L’intervista. Pino Aprile: “Renzi? Non credo conosca l’esistenza del Sud”

Dopo decine e decine di dibattiti sul Sud, lo scrittore Pino Aprile conserva una invidiabile verve nel confutare argomenti e tesi che vogliono il Meridione arretrato “perché vittima di se stesso”. Abbiamo incontrato l’autore del best seller “Terroni” (l’ultimo saggio è “Il Sud puzza”, Piemme) al termine di una conferenza a Bari sul tema “Dov’è il Sud che resiste”, tenuta insieme ad Annamaria Ferretti e Michele Emiliano, con sul tavolo dei relatori una bandiera del Regno delle Due Sicilie.

Aprile, il dibattito sul meridionalismo procede ad intermittenza, ma resta più vivace dell’attenzione della politica per il mezzogiorno.

“La politica se ne frega. Il Sud per i partiti è solo un fastidioso serbatoio di voti o un bancomat. Un po’ come quando Berlusconi prometteva il ponte sullo Stretto. I suoi gli ricordavano che non sarebbe mai stato realizzato. E il Cavaliere replicava: “Basta prometterlo…”.

Perché il tema scalda così gli animi?

“A Nord non si aspettavano una acquisizione di consapevolezza simile dalle nostre parti. I miei libri sono stati il cerino. La paglia c’era già tutta. Il Meridione penalizzato è frutto di un indirizzo ben definito. Un territorio si consolida per la volontà degli uomini: così va da centocinquant’anni. E noto con preoccupazione la sintonia nelle sciagurate politiche dei ministri dell’Università degli ultimi tre governi: tra esponenti di Fi, tecnici e Pd riscontro lo stesso disegno di depauperamento degli atenei meridionali”.

L’economista Emanuele Felice autore del saggio “Perché il Sud è rimasto indietro” le addebita “un atteggiamento vittimista e mistificatorio” che non fa bene al Mezzogiorno e favorisce addirittura la Lega.

“Il volume in questione offre uno splendido supporto per le tesi che vogliono il Sud indietro per colpa dei meridionali. Addebitare le arretratezza a chi le subisce è un atto di disonestà intellettuale. L’unica colpa dei meridionali è di non aver fatto fuoco e fiamme quando sono stati “minorizzati” dal proprio stato”.

Ora arriva il governo Renzi…

“Non credo che il sindaco di Firenze conosca l’esistenza del Meridione. Bisognerebbe regalargli una cartina geografica dello Stivale. E’ venuto alla Fiera del Levante e non ha mai nominato il Sud, la parola “mezzogiorno” non compare nel suo sito”. 

Luca Ricolfi ne “L’enigma della crescita” ha inserito un capitolo sul “Sud vampiro”.

“Preferisco le tesi di Mario Borghezio, è molto più onesto. Ricolfi nel “Sacco del Nord” sostiene che il Sud ruba 50 miliardi di euro al settentrione. E come li trova? Li inventa, ovvero moltiplica il numero dei disoccupati per il numero delle ore di disoccupazione, per 6 euro e 30… Sono euro ricolfiani, con cui non si comprano nemmeno le gomme dal market. Il prof. Giuseppe Tattara ha contestato matematicamente le tesi del docente piemontese”.

Il sociologo torinese elogia la scelta dei giovani che vanno via dal meridione.

“In circa un secolo sono andati via in venti milioni e non abbiamo risolto nulla. Vogliono le teste del Sud, a mille euro al mese, impiegate nel Nord-Est. Negli Usa raccontano che quando c’era la segregazione razziale gli schiavi si dividevano tra quelli “da campo” e “da cortile”. Quelli da cortile davano sempre ragione al proprio padrone: si sentivano privilegiati perché erano in casa e non nelle campagne. E quando parlavano del padrone arrivavano a usare il plurale: “noi abbiamo deciso…”.

Cresciuto ai Tamburi, segue con trepidazione la crisi dell’Ilva. Come si supera?

“Il dilemma tra lavoro e salute è una truffa per fregare i tarantini. Il discrimine è solo tra produrre acciaio secondo le regole europee o fare come ci pare. Il siderurgico è un banco di prova non per il Sud, ma per tutta l’Italia”.

Cosa resta da auspicare per un riscatto del Sud? Un Lega meridionale?

“Per volere un’Italia più equa non bisogna essere meridionali. Quando chiesero a Gaetano Salvemini come risolvere la questione meridionale disse: “E’ semplice. Dobbiamo dimenticarci che esiste il Sud”. Allora aboliamo le leggi speciali per il meridione, via le regioni a statuto speciale. Inizierebbe un’altra partita e lo Stato dovrebbe intervenire secondo i bisogni, ovunque”.

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Michele De Feudis

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