Cinema/1. Dopo Pisanò e Pansa, Il segreto d’Italia: la verità sulla guerra civile 1943-45

locandina-film-Il-segreto-dItaliaDopo anni di difficoltà , sabotaggi e richieste di censura preventiva ma anche di una splendida partecipazione popolare per l’aiuto all’impresa è uscito finalmente nelle sale “Il segreto di Italia” il film che il regista padovano Antonello Belluco ha girato per raccontare agli italiani una storia d’amore vissuta ai tempi di una delle più efferate stragi compiute dai partigiani dopo la fine della guerra civile che ha insanguinato il nostro Paese fra il 1943 e il 1945: l’eccidio di Codevigo.

I fatti di Codevigo, che andrebbero studiati nelle scuole di ogni ordine e grado al pari della strage delle Fosse Ardeatine e dell’eccidio di Marzabotto per permettere alle giovani generazioni di conoscere l’altra faccia della medaglia della Resistenza, sono comunque ignoti al grande pubblico.
Oltre settant’anni di silenzi, omertà, omissioni hanno impedito che in Italia avvenisse quel processo virtuoso di ricostruzione storica allo scopo di far nascere un “racconto nazionale” da tutti condiviso e nel quale tutti potessero riconoscersi per poter affrontare il futuro insieme, senza essere prigionieri dei fantasmi del passato.
Si è però deciso di perpetuare l’odio dei vincitori sui vinti per decenni con la formula della “parte giusta” e della “parte sbagliata” quasi che i giovani partigiani comunisti che combattevano in buona fede tedeschi e fascisti con il sogno di instaurare in Italia una dittatura staliniana fossero i Buoni e i ragazzi fascisti – e non – che aderirono altrettanto in buona fede alla Repubblica di Salò per riscattare l’onore del Paese dopo l’8 settembre, fossero i Cattivi per antonomasia.

Una formula demenziale che ha trasmesso l’odio in tutte le generazioni successive attraverso una cinematografia di parte e un martellamento, ancora oggi quotidiano, sui mass media per addebitare la patente del Male Assoluto alla parte sconfitta.
Con un unico obiettivo. Quello di espungere dalla storia nazionale il Ventennio fascista, piaccia o no, consolidatore dello spirito nazionale dopo la Grande Guerra e modernizzatore del Paese negli anni successivi. Il confronto con la contemporaneità sarebbe stato impietoso
Ecco, il film di Belluco ovviamente non può e non vuole rimettere in discussione nulla di tutto ciò. Racconta una storia italiana. Senza i paraocchi dell’ideologia, per come è stata realmente e non per come si vorrebbe fosse raccontata. Perché la Verità non ha colore politico è Verità e basta. E in un paese libero ha il diritto di essere raccontata. In un paese libero, non parliamo perciò dell’Italia.
E’ per questo motivo che il film di Belluco, come abbiamo già raccontato su queste pagine nel numero di febbraio dello scorso anno, ha incontrato ogni tipo di ostacoli. Anni di lotte affrontati dalla piccola casa di produzione “Eriador film” con coraggio per arrivare finalmente al risultato finale.

Il regista è riuscito, con i pochi mezzi a disposizione, a realizzare un’opera storica: per la prima volta dal dopoguerra gli italiani potranno assistere alla visione di una pellicola girata con libertà di pensiero e senza fare sconti a nessuno su ciò che è stata la guerra civile. La storia d’amore fra un giovane fascista del luogo, Farinacci Fontana e una maestra istriana profuga a Codevigo fa da linea conduttrice nel mezzo dei tragici fatti avvenuti nel piccolo borgo della campagna padovana. Fra i due, una ragazza, Italia (magistralmente interpretata nel ruolo di donna matura da Romina Power), follemente innamorata del giovane e pronta a tutto pur di conquistare il suo cuore. A guerra finita, tutto ormai pareva possibile, anche un ritorno alla normalità. Non fu così. Rancori mai sopiti, vendette pregustate da lunghi anni irrompono nella tranquillità della cittadina all’arrivo dei partigiani.
Il clima si fa pesante e la paura serpeggia fra gli abitanti. Belluco nel raccontare la storia, dipinge con fedeltà le testimonianze raccolte su quei giorni terribili.
Atti di eroismo, di incoscienza, di viltà da parte dei vinti e dei vincitori Emblematico l’aspro scontro verbale fra il Comandante della Garibaldi e un partigiano quando quest’ultimo ricorda al superiore smanioso di sangue: “Ma che, non sei stato fascista pure te ? ”
La lingua parlata nel film è quella delle campagne venete, arcaica ma comprensibilissima. Il martirio degli oltre trecento trucidati ( anche se i corpi raccolti e ricomposti furono solo 114), in alcuni casi è raccontato senza immagini cruente ma appena accennate nelle strazianti fasi iniziali o finali, date alla visione dello spettatore con garbo e pietà cristiana.

Un film quello di Antonello Belluco che sarebbe piaciuto al fascista Giorgio Pisanò e che piacerà sicuramente all’antifascista Gianpaolo Pansa, entrambi uomini onesti che in periodi diversi hanno avuto il coraggio di raccontare gli anni bui della guerra civile al di sopra delle interpretazioni di parte per costruire quel racconto della storia patria, che deve essere patrimonio nella verità di tutti gli italiani.

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Mario Bortoluzzi

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