Cinema. “Allacciate le cinture”: l’affresco di Ozpetek dal Salento su amore e malattia

allacciate-le-cinture-locandina-low-315x350Non fatevi ingannare dalla pioggia né dalla pensilina del bus, tenete duro per i primi quindici minuti: “Allacciate le cinture”, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, girato nelle splendide terre del Salento, non è un pippone né ha la minima intenzione di esserlo. Anzi, sottilmente, può essere considerato quasi una continua presa in giro di tutte le isterie contemporanee.

Per la sua ultima creatura, il regista turco non rinuncia ai suoi cavalli di battaglia con il classico riferimento al personaggio gay e una parte importante della trama legata al tema della malattia.

La storia cammina avanti e indietro su un ponte tra due epoche, vicinissime eppur lontane. Distanti tra loro solo tredici anni ma pure così estranee tra di loro. Si parte dal 2000, quando due ragazzi, garzoni del bar della piazza, potevano sognare di aprirsi un pub di successo. Si vive di amicizia, amori ufficiali, fascinazioni proibite e inconfessabili prima a sé stessi e poi agli altri che portano a conseguenze difficilmente prevedibili.

Si arriva al 2013, quando il successo tanto progettato è finalmente arrivato.  Ma c’è ben altro a cui fare fronte: si cresce, arrivano i figli, la famiglia, l’amore appassisce e il corpo rischia di avvizzire a causa dell’età e la mente di scoppiare per colpa della disperazione. Ma poi la vita fa la sua chiamata: c’è da lottare, c’è un tumore da combattere.Tutto inizia con una bella ragazza che fa la barista e che incontra uno “stronzo” fidanzato con la sua amica del cuore, a sua volta coinquilina di Fabio, l’amico gay che diventerà uno dei pilastri della sua vita.

Elena (interpretata da Kasia Smutniak), all’apice della sua avventura di donna, madre e imprenditrice (non di moglie, scoprirete perché vedendo il film) scopre di avere un tumore al seno che la costringerà a massacranti sedute di chemio e a un pesante viaggio interiore che la riporterà praticamente ovunque, esplorando ogni anfratto di un affresco umano bizzarro, spesso drammatico, a volte tragico, sempre naif.

Il cast è di buon livello e non tradisce le aspettative. Anzi, qualcuno sorprende. A partire da Francesco Arca (Antonio) che sfodera un’espressività molto fisica ma pur sempre inattesa. Dialoghi ne interpreta pochi – essere belli e tenebrosi implica anche il vivere di poche parole – in compenso si trova a suo agio nel rendere tutta l’intensa fisicità del suo personaggio. Irriconoscibile, poi, la stupenda Luisa Ranieri: Ozpetek le affida il ruolo della sciampista esuberante  e l’attrice napoletana non tradisce le attese.

Elena Sofia Ricci, che interpreta la zia sgangherata di Elena, rende bene il personaggio ‘alternativo’ a tutti i costi ma che deve fare i conti con le sue contraddizioni. Come quando predica il veganesimo alla nipotina che la scopre a mangiare salsicce di nascosto.

Kasia Smutniak è a suo agio nei panni della donna sofferente, anche quando ride, sorride, ha il volto velato da una misteriosa malinconia che la rende fragile nonostante le molteplici ‘professioni’ di forza che il personaggio di Elena tenta in ogni momento del film.

Ozpetek, con ‘Allacciate le cinture’, regala la sua nuova cartolina naif. Esagerata, senza dubbio ma proprio per questo, vitale. Nonostante tutte le contraddizioni, le isterie, i progetti, le paure e le ‘turbolenze’ che la vita riserva a ciascuno.

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Giovanni Vasso

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