Superclasico. Il ritorno al futuro di Tevez e Saviola infiamma Boca e River

Tempo di ritorni, in Argentina. E stavolta il carico di prodighi figlioli è davvero pregiato. Carlitos Tevez al Boca, Saviola e Aimar al River Plate. Gente dal piede educato, che dopo aver deliziato la platea europea a suon di gol e giocate all’apice della loro carriera, ha deciso di rigettarsi nella mischia e vestire la propria, sacra, maglia, anziché cedere alla tentazione di un buen retiro arabo fatto di milioni e partitelle scapoli-ammogliati.

Tevez
Riquelme e Tevez giovanissimi

L’Apache.Carlitos vuelve a Boca”, è diventato un mantra nel corso dei mesi per il popolo bostero, in spasmodica attesa di riabbracciare uno dei suoi figli che ce l’ha fatta. Lui, poi, attaccante dai piedi veloci e potenti e dalla faccia truce e sporca, non ha mai nascosto il desiderio di tornare a vestire la camiseta azul y oro che significa casa, là dove era stato lanciato al grande calcio prima che i fondi d’investimento se lo portassero via dalla Bombonera, prima verso il Corinthians e poi in Inghilterra. Carlitos lo aveva fatto intendere ancor più apertamente quando, in occasione dell’ormai tristemente noto Boca-River sospeso, aveva fatto recapitare alla Doce un bandierone gigantesco in regalo da srotolare allo stadio(e poi non fatto entrare dalla polizia), come a voler dire “preparatevi pibes che sto tornando a casa, giusto il tempo di sbrigare un paio di faccende a Torino”. Cioè la matematica vittoria del campionato, la coppa Italia, la finale di Champions e l’assalto finale alla classifica dei marcatori.

E così, mentre Carlitos è volato in Cile con la riconquistata Selecciòn (dopo anni d’esilio forzato) a far sognare non solo il popolo xeneixe ma tutta l’Argentina, il presidente boquista Angelici è volato a Torino per chiudere con la Juventus : alla fine, 5 milioni più il talentino Vadalà in prestito biennale ai bianconeri. Sebbene qualcuno, a Baires, abbia cominciato a far girare la voce secondo cui el Tano Angelici abbia sborsato molto meno, addirittura forse nemmeno un euro (tesi suffragata da alcune dichiarazioni di Martin Palermo, leggenda boquista, il quale ha detto che El Tano sia persona “altamente convincente”, senza però addentrarsi nei metodi di persuasione).

Un avvocato di Buenos Aires, invece, tale Gregorio Dalbon, ha provato a mettere i bastoni tra le ruote al Boca dichiarando che se prima la società non avesse adempiuto a pagare la multa di 400 mila dollari alla Conmebol (dopo il derby sospeso in copa Libertadores), non era possibile l’acquisto. Questione di priorità, insomma. Un infruttuoso tentativo di mettere un freno ai sogni della gente della Republica Libera de Boca, che potrebbe addirittura impazzire se un’altra leggenda xeneixe dovesse veramente tornare a vestire la maglia gialloblu, ovvero Juan Roman Riquelme. Già perché circola fortemente la voce secondo cui el Diez, che aveva appeso i proverbiali scarpini al chiodo lo scorso anno all’Argentinos Jrs, potrebbe tornare alla Bombonera per sei mesi, giusto il tempo di giocare al fianco del suo amico fraterno Carlitos, per la gioia di Angelici (che gli ha lasciato le porte aperte), del suo ex compagno di squadra al Villareal e ora allenatore el vasco Arruabarrena e di tutto il Templo boquista. Chi invece nemmeno lo sogna più un futuro alla Bombonera è Osvaldo, il cui rendimento deludente e lo stipendio insostenibile per le casse del Boca dopo l’arrivo di Tevez lo riporteranno dritto dritto in Europa, quasi sicuramente in Italia.

Saviola e Aimar al Monumental

River vintage. Se a Boca non vedono l’ora di rivedere Tevez, i rivali storici dell River Plate non sono certo rimasti a guardare. Anzi, in proporzione, i Millonarios hanno fatto anche le cose più in grande, imbastendo una vera e propria “operazione nostalgia”. Al Monumental, infatti, sotto la guida di un simbolo come Gallardo, sono tornati Pablo Aimar e Javier Saviola, e sembrerebbe essere in dirittura d’arrivo anche el tercer mosquetero Lucho Gonzalez, ex di Porto e Marsiglia e ora a godersi qualche facile milione in Qatar.

El payaso Aimar, ormai 35 enne, dopo quasi un anno di inattività per via di un brutto infortunio alla caviglia, è tornato a vestire la maglia della Banda dopo ben 15 anni, nella vittoriosa partita contro il Rosario, prima che si fermasse tutto per la Copa America. Non si sa quanto potrà essere un valore aggiunto alla causa Millonaria, ma certo è che è ancora in grado di inventarsi magie in poco. Mentre el conejo Saviola, dopo un’annata vissuta praticamente in panchina a Verona (con un solo gol), è in cerca di riscatto. Figurarsi se poi, oltre alla voglia di riscatto, si aggiunge la frenesia di rimettersi quella maglia che lo lanciò e che lui aveva lasciato 14 anni fa per cercare fortuna nel calcio continentale.

Dieci anni fa (forse anche cinque) sarebbe stata senza dubbio una corazzata anche in Europa, con questi nomi in grado di far tremare i polsi. Oggi invece potrebbe rivelarsi semplicemente un’ottima mossa solo da un punto di vista commerciale. Una cosa però è certa: un SuperClasico che vede schierati in campo contemporaneamente gente come Tevez, Gago, capitan Diaz e forse Riquelme da una parte, e Saviola, Aimar, Gonzalez e Cavenaghi dall’altra, anche se alla fine della carriera, diventa uno spettacolo ancor più appassionante di quanto già non sia. Quasi lo gustiamo sin da adesso, questo tango in versione amarcord, unico, indiavolato, vorticoso e intenso anche con gli acciacchi degli anni. Una partita in cui la vecchia guardia, per dirla con Paolo Conte, sembra dire ai ragazzini che stanno lì sulla rampa di lancio per il vecchio continente “descansate niño, che continuo io”.

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Michele Mannarella

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