Intervista esclusiva. Il presidente Nikolic: “La Serbia non riconoscerà un Kosovo sovrano”

Eletto il 31 maggio scorso – era candidato dal Partito progressista (nazionalista moderato) -, il presidente della Repubblica serbo, Tomislav Nikolic, 60 anni, è stato a Roma in visita ufficiale, la prima a un Paese dell’Unione europea. Ha dunque glissato sull’affronto del governo Monti, che alla cerimonia d’insediamento di Nikolic aveva mandato solo un sottosegretario; peggio, un sottosegretario, Marta Dassù, che era stata consigliere del presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, nella primavera 1999, quando egli faceva bombardare la Serbia e Nikolic militava nel Partito radicale (nazionalista puro) di Vojislav Seselj, sostegno del governo di Slodoban Milosevic.
Per l’Italia di oggi, per la sua residua, esigua sovranità, la Serbia è determinante. Infatti l’Adriatico del 2012 è un lago austro-germanico, nel 1912 era un lago austro-ungarico. A proposito di ricorsi storici: come nel 1911-12, un secolo dopo c’è stata guerra anche in Cirenaica e Tripolitania. E stavolta l’Italia non l’ha voluta: l’ha subìta. Sete di petrolio e crisi economica spingono infatti le maggiori potenze europee all’ “interventismo umanitario”, lo pseudonimo dell’interesse nazionale.
Proprio davanti all’”interventismo umanitario”, nel 1999 la Serbia s’era trovata isolata e ciò senza nemmeno che l’Onu avesse benedetto l’esordio, dopo il 1945, della guerra in Europa. Amara sorte per il Paese un po’ spartano e un po’ bolscevico, che si ostinava a dirsi Jugoslavia, anche se solo il Montenegro rimaneva federato con la Serbia. Del resto, quella cominciata degli anni ’90 era stata “un’esplosione programmata”, come la definisce Alexis-Gilles Troude nella sua acuta sintesi storica, Balkans (www.editions-xenia.com).
Presidente Nikolic, la Serbia bussa ancora alla porta dell’Unione europea, che però farà entrare prima prima Croazia e Montenegro. Quanto siete disposti ad aspettare?
La Serbia ha bussato, socchiudendo la porta dell’Ue e armonizzando il suo sistema a metodi europei. Non rinunceremo a questa via, sebbene dolorosa. Aderire a metodi europei serve soprattutto alla Serbia, perché tale sistema è più efficace e sicuro del precedente. Ai nostri vicini auguriamo successo nel percorso europeo, infatti non conta entrare prima, conta la miglior prassi, evitando errori di chi già è nella famiglia dei popoli europei. Abbiamo il forte sostegno di Paesi già nell’Ue, che ci comunicheranno esperienze e rischi. Senza Europa, non ce la faremmo e speriamo che i metodi usati con gli altri valgano anche per noi. Contiamo su una data certa per avviare negoziati a metà 2013, quindi già ora la porta – quella della Serbia, almeno – è spalancata.
Lei ha vinto le elezioni perché il suo predecessore, Boris Tadic, ha detto molti “sì” all’Ue, in cambio di molti “no” e qualche “forse”. Concorda?
Vincere le elezioni quando quasi tutti i media serbi erano controllati dal maggiore partito al governo, è stata quasi una missione impossibile. Sull’atteggiamento del mio predecessore, taccio. Applicheremo ciò che si è fatto finora, anche senza concordare. Negozieremo facendo proposte concrete, a differenza di prima; quando faremo dichiarazioni, le faremo in pubblico e le manterremo. Perciò ho chiesto di portare i negoziati al maggiore livello politico, per non nascondersi dietro ad anonimi funzionari, scansando la responsabilità delle intese. La Serbia può dire mille sì e un solo no: all’indipendenza unilaterale della provincia del Kosovo.
 L’Ue le chiede anche di adeguare il lessico: a Srebrenica non c’è stato un crimine, ma un “genocidio”…
Mi attengo alla definizione giuridica approvata dal Parlamento serbo nella Risoluzione su Srebrenica, che condanna ogni crimine qui commesso. Nel 2010, al dibattito per approvare la Risoluzione, sono stato l’unico deputato a parlare in piedi, per rispetto delle vittime. Ogni crimine va punito, chiunque lo commetta. La Serbia ha estradato tutti i sospetti verso il Tribunale dell’Aia, sebbene allora l’opinione pubblica continuasse ad accusare di violenze solo i serbi, mentre c’erano criminali in ogni parte in conflitto nell’ex-Jugoslavia.
E se la via verso l’Ue comportasse, per la Serbia, riconoscere l’indipendenza del Kosovo?
L’Ue è l’unica via per la Serbia e la Serbia non riconoscerà l’indipendenza del Kosovo. Nulla giustifica l’imporre a un Paese la rinuncia a parte del suo territorio se vuole entrare in una comunità di popoli. Un simile presupposto, diretto contro la Serbia, sarebbe senza precedenti. E poi tale pretesa non ha fondamento nel diritto internazionale e ancor meno nei trattati ratificati dai Paesi dell’Onu sull’inviolabilità dei confini come diritto fondamentale dei Paesi stessi.
La politica degli Stati Uniti verso la Serbia e i suoi vicini è cambiata tra la presidenza di Obama e la precedente?
Vogliamo con loro rapporti di amicizia aperti e sinceri, consapevoli delle pregresse divergenze sui Balcani. Non viviamo nel passato, ma nel presente volto al futuro. Ora la politica serba degli americani è molto costruttiva e amichevole. Quindi spero che essa s’estenda a ogni campo.
Quali Paesi dell’Ue sono più comprensivi con la Serbia?
L’Italia è tradizionalmente amica e partner commerciale. Favoriamo gli investitori italiani, offrendo un ambiente che permetta di lavorare e guadagnare liberamente. Ci interessa che le loro imprese assumano nostra manodopera pagando le nostre imposte.
La Russia ha davvero preso iniziative per la Serbia?
Approvando il credito per il bilancio della Serbia, la Russia ha mostrato reale amicizia per noi. Da anni la Russia ci aiuta a tutelare l’interesse nazionale al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e non permetterà che il Kosovo, parte della Serbia, le sia strappato con la forza.
Imprese e multinazionali italiane hanno fabbriche in Serbia, ma le economie di ambo i Paesi sono malate. E’ solo colpa della crisi mondiale?
Questa definizione è troppo forte, ma gli esiti della crisi pesano sulle economie di ambo i Paesi. Si tagliano le spese, si licenzia, non si investe, ecc.. Ma ridurre le spese riduce la clientela, meno potenziali consumatori significa meno vendite, il gettito fiscale cala, ecc. Lo Stato deve così intervenire perché le società si riprendano, arginando la crisi e favorendo la crescita.
Nell’Adriatico, dove c’era la Triplice Alleanza, ora c’è una Nato “assertiva”, nata nel 1999 dalla guerra alla Serbia. Slovenia e Croazia sono più vicine alla Germania e all’Austria; la Serbia sarà più vicina all’Italia?
Come dicevo, Italia e Serbia son tradizionalmente amiche. Maggior cooperazione – soprattutto in campo energetico, tecnologico, scientifico, culturale, è interesse di entrambi i Paesi: la contiguità la agevola. E la Serbia è apertissima a cooperazioni di reciproco interesse.

Maurizio Cabona

Maurizio Cabona su Barbadillo.it

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