Editoria. Mario Monti, il sostegno alla stampa e un pluralismo legato solo al censo

editoria giornaliIl professor Mario Monti ha un’idea della democrazia legata al censo. Questa stessa visione la applica, disconoscendo le tradizioni politiche e giornalistiche italiane, anche agli organi di informazione e per questo in un incontro a Bari si esprime in maniera semplicistica quando gli chiedono della crisi occupazionale nell’editoria: «Sono sicuro che il prossimo governo sarà anch’esso sensibile a queste situazioni, ma è illusorio che semplicemente il denaro dei contribuenti possa andare a sostituirsi ai ricavi nel caso in cui questi non vengano dal mercato per i prodotti offerti dall’industria editoriale e dalla stampa». Secondo questo assioma, quali e quanti quotidiano potrebbero continuare a essere stampati e distribuiti nelle edicole? Probabilmente solo la stampa legata a grandi gruppi economici, non certo quella d’opinione, nelle cui redazioni sono stati allevati alcuni tra i migliori giornalisti italiani.

«Il mondo dell’informazione e della stampa, anche in un anno difficile come l’ultimo – ha aggiunto l’ex premier – ha ottenuto una serie di provvidenze volte proprio a mantenere un panorama di pluralismo culturale, intellettuale e politico. Singole situazioni di crisi saranno affrontate». Dalle parole dell’ex rettore della Bocconi sembrerebbe che queste provvidenze abbiano consentito chissà quali miracoli. La realtà, invece, è ben più complessa. E se Rcs annuncia un possibile piano aziendale con vendita di testate storiche e centinaia di esuberi, tante piccole realtà – legate o meno a partiti politici o associazioni – chiudono i battenti in uno stridente silenzio. Molte tv locali sono sull’orlo della chiusura e in altri numerosissimi casi i media non hanno denaro sufficiente a far seguire importanti eventi ai propri giornalisti: basta informarsi sulle condizioni con cui devono confrontarsi i giornalisti che operano negli scenari di guerra (dai costi degli interpreti a quelli delle assicurazioni…).

Una nuova Repubblica – che prima o poi sorgerà dalle ceneri di questo preistorico conflitto basato su categorie post 1994 – dovrà porsi il problema del pluralismo nell’informazione, disegnando regole e strumenti (non provvidenze, professor Monti) per  garantire ai cittadini il diritto ad essere informati e ai giornalisti di poter svolgere in pieno il proprio ruolo: quello di cani da guardia del potere, in grado di controllare e pungolare i Palazzi della politica.

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Michele De Feudis

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