2Agosto. Fioravanti: “Siamo innocenti e la verità la saprà la figlia di nostra figlia”

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro
Valerio Fioravanti e Francesca Mambro

Pubblichiamo una intervista che Valerio Fioravanti ha rilasciato nel 2012 a Panorama, nella speranza di restituire al più presto la verità – almeno storiografica – su una delle pagine più dolorose della storia d’Italia recente ***

Le prove su chi ha fatto la strage sarà impossibile averle. Al momento stiamo riflettendo sulle 79 vittime del terrorismo arabo in Italia: una dato sconosciuto ai più. Possiamo ancora raccogliere elementi utili a descrivere la verità del contesto”. Valerio Fioravanti è disincantato ma non rassegnato quando prova a fare il punto sulla sua battaglia innocentista e indica nella pista mediorientale una delle strade percorribili per aggiungere ulteriori tasselli ad un puzzle al momento senza mandanti e movente. Per l’eccidio emiliano nel quale morirono 85 persone, Fioravanti è stato condannato con sentenza definitiva insieme alla moglie, Francesca Mambro, e a Luigi Ciavardini. I tre, ex terroristi del sanguinario gruppo dei Nar, hanno sempre negato ogni responsabilità nell’eccidio emiliano e auspicano – stante la difficoltà di una revisione del processo – che venga acquisita una differente verità storica. I Nar sono stati il più feroce gruppo terroristico di estrema destra attivo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, responsabile di numerosi fatti di sangue (nel saggio “Il piombo e la celtica” di Nicola Rao c’è la ricostruzione dei 26 omicidi ascrivibili alla formazione neofascista dal 30 settembre 1977 all’8 luglio 1982).

Ecco una sintesi dell’intervista con Valerio Fioravanti realizzata seguendo un filo rosso che va dalla vicenda giudiziaria al fronte innocentista fino ad uno spaccato privato che va dalle motivazioni ribellistiche che animavano i giovani del Msi al rapporto con la figlia.

A trentadue anni dalla strage di Bologna c’è una sentenza di condanna passata in giudicato di condanna, ma lei e sua moglie, Francesca Mambro da un lato, l’associazione delle vittime della strage dall’altro, siete alla ricerca di nuovi elementi per fare luce su una delle pagine più oscure della storia repubblicana. Su “Il Giornale” ha scritto che con un po’ di tempo, pazienza e coraggio ci si potrà avvicinare “se non alla verità, almeno al contesto”. Non crede sia verosimile giungere alla verità sull’attentato?
No, non sarà possibile. Ho subito un processo indiziario e, a trentadue anni dai fatti, non si troveranno prove certe scientifiche come quelle dei processi americani. Ci sono invece molti elementi per cercare di capire il contesto. Le prove su chi ha fatto la strage sarà impossibile averle.

Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha garantito l’impegno del governo per “una verità storica senza alcun pregiudizio” e per facilitare l’accesso agli atti dell’intelligence.
Lo Stato da vent’anni risponde che non esiste un segreto di Stato collegato direttamente a Bologna. Nessuno ha mai opposto il segreto di Stato ad un interrogatorio dei magistrati emiliani. Esistono però tre segreti di Stato che “afferiscono” a Bologna: tutti e tre riguardano i rapporti tra i nostri servizi segreti, i palestinesi e le azioni che i nostri servizi hanno fatto finta di non vedere nei rapporti tra terroristi di sinistra italiani e palestinesi, per non rovinare un accordo generale di quieto vivere, il cosiddetto “Lodo Moro”.

Quali sono gli aspetti sui quali si concentra la vostra attenzione per riaprire il processo? Le piste internazionali?
Siamo convinti che il processo non si riuscirà a riaprirlo. È un male minore. Sono passati trent’anni. La pena l’abbiamo scontata, non ne subiamo più le conseguenze. Certo c’è un discorso simbolico, una responsabilità morale ma poca gente prende sul serio quella sentenza. Noi riflettiamo su un dato sconosciuto ai più: in Italia ci sono stati 79 morti per il terrorismo arabo. Nessuno lo sa. Nessuno ha mai organizzato una associazione. Quando tre anni fa il Quirinale ha istituito la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, nessuna di questa è stata inserita nell’elenco ufficiale. Fiamma Nirenstein ha protestato, Pierluigi Battista hanno fatto una polemica sul “Corsera” perché fosse inserito Stefano Taché, bambino di due anni ucciso a Roma davanti alla Sinagoga nel 1982. Si tratta di 79 vittime e 208 feriti di cui la politica e il giornalismo e la storia hanno cercato di farci dimenticare ogni traccia. C’è un motivo per cui governi di centrodestra e centrosinistra sono concordi in questa strategia: e su questo stiamo ragionando.

Ci sono testimoni del tempo che possono rivelare tasselli per comporre il mosaico di Bologna 1980?
Andammo a trovare Francesco Cossiga con nostra figlia dopo il suo battesimo e ci ribadì le sue convinzioni: “La verità non la saprete voi, non la saprà vostra figlia, la saprà la figlia di vostra figlia”. Chi ha nascosto le prove, se le ha nascoste a fin di bene, deve continuare a nasconderle, perché in caso contrario rovinerebbe i rapporti con altri servizi segreti. Ci rimane da lavorare su ciò che non è ufficiale. Ragionando su Bologna ci siamo domandati la fretta con cui hanno costruito prove false contro di noi da cosa poteva nascere. E la riflessione su fretta e grossolanità con cui hanno fatto certe operazioni ha portato la Corte a emettere delle condanne e porta noi a riflettere su cosa doveva essere nascosto e a cosa è servita questa condanna “sbagliata”.

A quali fattori grossolani si riferisce?
Ai depistaggi realizzati. Al di là del fatto che una Corte di Assise ha fatto finta di prenderli per buoni, chiunque li leggeva si accorgeva che erano stati fatti in fretta e furia. Se uno esce dal vittimismo e pensa a freddo al perché i servizi segreti hanno inventato una pista falsa, deve capire quale “imprevisto” è stato necessario coprire, quale incidente di percorso ha costretto dei professionisti a fare tutta una serie di errori. Purtroppo la Corte, per motivi anche politici, ha preferito prendere per buoni gli errori. (…) Come disse Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi, senatore dei Ds: “Questa sentenza è appesa nel vuoto”.

Recentemente è scoppiata una polemica in merito al docufilm di Matteo Pasi, “Un solo errore”, nel quale viene letta una sua intervista nella quale afferma che “Paolo Bolognesi (il presidente della associazione delle vittime ndr) ha perso la suocera e come dice un mio amico, la suocera non è una vera perdita, non sta cercando la verità”, ed è “un vecchio partigiano” mosso “dalla ideologia”. Sono queste le parole che ha usato con l’intervistatore?
È una conversazione a quattr’occhi nella quale dico che non voglio fare nessuna intervista, perché la ritengo inutile, e perché la questione “Strage di Bologna” è attraversata da rancori e interessi inconfessabili. Sono parole che ho probabilmente usato. Sono frasi che uso per spiegare che non serve contrapporsi frontalmente a una persona che ha argomenti forti da un punto di vista emotivo, perché una vittima ha diritto di contestare quello vuole, ma viene meno il ragionamento.

“Il manifesto” ha ripubblicato la prima pagina del giornale comunista del 3 agosto 1980. Allora Luigi Pintor scrisse sull’atto terroristico: “Ma dove si nascondono una mente, una volontà, una organizzazione così feroci e avventurose? E per quale fine politico, giacché anche il terrore deve darsi un fine, immaginare e predisporre un esito?”. Ha provato a dare una risposta a questi interrogativi che conservano una straordinaria attualità?

Il manifesto del Msi dopo le scuse pervenute da Francesco Cossiga

Questo è l’impasse dell’inchiesta bis. (…) Come disse Cossiga 15 anni fa si è trattato di un “incidente”, dove questa parola va usata in una accezione cossighiana che può voler dire diverse cose, non certo nella versione grossolana di Licio Gelli che parla di un “mozzicone di sigaretta”. Cossiga ha spiegato che esisteva un accordo segreto con i palestinesi, le tensioni legate a questo accordo, gli attriti creati con i servizi di altri paesi. L’accordo con la fazione di Arafat può aver infastidito le altre fazioni palestinesi. Questa strage non sembra avere ricadute politiche per nessuno. Sta a persone più intelligenti di me scoprire quale delle varie tipologie di incidente possibile si è verificata.

Ci sono storici, parlamentari o giornalisti che vi hanno sorpreso per come hanno sostenuto la vostra causa?
Abbiamo conosciuto la “mafia delle persone per bene”. Siamo stati aiutati da gente che ci ha dato una mano secondo coscienza, anche se non avrebbe avuto nulla in cambio. Un processo come quello di Bologna avrebbe schiantato qualunque altro. Con Francesca abbiamo fatto questa considerazione commentando la morte di Loris D’Ambrosio, un magistrato con noi sempre molto garantista: è stato una di quelle persone che ha reso possibile la nostra sopravvivenza. Sin dall’inizio della nostra storia politica, e poi politico-terroristica, sapevamo che il nostro impegno sarebbe stato calunniato. Quando a vent’anni si è profilato il processo di Bologna non è stato né una sorpresa né una novità: l’abbiamo considerato l’ennesimo episodio di una guerra culturale che vorrebbe imporre un pensiero unico contro il quale ci siamo ribellati, esagerando. La nostra risposta è stata sbagliata, ma c’è stato un tentativo di condizionare la storia, il ricordo di questo paese e noi abbiamo fatto parte del movimento di resistenza contro questa corrente.

Come trascorrono il 2 agosto Valerio Fioravanti e Francesca Mambro?
Siamo al lavoro: domani presentiamo il rapporto sulla pena di morte della nostra associazione, aggiornando archivi e database.

Cosa racconta o racconterà a sua figlia della complessa vicenda politica e giudiziaria che vi ha riguardati?
Le abbiamo raccontato tutto. Fin da piccola. Le abbiamo parlato nel modo in cui si può parlare con una bambina. Conosco persone, terroristi meno famosi, che hanno nascosto le loro vicende alla prole, convinti di essere dimenticati. Ma se la tua storia ti appartiene, ti torna indietro. E’ un errore camuffare il passato. I propri errori e i propri fantasmi vanno affrontati. (da Panorama, 2 agosto 2012)

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Michele De Feudis

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