L’intervista. Roberto Giardina racconta “Angela (Merkel) sopra Berlino”

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Friedrich Overbeck, Italia e Germania
BERLINO – Roberto Giardina conferma il legame di certa Sicilia colta – Luigi Pirandello, Giovanni Gentile, Tomasi di Lampedusa, Julius Evola, Filippo Anfuso… – con la Germania. Abita nel quartiere di Charlottenburg, presso il castello, in un appartamento che sfuggì ai bombardieri anglo-americani e ai cannoni russi e che ora ha le pareti coperte da libri e quadri. Qui Giardina ha accolto generazioni di viaggiatori, con lo charme di un ambasciatore (non ufficiale) d’Italia: ma un ambasciatore permanente, come quelli alle Nazioni Unite di una volta, ai tempi delle Guerre fredda. Non è solo un modo dire, visto che Giardina ha conosciuto tanto Willy Brandt, il borgomastro di Berlino diventato cancelliere di una Germania ancora divisa, quanto – da dopo la caduta del Muro – Markus Wolf, spia che non osservava solo le vite degli altri: teneva anche in piedi equilibri di potenza continentali.

Giardina vi può accompagnare tra la ex Prinz-Albrechtstrasse e la Bendlerstrasse, tra l’Adlon e l’ex Ministero dell’aviazione, per ricostruire i giorni dell’Asse che si ergeva e quelli dell’Asse che si spezzava. O condurvi, su una Giulietta coupé coeva di Brand cancelliere, nel Meclemburgo, per conoscere in provincia i resti di una Repubblica Democratica che non era solo un perimetro di muri sbrecciati e reticolati percorsi dall’alta tensione. Attorno a lui ci sono i suoi tanti libri: quelli altrui, da lui pubblicati come direttore editoriale di Rusconi nei primi anni ’80; e quelli da lui scritti, saggi di storia e costume (Biografia del marco, Rusconi; Guida per amare i tedeschi, Rusconi; Complotto reale. L’ascesa dei Coburgo, Bompiani), apparsi anche in tedesco; e romanzi come Il mare dei soldati e delle spose (Bompiani), il più recente, dove torna l’Italia dell’impresa di Libia.

Signor Giardina, Angela Merkel vince le elezioni e resta al potere. In Italia pochi ne gioiscono.

“Sì, ora si dice che la Merkel conquista l´Europa con l´euro, come Hitler voleva fare con i panzer. Gli inglesi, per cui la guerra sembra mai finita, ricordano che la moneta unica europea era un´idea del Führer, che l´avrebbe introdotta in tutti i paesi conquistati. Vero, però era un´idea anche di Napoleone”. Non ci allarghiamo, restiamo alla Merkel.

E’ la Merkel l’erede di Kohl, se non di Hitler?

“La Merkel trionfa, conquista quasi la maggioranza assoluta e pazienza se in Grecia la chiamano die Führerin. Ora può aver mano libera a casa. No, non pensa di ricandidarsi nel 2017 e uguagliare il record del padrino Kohl (16 anni) e si dimostrerà più conciliante verso i peccatori d´Europa. Ma vorrà sempre una contropartita”.

A 70 anni dal settembre 1943 la politica ha sempre le stesse leggi… Lo strappo non s’è ricucito bene Italia e Germania non possono vivere l’una senza l’altra. Ma sono una coppia tormentata.

“La ricorrenza del 1943 è stata ricordata sui giornali tedeschi, ma senza più accuse di tradimento. Erich Kuby scrisse un saggio, Il tradimento tedesco (Rizzoli), per dimostrare che furono gli alleati italiani a essere traditi”.

Quando lei arrivò per la prima volta a lavorare in Germania…

… La guerra era finita da ventiquattro anni, tanti quanti oggi ci separano dalla caduta del muro di Berlino. Eppure la riunificazione mi pare avvenuta ieri, mentre nel 1969 il III Reich mi pareva remoto. Ricordo che mi sorpresi quando un collega italiano mi raccontò d´aver studiato la lingua tedesca nella Berlino nazista. Oggi, se dicessi ai colleghi di aver intervistato Brandt, mi guarderebbero come se avessi cent’anni”.

C’era allora nei tedeschi la fierezza del marco.

“Il mio padrone di casa a Amburgo mi mostrò la piscina che s’era fatto costruire nel seminterrato e che  aveva anche le onde artificiali. Ne era fiero, poi venne preso da un dubbio: ‘E’ costata un sacco di marchi. Pensa che io abbia fatto male?’”.

Il padrone teneva al giudizio dell’inquilino.

“Sì, sebbene potessi essere suo figlio e fossi italiano. Per lui gli anni di privazione del dopoguerra erano troppo vicini”.

Prosegua.

In quegli anni, se discutevo con un tedesco, cadeva sempre la frase ‘Italianer, alleverräter, tutti traditori. Accusavano anche me, che l´8 settembre 1943 non andavo neanche all´asilo, sempre che ce ne fosse uno nella mia Palermo bombardata”

Il popolo tedesco ha una forte moralità. Se cambia idea, è per averci ragionato.

“Hanno dedotto che, se Hitler era il male, gli italiani bene han fatto a tradirlo, avrebbero dovuto farlo anche i suoi seguaci tedeschi e austriaci”.

Un mutamento accaduto anche perché le generazioni adulte negli anni ’30 e ’40 sono estinte.

“Come da noi, anche i giovani tedeschi non leggono molto i libri di storia. Ma, se li leggono, ne traggono conclusioni. Il discorso su chi avesse ragione e chi torto è chiuso. Nelle rievocazioni italiane, invece, qualcuno continua ad avere dei dubbi”.

Ne aveva anche Indro Montanelli, che stroncò il saggio di Kuby. Ma restiamo in Germania.

“I connazionali di FrauAngela (nata nel 1954) hanno cambiato idea sugli italiani. Noi invece, quando ci arrabbiamo per lo spread, li insultiamo. Tedeschi? Nazisti. Sempre nazisti: ieri ci volevano conquistare con i panzer, oggi con l´euro. Alla moneta unica in Europa ci aveva pensato non a caso già il Führer”.

In effetti con l’euro la Germania ha un’altra occasione per l’egemonia continentale.

“Se ne sono dette tante collegando guerra e euro. Per esempio: ‘Se la Germania di Frau Angela risarcisse i danni provocati alla Grecia dai nazisti, i conti greci andrebbero a posto’. Ma la Germania ha già risarcito la Grecia”.

Dove, quando e per quanto? In Italia quasi nessuno lo sa.

“In un congresso nel febbraio 1953 a Londra, al quale parteciparono 63 paesi, tra cui la Grecia, si decise che la Repubblica Federale pagasse solo il 5% dei danni. E così fu. Ma allora la Germania Ovest era vista come baluardo contro il blocco comunista”.

Agli albori dell’Alleanza atlantica si chiusero alla meglio le ferite della guerra. Con la Grecia se ne giovò anche l’Italia.

“Infatti: se dovessero pagare il resto i tedeschi, non dovremmo pagare anche noi, che li chiamammo in aiuto per ‘spezzare le reni alla Grecia’”?

L’influenza tedesca sull’Italia in ambito Nato si avvertiva già dagli anni Sessanta. Aldo Moro e Giulio Andreotti la pativano…

“I tedeschi ricordano la bella battuta di Andreotti: ‘Amo tanto la Germania che preferisco averne due’. Non ce l’hanno perdonata. In un momento difficile della loro storia si sentirono traditi”.

Dunque, se non li abbiamo traditi nel 1943, li abbiamo traditi nel 1989. E poi c’è stata l’ondata di ridicolo…

“… con Berlusconi, figura inaccettabile in Germania anche dagli ultraconservatori tedeschi, dai cristiano-sociali bavaresi. Su Die Welt, quotidiano del Gruppo Springer, certo non di sinistra, apparve una foto di Berlusconi in viaggio ufficiale a Berlino: pareva un pianista di piano bar romeno degli anni ’50. Tra tedesco, spagnolo e italiano, il titolo diceva: ‘Arriva el Cafone’”.

Ma il discredito nazionale precedeva quello berlusconiano. I tedeschi ci guardavano come il popolo che dal Mercato comune aveva preso di più e gli aveva dato di meno.

“Nell´estate 1974 eravamo in crisi. Io ero corrispondente da Amburgo. Mi giunse una soffiata: la Germania ci avrebbe aiutato a cinque condizioni, tra cui la scelta del sistema tv a colori Pal e la liberazione di Kappler, condannato all’ergastolo per aver fucilato cinque ostaggi di troppo alle Fosse ardeatine nel marzo 1944. Tutto si rivelò vero, ma i governi quasi mai amano le verità”

Continui.

Il Giorno pubblicò la notizia su tutta la prima pagina e immediatamente venni smentito da Roma e Bonn. Poi arrivò in visita a Bonn il governatore della Banca d´Italia, Guido Carli. I colleghi corrispondenti erano quasi tutti in vacanza. Carli, che mi conosceva da quando ero studente, mi prese da parte dicendo: ‘Lasci stare, il prestito ci sarà e verrà garantito dall’oro’”.

Tutto risolto, allora?

“No. Scrissi ciò che mi diceva Carli e mi smentirono ancora. Pensai di essere stato manipolato. Poi Schmidt incontrò Rumor a Bellagio per tutta la giornata e a tarda sera venne la conferma: prestito contro oro”.

E l’oro di Fort Knox col cartellino “Italy” passò in gran parte col cartellino “Germany”.

“Dopo scegliemmo il Pal, contro il Secam. E infine Kappler fu lasciato fuggire. Era ormai l’agosto 1977”.

L’oro italiano diventò tedesco, ma tornò italiano. L’oro tedesco di oggi, invece, che fine ha fatto? Gli americani nemmeno lo mostrano ai tedeschi.

“Se lo chiedono anche loro. Sembra che non sia più dove dovrebbe essere, negli Usa, dove era stato traslocato durante la guerra fredda, in attesa dell´attacco degli altri tedeschi, quelli della Ddr, e dell´Armata Rossa, forte di mezzo milione di uomini stanziati intorno a Berlino. In tre giorni, si diceva, sarebbero arrivati alla Manica…”.

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Maurizio Cabona

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