Cinema. Giovanni Lindo Ferretti, da punk a pastore ma sempre fedele alla sua linea

ferrettiÈ prevista a fine aprile l’uscita nelle sale cinematografiche di Fedele Alla Linea, documentario del regista bolognese Germano Maccioni su Giovanni Lindo Ferretti, ex voce e leader di CCCP, CSI e PRG. Il regista ha ripercorso la vita di uno dei più geniali e carismatici artisti degli ultimi decenni, seguendolo per alcuni giorni nella sua casa-agriturismo nella natia Cerreto Alpi, nell’appennino tosco-emiliano, dove il cantante si è rifugiato da qualche anno a questa parte per riavvicinarsi alla famiglia e allevare cavalli.

Da “ateo e bestemmiatore” a fervente cattolico, da ex comunista ed ex militante di Lotta continua a elettore di destra, da punk a pastore. Ferretti, alla soglia dei sessant’anni, continua a suscitare sentimenti e opinioni contrastanti, per via delle sue scelte e del suo percorso, da sempre sfuggente e anti-conformista. Dimostrazione sono i numerosi   articoli a lui dedicati dalla stampa e le richieste di apparizioni televisive in talk-show e simili, nonostante la lontananza dai palchi importanti, dei dischi da solista non proprio eccezionali e il ritiro a vita monastica.

E proprio imbattendomi sulla rete in una delle ultime apparizione televisive di Ferretti, qualche anno fa al Chiambretti show, mi rimase particolarmente impressa una sua affermazione: «Io sono un cultore del cattivo gusto, mi sono mosso per questa falsariga per tutta la vita». La ricerca del cattivo gusto, cosi come da lui inteso, ovvero fascino per il diverso, per l’antiestetico ma anche legame alle tradizioni, si esprime costantemente e  con modalità diverse nelle varie fasi della sua vita. A tal proposito Luca Negri, giornalista romano cresciuto in Piemonte, in un libro a lui dedicato, l’ha definito partigiano dell’infinito, cioè «un uomo che non riduce la realtà a un’ideologia e che ha saputo fare una critica delle peggiori distorsioni della modernità, non ultimo lo scientismo».

Dapprima c’è Il Filosovietismo espresso in chiave punk dai CCCP-fedeli alla linea, gruppo autodefinitosi di «punk filo-sovietico e musica melodica emiliana». Il legame con le radici, a quella parte dell’Emilia cattolica e tradizionalista, al mal di vivere che ne deriva, si intrecciano all’interesse per l’antimoderno e la critica all’egemonia occidentale: «Scegliamo l’Est per ragioni etiche ed estetiche. All’effimero occidentale preferiamo il duraturo; alla plastica l’acciaio». Tuttavia i tempi cambiano: «Muore il comunismo, muoiono i CCCP», cosi dichiarerà il gruppo a seguito della caduta del muro di Berlino. Durante gli anni ’90 gli orizzonti culturali si ampliano, l’est non è più rappresentato dall’ormai ex impero sovietico. Ferretti inizia la nuova avventura con i CSI, acronimo di Consorzio Suonatori Indipendenti, subisce il fascino delle culture asiatiche, della Mongolia in particolare, e di altre religioni. Nel frattempo raggiunge il culmine della popolarità, raggiungendo primo posto nelle classifiche di vendita con Tabula rasa elettrificata, fatto del tutto eccezionale per un gruppo  “indipendente”.

E poi la svolta radicale del nuovo millennio, a seguito della sconfitta di un tumore. La scelta da lui stesso definita “liberatoria” di votare a destra, dapprima Berlusconi e poi Lega Nord, l’astensione a proposito del referendum sulla procreazione assistita, la partecipazione a una manifestazione indetta dalla lista antiabortista di Giuliano Ferrara. E soprattutto la conversione, per alcuni solo riavvicinamento, al cattolicesimo, che l’ha eletto modello per una nuova platea per lui del tutta nuova, quella dei neoconservatori cattolici. Fondamentale in questa scelta è stata la scoperta della figura dell’allora cardinale Ratzinger, che lui definisce suo maestro, come spiegato ad un’intervista ad Antonio Socci. Incuriosito dallo studioso e teologo ma soprattutto, per ritornare al cattivo gusto, dal fatto che se ne parlasse spesso male di lui, perché considerato reazionario nelle sue scelte.

Carmelo Marino

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