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Politica. Dalla damnatio memoriae al “Je suis Craxi”: la riabilitazione postuma di Bettino

by Stefano Zurlo*
19 Gennaio 2015
in Scritti
0

PSIPassa un cammello e sfiora il luogo in cui c’era il capanno. Quella marina solitaria, scontrosa e un po’ selvaggia, avrebbe ispirato il pennello di Carlo Carrà. Quella spiaggia, incantata d’azzurro, era il rifugio di Bettino Craxi. Si sedeva davanti a quel mare spalancato verso l’Italia e curava la nostalgia riempiendo pagine e pagine.

Da una casa vicina, una modesta costruzione a un piano, l’unica in un raggio di centinaia di metri, gli portavano pesce e agnello. Lì oggi gli amici tunisini di un tempo cucinano la carne alla brace per gli ospiti arrivati da Milano e da Roma. La caccia al tesoro – si civettava che pure la fontana del Castello sforzesco fosse atterrata ad Hammamet – è finita da un pezzo. L’oro, se c’è, è ben nascosto e non luccica. Ci sono i compagni di un tempo e qualche giovane che coltiva la memoria e cerca una bussola. È presto per parlare di un ritorno del craxisimo ma si capisce che la ruota a 15 anni dalla morte del leader socialista sta girando. Era il 19 gennaio 2000. E Bettino era solo un malandrino, il capo dei mariuoli, il nemico da abbattere come un satrapo corrotto alla Ceausescu. La bava alla bocca non c’è più. Prevale semmai la rimozione, imbarazzata e furbastra, ma gli occhi dei 150 che si sono pagati questo week end africano sono lucidi di rimpianto. Molti sfoggiano una maglietta nera col garofano stilizzato e la scritta in francese: Je suis Craxi .Fa una certa impressione rivedere quelle facce che avevamo intravisto in tv e sui giornali nei giorni della gogna, della celebre invettiva in Parlamento sul finanziamento illecito dei partiti, delle monetine lanciate all’uscita del «Raphael», degli avvisi di garanzia. La diaspora del Psi ha disperso un patrimonio di voti ma non ha sciolto tutti i legami d’affetto. Ci sono Saverio Zavettieri e Angelo Cresco, i due parlamentari che erano vicini a Bettino mentre tuonava contro l’ipocrisia dei partiti che avevan preso contributi da tutti per fingere poi estraneità a quel sistema malato. «Pensare – ricorda Zavettieri che io non ero nemmeno craxiano, appartenevo alla sinistra del partito», ma quel giorno Craxi era isolato, anche fisicamente, c’era un buco intorno a lui e avvicinarsi voleva dire giocare con ruoli scomodi, quasi entrare nella parte del ladrone. Anzi dei due ladroni, tutti e due a differenza dell’originale senza possibilità di redenzione.

«Oggi – spiega Stefania Craxi che guida una commemorazione lunga due giorni – il clima è cambiato. Hanno cercato invano il fantomatico bottino, molti forse a distanza di tanto tempo cominciano a capire. Lunedì saranno celebrate messe in tutta Italia e intanto alcuni studenti si laureano con tesi sulla vita e il pensiero di mio padre. Anche la partecipazione a questo viaggio ha superato le aspettative».

Stefania è soddisfatta come lo è la madre Anna che da molti anni ha lasciato la casa milanese di via Foppa per trasferirsi definitivamente ad Hammamet, in route El Fawara , e che ha invitato per una preghiera l’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi, trevigiano di San Polo di Piave. Le lancette della storia si sono fermate solo per la politica. Anzi, per l’emiciclo sinistro del Parlamento. «La destra – riprende la Craxi – risponde, dialoga, riconosce la grandezza di Bettino Craxi. A sinistra invece c’è solo silenzio. Silenzio. E ancora silenzio. Renzi già da sindaco di Firenze aveva spiegato che non sarebbe stato pedagogico intitolare una via a mio padre. Poi ha rincarato la dose più recentemente sostenendo che lui preferiva la sinistra delle opportunità a quella degli opportunismi: Riccardo Nencini, segretario di un partito che si definisce socialista, ha taciuto. Da tutti gli altri non è arrivata nemmeno una parola». E nessuno ha trovato il coraggio di calpestare la sabbia di Hammamet. C’è Lucio Barani, ex sindaco in Lunigiana che aveva trasformato Aulla nel primo comune dedipietrizzato d’Italia. E c’è anche Costantino Dell’Osso, sottosegretario nel governo Ciampi. Ci sono quelli che la ribalta l’hanno trovata, una generazione dopo, con Forza Italia. Elisabetta Gardini, capogruppo di Forza Italia all’europarlamento ma un tempo popolare volto della tv, e Stefano Maullu, assessore della giunta Formigoni. «Sono amica di Stefania da 24 anni – racconta la Gardini – i nostri figli sono nati nello stesso periodo. Poi, col tempo, ho scoperto suo padre, un padre forte, proprio come il mio, e il politico. Per questo ho deciso di venire qua». Manca totalmente l’altra metà, la sinistra, chiusa nel sudario del codice penale. «È paradossale – prosegue Stefania – la sinistra che oggi è post comunista e socialista non fa i conti con il riformismo di Craxi e con le sue idee lungimiranti sull’Europa, sulla giustizia, sulla modernizzazione del Paese. Ed è ancora più paradossale che lui sia morto latitante, in Tunisia, e il suo vice, Giuliano Amato, rimasto per tanto tempo al suo fianco, sia fra i nomi spendibili nella corsa al successore di Giorgio Napolitano».

Insomma, la cancellazione dopo la demonizzazione, e però i rami dell’albero craxiano potrebbero arrivare fino al Colle. «Quel che m’interessa è che stiano finalmente cadendo i pregiudizi – riflette Stefania – ho partecipato pochi giorni fa ad una trasmissione a TeleLombardia – e ho scoperto che molti telespettatori mi hanno riabilitato. Chiamavano e dicevano di volersi scusare per le parole dure, durissime, ingiuriose, pronunciate contro me e i miei familiari in passato. Adesso scoprono che l’Italia degli anni Ottanta era una grande potenza, che non si stava poi cosi male e che c’era più ricchezza di oggi. “Signora Stefania – mi gridavano – la Seconda repubblica ci ha affamato, meglio la Prima”».

Quindici anni dopo, la sorte è ancora in bilico. La spiaggia è sempre più malinconica, sferzata da un vento freddo, gli albergoni kitsch di Hammamet, con i loro fregi e le torrette e le cupole esotiche sembrano una duplicazione eccentrica della Rimini felliniana. La Tunisia ha voltato pagina, Ben Ali non c’è più, il Paese cerca di far convivere in un equilibrio fragile i Fratelli musulmani e il partito laico del neopresidente Essebsi, l’Islam e la democrazia. Molti di quelli che formavano la corte di Bettino sono scomparsi, l’ultima ad andarsene è stata Enza Tomaselli, la segretaria di una vita, lo studio di piazza Duomo 19, una finestra sulle guglie e l’ottimismo di quella cartolina poi diventata la Milano da bere. È strano ritrovarsi qui, nella Caprera di Bettino, con la tomba sotto i muraglioni della Medina, sullo sfondo la voce del muezzin che copre le preghiere in lingua italiana. Souvenir, ricordi, qualche lacrima. Quel capanno sulla sabbia sotto il cielo d’inverno. L’eclissi e la memoria. Quindici anni dopo, Bettino Craxi guarda sempre verso l’Italia.

*Da il Giornale

@barbadilloit

Stefano Zurlo*

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