Premier. Il trionfo del Liverpool: City ko nel giorno del ricordo di Hillsborough

Liverpool-City

Se gli dei del calcio esistono, oggi pomeriggio hanno posato lo sguardo su Anfield Road. Nel giorno del ricordo delle  vittime della tragedia di Hillsborough – la semifinale di Fa Cup del 1989 tra Liverpool e Nottingham Forest in cui morirono 96 persone -, i Reds hanno non solo celebrato il ricordo e vinto una battaglia fondamentale nella corsa verso la conquista del titolo. Ma hanno reso onore allo sport celebrando un rito che sembra un poema epico senza tempo.

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Si celebrava il ricordo di Hillsborouh. E la Kop ha tenuto fede alla sua leggendaria fama. Prima intonando, con tutto lo stadio, “You’ll never walk alone”, inno che anche anziani, donne e bambini conoscono, cantato con le sciarpe al vento e gli occhi al cielo, pensando a quei 96 che aspettano ancora giustizia. Quella tragedia, è bene ricordarlo, non fu causata dalle violenze degli hooligans ma dalle inefficienze della polizia inglese e dello Stato. Come ammesso, due anni fa, dal premier britannico Cameron, che chiese scusa alla nazione intera. Poi la coreografia: migliaia di cartoncini gialli e rossi, a disegnare il numero 96 e la scritta “25 years”. Infine un minuto di raccoglimento, in cui si sono fermati uno stadio, una città e forse un Paese intero. Anche il tempo si ferma, come quell’orologio all’ingresso dello stadio, bloccato a segnare le 15:06, ora del fischio di sospensione di quella tragica partita.

Che nell’aria, in questo strano pomeriggio di aprile, ci fosse qualcosa di magico lo si è capito anche dopo, a gara iniziata. Liverpool primo, a due punti di distanza il City di Pellegrini. La prima mezz’ora è stata una corrida, in cui undici tori vestiti di rosso si sono specchiati in un agonismo esasperato, a tratti impensabile. Dopo sei minuti i Reds sono già in vantaggio: assist di un indemoniato Suarez e Sterling che beffa Hart scherzandolo con una finta. I City perdono il metronomo Yaya Tourè e ne prendono un altro: stavolta è Skrtel, di testa su un angolo di Gerrard, a beffare il portiere dei Citizens.

Anfield è un catino, la Kop una bolgia. E’ tutto perfetto: i “poveri” che umiliano i ricchi, nel giorno e nella partita più importante. Sembra finita. Ma gli dei del calcio hanno in mente altro. E il City reagisce, raggiungendo il pari prima con Silva e poi con un autogol, su cross sempre dello spagnolo, di Johnson. E’ solo vento, è solo pioggia, come racconta l’inno del Liverpool. E quando si cammina attraverso una tempesta bisogna tenere la testa alta. A rialzarla quella dei Reds ci pensa la meteora dell’Inter Coutinho, rinato con la casacca rossa. A dodici minuti dalla fine sigla il 3-2. Vince il Liverpool, è giusto così. Il capitano Gerrard piange, di gioia e di tristezza. A venticinque anni da quella strage, i Citizens diventano agnellini sacrificati sull’altare di un rito. Gli dei del calcio sorridono, posando lo sguardo su Anfield.

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Mario De Fazio

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