L’appello. Di Consoli: “L’Italia va sgretolandosi, è tempo di riprendere il senso della storia”

pennaSi va ormai verso una società frantumata, parcellizzata e divisa socialmente, culturalmente e politicamente, non più raccolta in maniera compatta e concorde intorno a storie, tradizioni e istituzioni consolidate. L’Italia si sta sgretolando ed è ormai la sommatoria di 60 milioni di umori, avventurismi, sogni, che riescono a sommarsi solo nella rabbia o nell’interesse personale e mai nella proposta e nella dialettica politica “pura”. La storia italiana come l’abbiamo sin qui conosciuta sta volgendo al termine, e, come popolo, quello italiano non è più omogeneo e compatto in quasi nessuna circostanza.

Si sta aprendo una lunga stagione di caos e di spaesamento, di individualismi e di devastazioni di quanto abbiamo sin qui costruito. E tutti noi siamo, allo stesso tempo, vittime e carnefici di questa mutazione genetica. Non è il momento di recriminare o di contrapporsi a questo stato gassoso – evoluzione dello stato liquido sin qui teorizzato -, ma di accettarlo con tutti i tormenti e le incertezze che questo comporta. So solo che nei prossimi anni la crisi economica e identitaria porterà il nostro Paese a un lungo crepuscolo che comporterà lo spappolamento del Paese e una nuova emigrazione dai numeri milionari.

L’Italia come l’abbiamo sin qui intesa non esiste più. Da dove ripartire però nell’epoca degli egoismi, dei situazionismi, dei nichilismi, degli umoralismi, dell””io” come unico metro di misura del mondo? E come ripartire senza proporre un “noi” riconducibile a totalitarismi ideologici e statalisti? E come ripartire davvero se l’assunto di tutti, soprattutto dei giovani, è che la storia è tutta sbagliata e da rifare? E’ preferibile il conservatorismo consapevole e coraggioso oppure la resa vile e incondizionata di fronte a chi vuole azzerare la storia, e dunque mandare “tutti a casa”?

Ci inginocchiamo di fronte all’incultura, alla brutalità, alla semplificazione, all’ignoranza storica, al comunicazionismo leaderistico indifferente per tutto ciò che non sia ineffettuale e dunque utopistico? Sento che la cultura italiana sta latitando. Forse perché qualsiasi cosa, oggi, anche solo pensare, risulta ridicolo? Siamo tutti ridicoli, tutti da mandare a casa, tutti complici del “sistema”? Per essere sostituiti da cosa, da chi dice che la politica debbono farla i cittadini improvvisati e i libri devono essere pubblicati on-line senza mediazioni editoriali? Da chi sputtana on-line nel chiuso del suo autismo? Non ho le idee chiare, ma io non ci sto, e dunque vi chiedo di fare qualcosa.

Andrea Di Consoli

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