L’intervista. Di Battista (M5S): “Con il nostro 30% subito elezioni. Difenderemo la sovranità”

di battista«Se arriviamo al 30% chiederemo a Napolitano di dimettersi e a quel punto aspettiamo che si indichino nuove elezioni». Così Alessandro Di Battista, deputato e volto noto del M5S, spiega a Barbadillo l’importanza dell’appuntamento del 25 maggio: una scadenza e una sfida, secondo i maggiorenti del Movimento, da leggere in chiave interna nonostante le rassicurazioni di Matteo Renzi. Dalla discussione con Di Battista, però, emergono anche altri spunti interessanti: dalla questione immigrazione fino alla difesa della sovranità nel nome di Paolo Borsellino.

Di Battista,  che cosa si aspetta dal 25 Maggio 2014?
Spero saremo la prima forza politica; avere anche un voto in più del Pd vuol dire aver vinto le elezioni e politicamente sarebbe un dato importante. Ancora più importante sarebbe superare quota 30%: se ci riusciremo, e se quindi avremo uno scarto minimo con il PD, saremo legittimati a chiedere politicamente le dimissioni di Napolitano, per eleggere un nuovo Presidente che sciolga le Camere e indica nuove elezioni. In questo senso, le elezioni Europee, che sì, servono anche ad eleggere gli europarlamentari, sono anche elezioni politiche.

Mettiamo che Movimento 5 Stelle vada al governo: i primi tre impegni?
Tre parole chiave ovvero tre leggi: reddito di cittadinanza, conflitto di interessi, anti-corruzione. In un anno di governo abbiamo visto che questi sono i tre drammi principali.

Lavoro e disoccupazione: cosa farebbe in concreto il MoVimento 5 Stelle?
Il problema del lavoro è che il lavoro va reinventato: non possiamo pensare che si possa uscire dalla crisi producendo più macchine o più acciaio, questa è un’epoca finita. Per questo, il reddito di cittadinanza consente non solo che i giovani non scappino o che gli operai o gli imprenditori non si suicidino, ma serve anche a prendere tempo, a ridisegnare l’economia e ad indirizzarla verso l’enogastronomia, il turismo, la cultura, l’innovazione, lo sviluppo sostenibile.

Dopo un anno e mezzo di governo, con il MoVimento 5 Stelle all’opposizione, qual è la vostra ‘operazione verità’?
Abbiamo visto immobilismo e impossibilità da parte dei partiti di fare qualunque cosa, perché c’è collusione, perché quando si è sotto scacco di persone che hanno fornito finanziamenti, appoggiato le campagne elettorali, quando si è sotto scacco dei lobbisti, si è impotenti. Se anche il sistema partitocratico fosse composto di brave persone – che ci sono – queste non potrebbero comunque fare nulla, perché avrebbero le mani legate dal compromesso che si è andato costruendo in tutti questi anni. Ciò che ho capito è che solo una forza nuova, ancora estranea al compromesso, può cambiare le cose.

E l’Expo rientra in questa collusione e corruzione dei partiti?

E che posizione hai oggi sull’Expo?
L’Expo va chiuso.

Nessuna alternativa?
Ci abbiamo provato a rilanciare col Politecnico di Milano; abbiamo fatto denunce e proposte in questi anni; abbiamo lanciato un’idea di Expo sostenibile, che utilizzasse e coinvolgesse tutte le strutture di Milano non utilizzate. C’era la possibilità di un gran progetto, ma ora è tardi. Ora, fare questo Expo, sapendo che di mezzo c’è la mafia, c’è la camorra, c’è la ‘ndrangheta, sapendo che gli appalti al 93% sono già assegnati, e  conoscendo tutte le opere infrastrutturali di cemento che ci saranno intorno all’Expo, significherebbe continuare a regalare soldi alle mafie, nonché distruggere quel poco di verde che resta della Lombardia. E anche a livello internazionale, dire che questo Expo si chiude perché questo progetto è pieno di corruzione, ci darebbe, per la prima volta, credibilità all’esterno.

Parliamo di immigrazione.
Noi continuiamo ad essere contrari al reato di clandestinità, perché la clandestinità non può essere un reato in sé, e poi non serve, non è un deterrente. Ma dire che oggi l’Italia non si può permettere 800mila immigrati provenienti dal nord Africa, non significa essere razzisti: semplicemente, non ce lo possiamo permettere. Gli immigrati arrivano qui, il lavoro non c’è e molti di loro rischiano o di finire nel mercato nero, che spesso è gestito dalla mafia, o di delinquere. Ma questa è oggettività, non razzismo.

Che misure adottare allora?
La nostra proposta è quella di istituire la possibilità di chiedere, per tutte le persone che hanno diritto di asilo politico, di essere protette direttamente in strutture d’origine. Questo vuol dire condurre accordi diplomatici con i Paesi del nord Africa. Poi, bisogna per forza rimpatriare le persone che sono clandestine: un Paese civile non ammettere la permanenza di persone di cui non conosce l’identità. Il rimpatrio deve avvenire in massima sicurezza, con un’operazione finanziata da tutta l’Europa e non solo dall’Italia. Automaticamente, bisogna garantire estrema sicurezza con un pattugliamento maggiore, pagato dall’Unione Europea, del canale di Sicilia, per far sì che nessuno muoia, e che vengano prestati i dovuti soccorsi. Inoltre, bisogna prendere e punire in maniera decisa e severa gli scafisti e i mercanti della morte.

I Marò sarebbero una priorità del MoVimento 5 Stelle al governo?
La priorità è la credibilità a livello internazionale. Io non so se i marò siano colpevoli o no, ma secondo me vanno processati in Italia e non in India.

E allora, come intervenire?
I Marò, e dunque la credibilità del nostro Paese, saranno priorità del MoVimento 5 Stelle non solo se andremo al governo: già dopo le elezioni, se Renzi e la Mogherini non li faranno tornare, come abbiamo già detto, tratteremo direttamente con le autorità indiane.

Ultima domanda. Lei crede che la sovranità, in tutti i suoi aspetti, sia un valore non negoziabile?
Assolutamente: la sovranità non si baratta con nulla. Tutti questi casi sono l’emblema della vittoria della grande finanza sulla politica. Al contrario, uno Stato funziona quando la politica primeggia su tutto. Se lo Stato ha la meglio sugli interessi economici e finanziari, vince anche sul crimine organizzato. Come diceva Borsellino: “Lo Stato e la mafia sono due poteri che si contendono un territorio: o si mettono d’accordo, o si fanno la guerra”.

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Martina Bernardini

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