Il dibattito in Europa sul regionalismo e sul federalismo è vivo da tempo. Alcune nazioni stanno ridisegnando i confini regionali e il potere degli enti locali. L’eliminazione delle Province in Italia ha avviato un dibattito parallelo sulle città metropolitane. La proposta della rappresentanza di enti locali in un nuovo Senato è un altro elemento di dibattito in Italia. L’intervista che Barbadillo propone, del giornalista Nicolas Gauthier ad Alain de Benoist, tratta da Boulevard Voltaire, ha lo scopo di mostrare l’importanza dell’approccio storico e identitario nella ridefinizione di istituti politici e giuridici con ovvie ricadute su regioni, città, nazioni. [Barbadillo]
Regionalismo contro Colbertismo (politica economica realizzata in Francia nella seconda metà del 1600 da Jean-Baptiste Colbert, dal quale prese il nome. Si trattava di una forma francese del mercantilismo che prevedeva un pesante intervento dello Stato nell’economia per accrescere la ricchezza della nazione, ndt). Il dibattito non è nuovo. Era opportuno che il governo francese lo rilanciasse, in fretta, dopo due tornate elettorali?
“In fretta” è l’espressione esatta, dal momento che non è previsto né un referendum né una consultazione o concertazione preventivi. Personalmente, non ho alcuna obiezione di principio al taglio o raggruppamento di alcune regioni. E’ inoltre necessario che siano considerate come entità la cui identità si basi principalmente sulla storia e sulla cultura, non come territori tecnocratici o roccaforti elettorali. Tuttavia, l’intenzione di François Hollande di ridurre da 22 a 14 il numero delle regioni risponde soprattutto a considerazioni tecnocratiche o elettorali. Inoltre, c’è il desiderio di ridurre i costi amministrativi, dando spazio prioritariamente alla “coerenza economica” rispetto alle considerazioni identitarie. Questo approccio è simile a quello instaurato dalla Rivoluzione Francese nel 1790-1791 quando furono creati dipartimenti in un’ottica di “razionalizzazione” ma il cui obiettivo era di smantellare le vecchie province. L’argomento di carattere economico, “massa critica” che dovrebbero avere automaticamente le regioni, non è più convincente. In Germania, la dimensione media dei 16 Länder non supera la dimensione media delle attuali regioni francesi. Alcuni di questi Länder sono ancora piuttosto piccoli, come il Saarland, il Mecklenburg e lo Schleswig-Holstein, per non parlare della città di Brema, che è uno Stato, proprio come la Baviera e il land della Renania-Westfalia. La forza di una regione non sempre dipende dalla sua dimensione o dalla popolazione.
Il solo tratto positivo del progetto del governo è quello di prevedere la riunificazione della Normandia (essendo stata abbandonata la folle idea di Laurent Fabius di runirla alla Piccardia), che il Movimento normanno di Didier Patte reclama da oltre 40 anni. Si può inoltre approvare l’unione di Borgogna e Franche-Comté, anche quella dell’Alsazia e della Lorena, sebbene la prima sia rivolta verso Est (Basilea e Baden-Württemberg), mentre la seconda è rivolta verso la parte settentrionale della Lorena. Tutto il resto è discutibile, se non assurdo.
La regione Poitou-Charentes si sposerà con il Centro e Limousin, quando sarà fallito il tentativo di riavvicinare il Poitou-Charentes alla Vandea, riunire il Centro e la Loira e raggruppare l’Auvergne, il Limousin e il Berry. La fusione del Languedoc-Roussillon e i Midi-Pirenei, quella della Piccardia e dello Champagne-Ardenne sono altrettanto ingiustificabili. Sarebbe stato meglio unire Midi-Pirenei e l’Aquitania per ricostruire l’antica Guiana e Gascogne. In merito alla decisione di isolare Nantes dal resto della Bretagna, confermando l’amputazione eseguita nel 1941 dal regime di Vichy, è un vero scandalo.
Lei lotta da tempo per un’Europa delle regioni, ma lei ha anche molti amici favorevoli a una Francia sovrana. Devono essre accesi i dibattiti da voi! Pensa che una sintesi sia possibile tra queste due posizioni, a priori non proprio compatibili?
Io non contrappongo l’Europa delle regioni a quella delle nazioni. Penso che si debbano difendere le une come le altre, e ciò avviene facilmente in una prospettiva federalista basata sul principio di sussidiarietà. Questo federalismo non ha ovviamente nulla a che fare con quello che viene attribuito erroneamente all’Unione europea, che non si basa affatto sul federalismo integrale come lo intendeva Alexandre Marc o Denis de Rougemont (intellettuali francesi favorevoli al federalismo, ndt), ma sul centralismo di Bruxelles. Quanto alla “sintesi” cui lei si riferisce, potrebbe essere stabilita da una riflessione comune sulla nozione di sovranità. Ma ci sono due modi di intendere la sovranità: secondo Jean Bodin (1529-1596), combinata con la nazione “una e indivisibile”, che ha subito portato all’assolutismo monarchico e poi al giacobinismo repubblicano; o alla maniera di Johannes Althusius (1557-1638), fondatore del federalismo, che divide la sovranità a tutti i livelli. Nel primo caso, la più alta autorità (sia Parigi o Bruxelles) è competente di tutto; nel secondo, vale la regola della “competenza sufficiente”.
All’interno della “estrema destra”, con tutte le accezioni che la parola implica, una delle principali critiche fatte a Marine Le Pen è il suo “giacobinismo”. Questa critica è legittima e, se sì, sono davvero così importanti, in un’epoca in cui tutto sembra disintegrarsi, le regioni e le nazioni?
Lasciamo da parte l’estrema destra, cui io non appartengo. Mi sembra evidente che Marine Le Pen è molto ostile al regionalismo e assimila l’Unione europea all’Europa, cosa che ritengo spiacevole. Il giacobinismo è nella prospettiva di un gioco a somma zero: tutto ciò che è dato alle regioni sarebbe tolto alla “nazione”. Penso al contrario che una nazione è forte solo per la vitalità e la libertà delle sue componenti, che lo Stato e la nazione non sono la stessa cosa, che la nazionalità e la cittadinanza non sono necessariamente sinonimi, e che le regioni dovrebbero essere anche dotate di un vero parlamento, come il Landtag esistente nei Länder, che non minacciano in alcun modo l’unità della Germania. Ciò detto, non è sbagliato dire che in un’epoca in cui tutto sembra crollare, tali considerazioni sono molto inattuali. La loro inattualità relativa potrebbe permettere di discuterne con calma.
[Intervista a cura di Nicolas Gauthier, apparsa su Boulevard Voltaire e tradotta da Manlio Triggiani]