Calcio. Inter, Moratti se ne va: finisce l’era dei presidenti “ricchi e spendaccioni” (per amore)

MME’ finita un’epoca, con l’addio di Massimo Moratti alla presidenza – seppur onoraria – dell’Inter se ne va l’ultimo dei presidenti “ricchi e spendaccioni” del calcio italiano. Ricchi e scriteriatamente spendaccioni, già. I drittoni li chiamano così. Sono, quasi sempre, gli stessi che per almeno quindici dei diciotto anni trascorsi da Moratti al timone della Beneamata, lo hanno trattato come un bancomat. Di milioni (di euro), l’ex presidente dell’Inter, ne ha spesi milleduecento. Qualcosa di difficilmente traducibile in italiano (in lire) senza chiamare in causa i fantastilioni di biliardi cari al lessico di zio Paperone.

Spesi, troppe volte, nel peggiore dei modi. Massimo Moratti, la sua passione e la sua tendenza a fidarsi forse troppo dei giudizi di collaboratori, amici, valletti e calciatori del cuore ha regalato alla Serie A una carrellata di bidoni da Circo Barnum della pedata. Gli dobbiamo il mitologico Vampeta, brasiliano, statuaria icona gay e basta, perché il pallone proprio non era cosa sua. Gli dobbiamo Taribo West, il killer dalle treccine colorate a cui Dio – ipse dixit – impose di giocare attaccante. Gli dobbiamo Vratislav Gresko, tra gli esecutori materiali di quella psicostrage sportiva di cuori nerazzurri che fu il 5 maggio 2002.

E poi Domoraud, Okan, Pacheco, Van der Meyde, tale Rambert, il desideratissimo Solari, il fantasma di Quaresma, lo spettro di Diego Forlan, le apparizioni di Sorondo.

Però Moratti è stato anche chi ha sdoganato i trasferimenti ultramiliardari. Come anello di fidanzamento alla sua Inter portò quel diamante fragile che rispondeva al nome di Luis Nazario da Lima, alias Ronaldo. Prima ancora s’era accaparrato Youri Djorkaeff. E poi l’odio-amore con Christian Vieri. L’esplosione di Adriano e la sua rovinosissima caduta, iniziata proprio a Milano. Il lungo romanzo d’amore scritto e diretto da capitan Javier Zanetti, JZ4 come l’hanno siglato i feticisti delle sigle simil-informatiche. Josè Mourinho, il Triplete, il sogno di una vita compiuto: emulare il padre, Angelo, che portò la Grande Inter alla conquista dell’Europa.

In tempi di ristrettezze, in tempi di Mazzarri e Thohir, versione 3.0 di un Lotito indonesiano e più sorridente,  Moratti c’entra poco. Andarsene è accettare che un’epoca, quella del presidente che stacca assegni a prescindere, a chiunque, è finita.

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Giovanni Vasso

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