Governo/3. Renzi sfiducia il premier Letta: “Fase nuova significa esecutivo nuovo”

Matteo Renzi«Grazie Enrico. Adesso tocca a noi, ossia a me». Si può brutalizzare così la mezz’ora di intervento con il quale Matteo Renzi ha recitato il requiem di ciò che resta del governo di larghe intese e del suo premier Enrico Letta. Nessuna staffetta, ha spiegato il segretario Pd, sconfessando la linea sostenuta fino alla fine da Giorgio Napolitano: «Serve aprire una fase nuova con un esecutivo nuovo che si ponga come orizzonte la fine della legislatura».

Sposta in avanti la lancetta del governo Renzi, in attesa di capire come reagiranno Letta e Napolitano. La scelta è obbligata per il segretario del Pd: non può accettare alcuna formula di rimpasto (troppo alto il rischio di dover condividere l’eventuale flop dell’azione di governo) né rischiare l’ennesima non-vittoria a causa della legge elettorale licenziata dalla Consulta. Per questo motivo, dalla Direzione del Pd, ha lanciato «quell’ambizione» che lo contraddistingue oltre l’ostacolo: la fase nuova del governo deve coincidere inevitabilmente con un cambio non del modulo ma dei giocatori.

Enrico Letta, e la componente che fa a lui riferimento (non voterà il documento finale), ha deciso di non assistere al primo caso di rottamazione di un premier da parte del suo stesso partito. Unico a dirlo in maniera chiara è Pippo Civati («Diciamolo, oggi si sta sfiduciando Letta»), per il resto l’assemblea del partito ha dissimulato un’unità che lo stesso Renzi sa bene quanto sia fragile.

In ogni caso la strada per Renzi verso palazzo Chigi sembra segnata. Incassato il voto favorevole della Direzione dal suo discorso-programma è emerso un progetto ambizioso: legge elettorale, riforma costituzionale, snellimento della burocrazia. Restano gli interrogativi legati ai compagni di viaggio, e ai dubbi che molti osservatori (anche tutt’altro che ostili verso Renzi) manifestano: rimanendo tale la maggioranza che sostiene il governo per quale motivo le cose dovrebbero procedere in maniera diversa?

Ma soprattutto il rottamatore dovrà far dimenticare presto l’eventualità che lo vedrebbe il prodotto di una dinamica non sublimata da alcuna elezione. Un “peccato originale” causato in parte da una congiuntura di eventi del tutto inedita: la vittoria delle primarie coincidenti con l’immobilismo di un governo a guida Pd non poteva che portare a questo. Ma da oggi gli avversari (interni ed esterni di Renzi) avranno un argomento molto forte tra le mani: un motivo per rottamarlo.

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Antonio Rapisarda

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