Libri. Buttafuoco Nigro e Corona: tre strade verso la tradizione

Fotor0212154428Mettere insieme romanzi per condannare il caos. Chiedere di più all’arte. Questo è il compito per un critico militante. Leggere diversi romanzi per ritrovare una visione ideale. Leggere centinaia di pagine per ricordarsi che abbiamo peccato con le parole. Abbiamo dimenticato il destino. Abbiamo trasformato la società in un grande luna park. Tutto è intrattenimento. Tutto è plot. Tutto è presentismo, per raccontare i padri corrotti, le gioventù girovaghe e l’assenza di progetti per il futuro. Ah, cercare il romanzo della dignitas! Per ritrovare romanzi privi del contemporaneo disincanto di massa: i romanzi lontani dalla stirpe intellettuale dei Saviano, dei Siti, dei Carofiglio

Chi sta scrivendo che il romanzo criminale/giudiziario/poliziesco ha seccato? I lettori già dicono molto; lo dicono attraverso le classifiche delle vendite; e dicono che c’è una ‘patria di scrittori’ che sta costruendo una letteratura non affogata nel presente liquido; una letteratura in cui troviamo i nomi di scrittori come Mauro Corona, Pietrangelo Buttafuco, Raffaele Nigro. Così, nelle classifiche dei libri venduti, scopriamo romanzi che propongono una letteratura non di moda. Come il romanzo La voce degli uomini freddi  (Mondadori, 2013) di Mauro Corona. E’ raccontato qui un popolo silenzioso, uomini e donne che non hanno mai smesso di guardare al passato.

“Solo onorando il passato e tutti coloro che traversandolo erano stati polverizzati e dispersi nelle tempeste, quella gente trovava la forza di campare…” (pag.17)  La gente di Mauro Corona è capace di gratitudine, di solidarietà, di nobiltà; e non è un popolo che scappa dal proprio destino. In breve, leggere Corona per confrontarsi con il fuoco della tradizione, con le tradizioni alpine cancellate in Italia. Il romanzo degli uomini freddi è narrazione che incanta attraverso le immagini allegoriche dei paesi alpini; ed è un’opera che non rinuncia alla ricerca di tensioni morali, in quanto le comunità raccontate “Raccomandavano ai morti di non preoccuparsi, avrebbero fatto rinascere tutto come prima(…) Promettevano che sarebbero migliorati anche loro, perché non si finisce mai di perfezionarsi.” (pag. 35)

Quindi, andare oltre il racconto diffuso del degrado odierno. Incontrare scrittori legati al rito e alla gente non smarrita, quella di Mauro Corona, “la gente che si accontentava. Tutto qui.” E questo è un romanzo che illumina il passato e il buon esempio degli avi. Come un altro testo, Il custode del museo delle cere di Raffaele Nigro (Rizzoli 2013) in cui un nonno e un nipote affrontano l’imprevisto: incontrano cioè gli uomini della storia – da Cassiodoro a Sciascia – o statue di cera parlanti, figure che, incredibilmente, raccontano un ritorno ai padri. Cosa significa questa voglia di Storia? Per Nigro, questo voler incontrare la Storia esprime pure una diversità rispetto agli scrittori di moda, i quali “Si vestono da detective e cercano assassini. Si occupano di amori e fastidi dei politici e della gente del cinema, oppure aspirano a uscire in tivù, indagando su codici misteriosi, sul Graal e su scabrosi omicidi per far svagare i lettori…” (pag. 54)

Non è una forzatura critica ma ora ‘uniamo’ gli uomini freddi di Corona con gli uomini di cera di Nigro, così ribadendo che “Per dare al corpo e allo spirito  un po’ di quiete abbiamo rinunciato alle nostra tradizioni, alla nostra cultura, al nostro passato. Ci siamo adattati.” (Il custode… pag. 65) Questo confronto letterario, con la tradizione, è sorprendente, è artisticamente vero, è molto più vero di quei racconti costruiti speditamente per esibire esistenze estreme e scenari post-berlusconiani.

In più, in questi romanzi di recente pubblicazione, cosa rappresenta il recupero della tradizione? Autori culturalmente diversi esprimono una comune consapevolezza, questa: il nostro presente ha offeso l’anima del mondo, “Abbiamo peccato contro il focolare/ contro i morti e contro la  terra…” (Gabriele d’Annunzio) E resta la colpa di aver consumato tutto. Di non aver rispettato i ricordi. Di aver raggiunto una rischiosa uniformità sociale che annulla ogni tradizione. Se si intravedesse una possibilità, questa sarebbe, purtroppo, una fuga dal presente; come nel romanzo di Nigro in cui il personaggio di Cassiodoro dice che “Desiderai allora fuggire dal tempo e dalle cronache (…) Desiderai sottrarmi al ciclone della politica e degli eserciti. Perdermi come un corallo nei fondali degli oceani.” (pag.111)

Il binomio romanzo/tradizione indica il bisogno di riflettere sulla società che ha smesso di discutere sui modelli della tradizione nazionale. Non serve andare alla ricerca di storie stupefacenti. Ormai non c’è più nulla da inventare. Si possono invece ascoltare le antiche narrazioni, quelle dedicate ai diavoli e agli angeli e ai morti per la patria. Così ritornare a credere. Perché la tradizione infondo è una fede con cui agire. Perché gli uomini del passato e le loro buone azioni non hanno cessato di comunicare ragioni. E lo scrive Pietrangelo Buttafuoco nel suo Il dolore pazzo dell’amore (Bompiani 2013) riunendo, poeticamente, i miti della tradizione popolare. Tanto da compiere un autentico elogio della tradizione, “Tutto ciò che è scomparso mi dilaga dentro. L’antico non sbaglia mai sul modo di accostarsi agli anziani. L’antico educa i figli nel momento in cui li alleva.” (pag. 175)

Corona, Nigro, Buttafuoco, tre diverse scritture; tre diverse sensibilità culturali; ma anche tre urgenze intellettuali per le quali strappare l’arte al suo destino di mero intrattenimento. Scrivere vuole dire anche ‘combattere’ contro chi non chiede più nulla all’innocenza, alla terra innocente, la campagna pugliese o siciliana, giacché “La campagna è il luogo dove si torna sempre. La campagna come il piatto dove affogo il cuore…” come scrive Buttafuoco. Ora questa prospettiva critica – che incontra produzioni narrative, da elaborare in analisi comparative più articolate – non può che avere, come finalità, la cognizione di un panorama letterario in cui alcuni scrittori stanno raccontando la tradizione per  riaffermare le passioni ideali della letteratura.

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Renato de Robertis

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