Cinema. “Il mistero di Dante” un viaggio tra le tre cantiche che sfugge alla monotonia

Louis_Nero_il_mistero_di_dante_girato_a_torinoCon “La Rabbia” e Rasputin” l’ambizione di Louis Nero si era ampiamente manifestata, non si smentisce il giovane regista neppure con il suo ultimo lavoro “Il mistero di Dante”, film prodotto da l’Altrofilm e nelle sale da fine febbraio 2014.

Un inizio surreale e snervante, con immagini poco nitide e fugaci interruzioni di nero, dialoghi sussurrati e musiche incalzanti. Due giornalisti, nella Torino dei nostri giorni, entrano in una segreta architettura al di sotto della quale, tra cunicoli impolverati e fasci di luce accecanti, scorgono tre figure misteriose, indistinguibili nei volti e sconosciute dal suono della voce; saranno loro a svelare il mistero di Dante.

Il viaggio nelle tre cantiche sfugge alla monotonia, servendosi di animazione del paesaggio dell’aldilà dantesco, ben riuscita, alternata ad interviste a personaggi del mondo del cinema o della cultura o della chiesa che su Dante hanno scritto e letto, con posizioni diverse, concordi tuttavia nell’ammissione di straordinarietà della esperienza della Divina Commedia. Tra gli intervistati volti noti come Valerio Massimo Manfredi e poi Franco Zeffirelli e ancora F. Murray Abraham, Taylor Hackford, Silvano Agosti, Christopher Vogler, Massimo Introvigne, Mamodoue Dioume, Gabriele La Porta. Non si evince una sola suggestiva opinione, i pareri si racconto con vigore e convinzione ammettendo però coralmente che l’opera dantesca non può essere esaurita secondo soli tre livelli interpretativi, partendo dal letterale, accostandosi al filosofico teologico, passando per lo storico politico, necessario è domandarsi del livello iniziatico, di essenza metafisica. Gli intervistati sono guidati dallo sceneggiatore e dal regista a ripercorrere lo studio approfondito del testo di René Guenon “L’esoterismo di Dante”, pubblicato nel 1925. La simbologia Dantesca è propria di altri ambiti tradizionali come il Pitagorismo o anche la Quabbala ebraica per non dimenticare la identità islamica. Il viaggio così diventa uno scendere per risalire, dalle viscere alla luce, una purificazione se al fuoco va dato il senso della catarsi. Valerio Massimo Manfredi a tal riguardo cita le somiglianze dei tanti viaggi nell’oltretomba della letteratura classica: il viaggio di Eracle, ad esempio,  il semidio, che passa sul fuoco per sedere nel consesso divino, ma si accosta bene anche il viaggio dell’eroe Gilgamesc, già da Guenon citato nel suo “L’esoterismo di Dante”. Nella tradizione Islamica troviamo nei racconti del padre spirituale dell’Islam Mohyiddin ibn Arabi percorsi iniziatici similari.

L’inferno è la riflessione dell’uomo profano non iniziato, poi il purgatorio è la catarsi, la purificazione, il luogo dove la visuale stessa di Dante ruota e torna a guardare il mondo nella giusta prospettiva ed infine il Paradiso è la residenza stessa degli illuminati, l’i dove “amore” trionfa e si unifica in Unità ciò che prima era separato.  E allora a chi è rivolta l’opera di Dante davvero a “voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani” e cosa cova sotto la delicatezza di versi intramontabili?

Si suppone una partecipazione di Dante ai Fedeli d’Amore, un ordine segreto di iniziati, probabilmente collegato con i Templari e sospettato di eresia; amanti di poesie fredde, stilizzate, che trovano in parole convenzionali, una simbologia segreta. Il fine dei Fedeli d’Amore è la rigenerazione del genere umano, è lotta per la idea Mistica, difesa della Sapienza – donna, contro la carnalità della Morte – chiesa. Meno probabile la prospettiva di ritrovare Dante tra la congregazione dei Rasacroce, cui aderì il noto Shakespeare.

Niente è come sembra nella Divina Commedia, Beatrice, lungi dal rappresentare una donna carnale esistita è simbolo della Sapienza Metafisica, l’immortale Virgilio, guida del poeta trecentesco,  altri non è che la coscienza stessa del viaggiatore, del discepolo pronto ad elevarsi. I tre mondi, inferno, purgatorio e paradiso ci parlano delle tre fasi di un percorso iniziatico, così come i numeri menzionati nell’opera non sono causali perché si accordano a sistemi numerici tradizionali.

Riconoscere l’ermetismo nella Divina Commedia, percepirlo è possibile, non svelarlo, il viaggio rimane esperienza del singolo, che solo può giungere a “rimirar le stelle” del Paradiso ovvero riuscire nel percorso di iniziazione.

La Divina Commedia come ha sostenuto per la prima volta Ugo Foscolo è pervasa da una profonda necessità di rinnovamento sociale e politico, possibile se l’individuo stesso impara a conoscere se stesso per tendere alla verità, concedendo nella propria vita spazio all’inesprimibile; sta a “l’uomo trasformare i simboli in qualcosa di reale e trasformare “con se stesso il mondo in cui si vive”. Probabilmente Dante ci ha mostrato lo scopo vero della vita umana.

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Marina Simeone

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