Quirinale. Per il dopo-Napolitano torna in pista un ‘divisivo’ Prodi Romano

ROMANO-PRODIIl dopo-Napolitano è quasi arrivato: domani, giovedì 29 gennaio, alle 15 si vota. Il primo scrutinio dovrebbe filar liscio. Il Partito democratico, che comanda l’assemblea, ha deciso che fino alla quarta votazione sarà scheda bianca. Forza Italia, Ncd e le altre componenti della maggioranza faranno lo stesso, ma promettono di riuscire ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica già sabato, anche se il primo giro di consultazioni al Nazareno non ha fatto emergere ancora un nome. Probabile che si bluffi: Matteo Renzi chiede nessun veto e vuole un politico; Angelino Alfano non vuole un «novellino»; Forza Italia è un po’ allergica all’idea di vedere un ex Pd sullo scranno più alto d’Italia.

Il Movimento 5 Stelle ha in mano una carta forte da giocare: candidare Prodi Romano dal primo giro e mettere in crisi il partito di Renzi. I militanti grillini potranno partecipare giovedì mattina alle “Quirinarie” e con i risultati freschi di stampa i parlamentari pentastellati entreranno a gamba tesa nel dibattito. Prodi è ben visto da molti, ma su di lui pesa il veto categorico di Silvio Berlusconi che lo giudica divisivo. Non piace nemmeno a Ncd e i dem hanno paura di bruciare, per la seconda volta, uno dei nomi più rappresentativi della loro storia. «Meglio non rischiare», dicono, ma se fossero i 5 Stelle a candidarlo, Renzi avrebbe un problema in più da risolvere.

Ma perché Romano Prodi no? È stato Presidente del Consiglio due volte, sempre molto sfortunato. È l’uomo che ha traghettato l’Italia nell’Euro ed è stato a capo della Commissione europea quando a Bruxelles non c’erano tutti i poteri di adesso. È conosciuto all’estero e sembrerebbe essere un buon candidato. Il problema, però, sono proprio quei suoi soggiorni a Palazzo Chigi, dopo campagne elettorali tirate al massimo. Nella storia dell’Italia repubblicana solo quattro presidenti su 11 erano stati a capo dell’esecutivo prima di salire al Colle – Antonio Segni, Giovanni Leone, Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi. Il governo, insomma, sembra più essere un ostacolo che una spinta.

È vero che Prodi è sempre stato eletto dal popolo, ma una porzione quasi identica di elettorato in quelle occasioni ha scelto diversamente e il capo dello Stato è garante della Costituzione e rappresenta l’unità nazionale. Il divisivo Prodi potrebbe farsi da parte e spalancare la strada ad un renziano ante litteram come Walter Veltroni che non è stato mai anti-berlusconiano e ha il merito di aver fatto fuori dal Parlamento “i comunisti” per la prima volta nella storia democratica (anno 2008). La sua sarebbe una presidenza ricchissima di primati, uno significativo: prima di entrare al Quirinale nessun Presidente della Repubblica è mai stato segretario di partito. Se non Sandro Pertini, ma nel 1945.

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Archie Gemmil

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