prova al top per gli Inglesi, non solo per l’orgoglio ma anche e soprattutto per non essere eliminati dalla competizione. E invece fin da subito va in scena un copione diverso. Le maglie bianche sono disorganizzate di fronte agli assalti dei Wallabies ed al 21′ il punteggio è già 10-3 per gli australiani, spronati a tambur battente da un Foley in stato di grazia. Passano i minuti ma non cambia la situazione in campo, con l’Australia che allarga sempre più il divario. Quando, a nove minuti dal termine, Owen Farrell si becca un cartellino giallo per un placcaggio al collo, ecco andare in scena l’atto finale: l’Australia chiude il match 33 a 13 e vola ai quarti. L’Inghilterra, padrona di casa, eliminata dalla competizione.
Mondiale finito per la nazionale italiana, ma forse poco conta. Nel rugby non c’è dietrologia calcistica su risultati o episodi alla moviola – che peraltro si risolvono subito in campo col TMO –: nel mondo della palla ovale, donchisciottiano rispetto a ciò cui siamo tristemente abituati a vedere, le chiacchiere stanno a zero e valgono ancora i valori ancestrali di forza ed onore, incarnati con fierezza da guerrieri di altri tempi.