Mondiali. Colombia esercito di talenti cresciuti in fretta (dopo il piombo infame per Escobar)

james-rodriguez-colombiaMolti anni dopo, davanti all’area di rigore del Maracanà, il colonnello James Rodríguez, si sarebbe ricordato di quel tardo pomeriggio americano quando la sua Colombia uscì dal mondiale. La cronaca di una morte annunciata: quella del terzino Andrés Escobar, ucciso da una autorete e poi da dodici colpi di mitraglietta nell’alba di Medellin. Aveva due anni Rodriguez e no, non immaginava che un mondiale, venti anni dopo, lo avrebbe incoronato come la sorpresa, facendosi largo tra Messi e Neymar, con cinque gol in quattro partite, e tanti gesti, movimenti, tocchi, invenzioni che lasciano immaginare una storia calcistica che andrà oltre il Brasile (prossimo avversario). In realtà questa Colombia, che conquista i quarti, è la migliore in assoluto, e non per i risultati, non per la quantità di storie da romanzo che si porta dietro, ma per l’elevato numero di calciatori che sono andati via dal paese, acquisendo una mentalità internazionale e lasciandosi alle spalle cliché e storia, in funzione di una modernità e una forza che potrebbe essere racchiusa in Shakira, nella sua leggerezza, come nel nuovo volto urbanistico e sociale di Medellin. Intanto, con le vittorie c’hanno rieletto un presidente: Juan Manuel Santos. E, ora, sono lanciati alla conquista del mondo, inteso come “Coppa del”, e hanno scelto come guida: José Pekerman, uno che ha avuto molte vite, tutte con la pazienza seduta di fianco. Faccia da aristocratico, passato da periferia del calcio: giocatore, gelataio, tassista, allenatore di squadre giovanili (proletariato delle panchine) c’ha vinto tre mondiali under 20 con l’Argentina, poi è finalmente approdato alla guida della nazionale maggiore, dove fece esordire Messi in Germania, regalò il gol dei 25 tocchi consecutivi, poi uscì, fuggì in Messico ad allenare il Toluca, e da lì lo pescarono i colombiani. Gli lessero i nomi di una generazione che doveva fare la storia e dimenticare Valderrama e Higuita, Asprilla ed Escobar, lui si ricordò di quando giocava a Medellin e accettò. Mettendo in campo la Colombia come se fosse una cooperativa: tutti umili al servizio del gioco non di se stessi (ogni riferimento all’Italia è voluto): divertimento, armonia, precisione, il resto lo racconta il campo. Compresa la perdita di quella che doveva essere la soluzione: Radamel Falcao, caduto all’attacco (legamento crociato del ginocchio sinistro). Lo spazio viene coperto da Jackson Martinez, più pesante ma non meno bravo, dei gol, invece, se ne occupa James Rodríguez (Monaco), chiedete a Muslera e soprattutto a Tabarez che in conferenza stampa si è prodotto in una elegia del ragazzo di Cucuta che balla fuori e dentro il campo, salsa a zona e zonzo, pallone in porta, sempre, e invenzioni più di Hollywood. Di fianco ha Juan Cuadrado o del dribbling perpetuo (a Firenze lo sanno), un continuo andare e scavallare, correre e superare gli avversari, lasciandoli sempre con meraviglia, lui che era troppo piccolo per giocare e che deve il campo e la carriera a Santiago downloadEscobar, fratello di Andrés caduto per una autorete. A sinistra ha Camillo Zuniga, stirato e pulito, è bucato fresco per ogni partita, avendo fatto una stagione da osservatore del campo. In difesa ci sono Cristián Zapata del Milan, Mario Yepes dell’Atalanta e Pablo Armero che i tifosi del Napoli conoscono bene, sulla carta non sembra granché eppure Pekerman ne ha fatto una linea attendibile.

In porta hanno dismesso le esagerazioni higuitane e ora c’è un portiere che di incredibile ha i riflessi: David Ospina, gioca a Nizza e l’unico momento esagerato dalle sue parti è stato quello della messa solenne per Faryd Mondragon che entra nel guinness dei primati come il più vecchio giocatore dei mondiali: 43 anni e 3 giorni. Un portiere felice per una nazionale che mette insieme uomini lontanissimi. È come se gli spari esplosi contro Escobar avessero fatto schizzare via tutti questi ragazzi verso l’Europa, da dove poi sono tornati uomini e calciatori, e no, nessuno ha la coda di porco, piuttosto il talento, quello che salta agli occhi come le gardenie bianche nei giardini di Medellin.

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Marco Ciriello

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