Accanto ai richiami identitari (l’incontro sul Fronte della Gioventù o sul caso Marò) Atreju ha unito un altro registro di priorità, dal lavoro alla famiglia fino alle politiche industriali, cercando di rendere più appetibile l’offerta di proposte economiche che è stata in passato (e resta) il tallone d’Achille della destra, spesso incapace di codificare le necessarie distinzioni rispetto all’area liberal-liberista.
Il senso di “Officina Italia”? Nella fase due del “Centrodestra nazionale” c’è un orizzonte di allargamento che potrebbe rimettere in moto l’intera fronte costituito da Fdi, Lega e Pdl (Forza Italia): pur rimarcando le dissonanze dal partito berlusconiano, il tentativo della Meloni è rivolto a riavvicinare alla politica i tanti delusi dalla destra di governo, restituendo motivazioni al popolo che ha scelto o l’astensione o addirittura per disperazione il voto per la lista di Beppe Grillo. Dal numero e dalle adesioni ad “Officina Italia”, che celebrerà una kermesse costitutiva ad ottobre, si misurerà in maniera tangibile la capacità attrattiva di questo progetto. Lo scoglio del 4% alle Europee è ostacolo non trascurabile.
In conclusione, grazie ad Atreju, l’agenda politica degli ultimi giorni ha trovato altri temi oltre le vicende della giunta per l’elezione del Senato e oltre il duello falchi/colombe nel Pd e nel Pdl: il valore di questo appuntamento di settembre – stante l’incertezza sul futuro del governo Letta – potrebbe essere infatti amplificato se innescasse nelle prossime settimane un positivo cortocircuito di idee per rimettere in moto l’intera coalizione di centrodestra, animando un confronto su programmi, uomini e prospettive (le primarie richieste anche da Tosi). Al tempo del grigio governo della “strana maggioranza”, tutto questo non è poco.
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