Calcio. Dopo 10 anni il Wimbledon vince il derby del sangue contro l’oro con l’MK Dons

Adebayo Akinfenwa, il gigante buono del Wimbledon
Adebayo Akinfenwa, il gigante buono del Wimbledon

Mancano 10 minuti più recupero alla fine del derby tra i padroni di casa del Milton Keynes Dons e l’AFC Wimbledon, che si sta disputando all’MK Stadium di Milton Keynes – Buckhinghamshire, sud est dell’Inghilterra –  valida per i sedicesimi del Johnstone’s Trophy, l’equivalente albionico della nostra coppa Italia di serie C. Adebayo Akinfenwa del Wimbledon segna il gol del vantaggio per gli ospiti provenienti da Londra. Un gol, anzi una partita, quella tra due squadre semisconosciute di serie C inglese, che ai più non dirà nulla e forse farà anche fare uno sbadiglio. Ma in quel gol è racchiusa, come sempre meno accade, tutta la magia del calcio : non è solo una rete che si gonfia alle spalle di un portiere, ma è un’esultanza attesa 10 lunghissimi anni da un pezzo di Londra.

Per capire le ragioni di tanto interesse nei confronti di una partita di coppa della serie C inglese, occorre fare un passo indietro di qualche anno. Sulle pagine di Barbadillo abbiamo già parlato dell’origine di Milton Keynes, sia come città che come squadra, e della fine dei ‘True Dons’, ma un riassunto non fa mai male. Il glorioso Wimbledon era una squadra del borough londinese di Merton che in un decennio, da anonima squadra della Non-League scalò le classifiche arrivando in Premier League e vincendo la FA Cup nel 1988 ai danni del Liverpool, guadagnandosi l’appellativo di “Crazy Gang” per via dei modi poco urbani dei propri calciatori in campo – non possedeva uno stadio di proprietà a norma con il famoso ‘rapporto Taylor‘,quella riforma del governo inglese che obbligava i club a ristrutturare i propri stadi e adattarli alle nuove norme di sicurezza dopo i drammatici fatti di Hillsborough.

Non potendo far fronte ad una spesa del genere, la dirigenza dei “Dons” fu così costretta ad abbandonare la sua casa di Plough Lane e chiedere momentanea ospitalità al Crystal Palace. Ma nonostante la permanenza in Premier League, sradicati com’erano dalla loro comunità, i Wombles attiravano pochi spettatori a Selhurst Park. E nel ’99 arrivò anche la retrocessione sul campo.

A Milton Keynes, invece, il locale MK Stadium Consortium presieduto da Pete Winkelman, promoter musicale della zona, con il supporto di ricchi investitori dei supermercati Asda e dell’Ikea, progettò la riqualificazione di un’area della cittadina del Buckinghamshire con la costruzione di uno stadio da 30.000 posti, hotel, ipermercati, store Ikea e via discorrendo. Ma decisamente un investimento sproporzionato, considerando che la squadra locale giocava nell’ottava serie nazionale, e certamente tutto questo “carrozzone” non avrebbe mai potuto attirare più di tanto l’attenzione della città. Serviva una squadra di alti livelli. Winkelman, che già aveva provato in passato a prendere il titolo di alcune squadre già esistenti (Luton Town, Q.P.R., Crystal Palace, Charlton Athletic, lo stesso Wimbledon), vide concretizzarsi il suo progetto nella situazione ingarbugliata dei ‘Dons’. La Football Association, dopo un iniziale rifiuto, si espresse favorevolmente. Il 28 Maggio 2012 i Wombles,di fatto, non esistevano più. La squadra, dal settembre successivo, avrebbe giocato a Milton Keynes, a 100 km da Londra.

I tifosi del Wimbledon, ovviamente, reagirono a questa decisione senza precedenti, rifiutando categoricamente di tifare per una franchigia. Così, capeggiati da Kris Steward, decisero di fondare una squadra ex novo, l’AFC Wimbledon, e chissenefrega se questo sarebbe significato ripartire dai bassifondi del calcio inglese, se questo avrebbe significato mantenere in vita la tradizione del loro club, espressione calcistica della loro comunità.

L’ MK Dons, che aveva optato per il bianco come colore sociale da adottare sulle divise, dovette abbandonare il vecchio stemma appartenuto al Wimbledon, dopo l’opposizione del College of Arms, e dopo dure dispute con il neonato AFCW, rinunciò anche a presentarsi come l’erede della storia e dei trofei dei Wombles, diventati proprietà del borough di Merton, facendo così partire la sua storia dal 2004.

E mentre l’odiata franchigia si “godeva” la serie C, in uno stadio nuovo di zecca (ma sempre pressoché vuoto) e allenatori del calibro di Paul Ince e Roberto di Matteo in panchina, i “true Dons” pian piano hanno risalito la china, attirando nuovi tifosi da tutto il mondo coinvolti dallo spirito della Crazy Gang gialloblu, e a arrivando in quarta categoria. Aspettando che potessero incrociarsi i destini delle due squadre.

In realtà l’occasione era già capitata un paio di volte, l’ultima delle quali nel 2012 in FA Cup, ed aveva vinto il più quotato Milton Keynes per 2-1 con un gol in pieno recupero. Stavolta è stato il Johnstone’s Trophy a fornire l’occasione per un nuovo incontro. L’MK ai piani alti della League One, ad agosto ha tritato addirittura il Manchester United in Coppa di Lega con un roboante 4-0, contro un Wimbledon che in League Two sta faticando e neanche poco. Una storia già scritta, e infatti dopo 2’ ne arriva la conferma : Powell porta il MK in vantaggio. I gialloblu reagiscono, sono una squadra tignosa e sono motivati da tutta questa faccenda, e così arrivano al pareggio al 26’ con Azeez. Al rientro negli spogliatoi dopo il primo tempo, però, il risultato dice 2-1 per il Milton Keynes. Ha segnato Afobe, che aveva giustiziato i Red Devils ad agosto in Coppa di Lega.

A metà della ripresa, sempre fermi sul 2-1 per “la franchigia”, Neal Ardley, allenatore dei Wombles, decide di tentare il tutto per tutto. Dentro Rigg, Tubbs e soprattutto “the Beast” Akinfenwa, l’attaccante più grosso del mondo, un armadio di 1 metro e 81 su più di 100 chili. I cambi si rivelano azzeccati, ed è adesso che viene fuori tutta la magia del pallone. Al 68’ infatti, proprio Akinfenwa serve Ribb che pareggia il conto : 2-2. Ma non è finita, ci sono ancora venti minuti davanti. E 10 anni buoni di veleno dietro. Così all’80’ Ribb decide di ricambiare il favore al gigante buono : il pallone si insacca e il Wimbledon rimonta il risultato, passando in vantaggio. E’ 3-2! Sarà questo il risultato finale. I “true Dons”, di una categoria più in basso, battono il “franchise”, rimontandogli due gol, e per giunta in casa.

Senza dubbio una bella storia di calcio, come ne sono accadute tante. Ma la particolarità di questa vittoria è nella valenza che si porta dietro. Il Wimbledon ha battuto chi gli ha rubato casa e storia. Chi ha tentato di prendersi anche il nome, i colori e i momenti più belli per mero business. E lo ha fatto con una categoria di differenza dalla corazzata e in uno stadio vuoto e freddo. C’è qualcosa di bello e rassicurante nel sapere che il sangue, di tanto in tanto, è ancora in grado di sconfiggere l’oro.

@barbadilloit
@Mannish87

                                                                                                                                                                  a cura di Michele Mannarella

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Michele Mannarella

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