#RifondazioneAn. Viespoli: “Lo spazio c’è. Chi ha avuto incarichi scelga l’impersonalità attiva”

Alleanza Nazionale
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Estate rovente, a Roma e in tutt’Italia. Mozioni e stati social ribollono, sull’unico argomento che davvero appassiona quel che resta della destra italiana. Rifare o no Alleanza Nazionale. E con quali risorse, e, soprattutto, perchè? In  Lucania, terra al Sud del Sud della banda larga,  abbiamo intercettato Pasquale Viespoli. Che fa risuonare tuoni, invocando lampi, sul futuro prossimo venturo della destra.

Lei ha firmato l’appello di Forum Destra che sta alla base della mozione dei quarantenni. Perchè?

La scelta trova le sue ragioni, secondo me, innanzitutto nel fatto che c’è tutto uno spazio non occupato, innanzitutto in termini politici. Io credo, tuttavia, che il primo punto da affermare riguardi la discussione pubblica sulla gestione e ruolo della Fondazione An, che non può essere la fondazione della vecchia oligarchia interna di Alleanza Nazionale ma deve diventare una struttura al servizio della diffusione e della contaminazione del pensiero e della cultura politica della destra italiana, in particolare del patrimonio che fu di An. Va posto il problema, finalmente. E cioè se la Fondazione deve avere una funzione di supporto a un soggetto politico che allinei la coerenza tra simbolo e posizione politica. Ovviamente con uno spirito aperto e inclusivo.

Detto francamente, davvero si sente la mancanza di Alleanza Nazionale?

Ribalto la domanda. Ci sono dati che vengono addirittura prima dell’aspetto politico e culturale. Nelle ultime regionali, il risultato delle urne ha mostrato una decisa deriva verso i regionalismi e i modelli di democrazia senza popolo. Le liste – diciamocelo senza ipocrisia – sono diventate una sorta di Ati, delle vere e proprie associazioni temporanee di scopo. C’è una crisi profonda del sistema, c’è condizione di disunità nazionale per cui è paradossale una retorica patriottarda che richiama un’unità che allo stato non c’è e che invece andrebbe fatta, finalmente, davvero e che concili, una volta per tutte il Nord  con il Sud. Mai siamo stati così disuniti dal dopoguerra.

E quindi?

E quindi ci sono milioni di persone che non votano più per il centrodestra. Ci sono forze da esprimere e rappresentare. C’è bisogno, stando così le cose, di un pensiero organizzato, capace di caratterizzare finalmente un’intera area. Dovremmo accontentarci di sopravvivere? No, è l’ora di dire basta tanto all’ipocrisia quanto al moralismo da quattro soldi.

Però c’è chi sostiene che una piattaforma che possa rappresentare la destra italiana già c’è…

E perciò occorrerebbe allargare la destra di oggi? Ma questa non è nata inclusiva, anzi. Dal 2013 c’è stata una competizione, serratissima. Anche per le ragioni della presenza di altre formazioni d’area che si sono impegnate a fondo nella strana competizione a chi sarebbe arrivata per ultima. Questa è la cronaca politica. Comunque, chi ritiene che ci sia già una destra rappresentata è legittimamente organico a Fratelli d’Italia. Chi, poi, crede che la destra sia rappresentata invece da Salvini ha delle opzioni politiche da perseguire. Chi sostiene che invece ci sia la necessità, come dicono ormai milioni di persone, di una nuova opzione politica a destra ha il diritto e il dovere di percorrere questa strada. E porsi la questione del simbolo e delle risorse, come sia stato utilizzato e come vada utilizzato quanto c’è a disposizione.

Appunto, il simbolo e la Fondazione.

Già, occorre innescare un dibattito pubblico e serio sull’attività e sulla programmazione della Fondazione An. Finora, mi risulta, questa struttura è servita a finanziare il ricordo di Almirante, un’iniziativa di partito a Milano, un’altra manifestazione sul ricordo del Piave, che avrà anche mormorato ma è passato stato praticamente innavvertito o almeno io, forse perchè sono lontano qui al Sud, non l’ho sentito.

Secondo molti, l’estate rovente attorno al destino della Fondazione sarà lo scontro definitivo tra nuove e vecchie leve della destra italiana…

Non vedo tutti questi premi Nobel in giro, non credo sia molto di destra la rottamazione. Ritengo semmai che sia più di destra la cultura della tradizione. Questa destra senza storia, fatalmente legata a questo presente, non ha grandi prospettive.

L’auspicio di Viespoli.

Sono perplesso ma non rassegnato. Per la rifondazione di una destra italiana occorrerà spersonalizzare temi e dibattiti. Soprattutto noi che abbiamo rivestito ruoli importanti negli ultimi anni, affrontiamo la situazione – come si sarebbe detto una volta – in termini di impersonalità attiva. No a ruoli e prime linee: quelli come me che hanno avuto fortuna di vivere le varie e variegate stagioni della destra, si interroghino e si impegnino a consegnare un patrimonio, ideale, culturale e politico che non sia quello di fallimento.

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Giovanni Vasso

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