Cardini/10. Sull’immigrazione Rauti, Sartori, la Magli e i limiti del multiculturalismo

1_roda_de_sambaGentile direttore,

condivido pienamente la posizione espressa da Giovanni Fonghini nel suo commento all’articolo di Franco Cardini sul tema dell’immigrazione. In particolare, ritengo anch’io che occorra una azione militare mirata per impedire gli imbarchi dalla Libia e stroncare il fiorente mercato di esseri umani; che occorra revisionare il farraginoso meccanismo adottato per il l’individuazione e il riconoscimento di “rifugiato politico” o di immigrato clandestino; che l’unico sensato tentativo di risolvere il problema è quello di aiutare con tecnologie e fondi i poveri dell’Africa a casa loro. Aggiungo, invitando governanti e popolazioni  beneficiari ad una seria politica demografica di contenimento delle nascite.

Vorrei a questo proposito citare un illuminante e appassionato articolo di Pino Rauti che conserva intatta la sua attualità e che apparve su Linea del 12 febbraio 2000 significativamente intitolato “Ancora sull’immigrazione questa tragedia annunciata”. Rauti si scagliava contro una certa cultura frutto di un generico progressismo di sinistra e di un buonismo cattolico, che ritiene che nulla si possa e si debba fare per bloccare o impedire il fenomeno dell’immigrazione, che dunque sembrerebbe irreversibile. Una delle argomentazioni “pietistiche” di questa cultura suona: anche gli italiani alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento emigravano in America; perché dovrebbero oggi essere avversi all’immigrazione? Questa tesi che ha l’apparenza del buon senso, in realtà poggia su un falso storico: è vero che l’immigrazione fece affluire negli USA decine di milioni di persone, ma “in un’America praticamente vuota di uomini, sterminata, immensa e disabitata”. Mentre “In Europa siamo già congestionati nelle nostre città e nella società attuale. E quelli che vengono appartengono per di più, ad altre culture, ad altre religioni, ad altre tradizioni.” La stessa osservazione l’ha fatta, per inciso, un politologo che di cose americane se ne intende, Giovanni Sartori, che in un articolo apparso sul Corriere della Sera del 25 febbraio 2010 intitolato  “Multiculturalismo e cattivo vicinato” scrive: “il Vecchio mondo è da gran tempo uno spazio pieno occupato, da popolazioni stanziali. Il Mondo Nuovo era uno spazio vuoto”. Ecco, la prima sostanziale ragione per bloccare gli attuali flussi migratori è di natura geografica e demografica. Confrontiamo l’immagine del continente africano e l’immagine di quella piccola regione dell’Europa che è l’Italia: può il meno contenere il più? Altro che razzismo!

Non si può predicare l’accoglienza indiscriminata e senza controllo (come fanno in mala fede o per ignoranza certi prelati e il Governo italiano – prendiamo l’esempio di talune associazioni “umanitarie” o del Cara di Mineo: quanti ci guadagnano da questo lucroso commercio? –  ignorandone i costi ecologici, di degrado del territorio, sociali ed esistenziali delle popolazioni già residenti. Come scrive l’antropologa Ida Magli “il fatto è che anche per il popolamento esiste un dato di equilibrio, dato che non deve essere troppo basso in confronto al territorio, ma che diventa dannosissimo quando lo si supera (…) la denatalità dipende in buona parte da una legge naturale, che tende a conservare l’habitat in condizioni di vivibilità per tutte le specie. Ovviamente se i  governanti fanno entrare popolazioni straniere la denatalità non soltanto fallisce il suo scopo, ma provoca prima l’estinzione culturale e poco dopo l’estinzione biologica della popolazione indigena.” (“Continente in estinzione”, il Giornale, 31 luglio 2000).

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Sandro Marano

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