Valle: “In Francia forte crisi economica e sociale. E la Le Pen cresce ancora”

Lo scrittore e analista geopolitico offre una lettura sulle relazioni tra Parigi e Roma e sul rapporto tra società transalpina e lepenisti

Marco Valle

Marco Valle, intellettuale e scrittore nonché analista geopolitico (nelle prossime settimane in libreria con “Viaggiatori straordinari” per NeriPozza), l’appuntamento delle europee sarà determinante per gli equilibri della politica transalpina. Quali i temi a cui i media politici dedicano maggiore attenzione in Francia?

“La Francia è un paese profondamente malato e le cause sono molteplici. In primis, il problema del debito pubblico passato dal 20% del Pil nel 1980, al 58% nel 2000, all’85% nel 2010 e al 111,8% nel 2022. Nel primo semestre del 2023 il debito è stato quantificato in 350 miliardi di euro, ossia 44.850 euro per ogni francese. In compenso aumentano le tasse a scapito dei servizi pubblici, dell’istruzione, della sanità, della sicurezza e di conseguenza aumenta. Da qui la necessità di riforme strutturali che però Macron — dopo il fenomeno dei “gilets jaunes” e le violente proteste contro la revisione delle pensioni  — non ha il coraggio o la forza di imporre”.

Il rilievo internazionale dell’Eliseo non è nel momento di maggiore splendore. 

“La crisi economica e finanziaria s’intreccia a sua volta con il brusco ridimensionamento internazionale di Parigi: la ritirata dall’Africa subsahariana — la FranceAfrique di gaulliana memoria—, le tensioni con Marocco, Algeria e Tunisia, l’evaporarsi dell’influenza francese in Medio Oriente — il caso Libano è emblematico — si sommano alla subalternità ai voleri di Washington nello scontro con Mosca. Il presidente è stato costretto a rimangiarsi le precedenti critiche alla Nato —da lui definita un’organizzazione “inutile, in coma profondo”—, e a rinunciare ad un ruolo di mediatore per marciare verso Est sotto gli ordini di Biden”.

E le periferie francesi sono sempre più in ebollizione…

“Sullo sfondo c’è, come confermano la rivolta delle banlieus lo scorso giugno e i recenti omicidi ad Arras, Crèpol e Parigi, il totale fallimento dell’integrazione. Una politica più che quarantennale, inaugurata agli inizi degli anni Settanta da Pompidou e poi proseguita e sviluppata dai governi d’ogni colore che si sono, via via, succeduti. Il calcolo era semplice e apparentemente fruttuoso. Importare dall’Africa ex francese mano d’opera a basso costo per le industrie esagonali, centinaia di migliaia e poi milioni di sradicati; una massa apparentemente gestibile da rinchiudere, nel segno dell’”assimilazione repubblicana”, nelle desolate periferie delle zone industriali.

Una bomba ad orologeria. Nel 1976 la prima legge di ricongiungimento familiare spalancava porte e finestre all’immigrazione legale e incoraggiava quella illegale. Nel 1978 il Consiglio di Stato allargò ulteriormente le maglie con norme ancora più lassiste e da allora i controlli si sono man mano evaporati. Nel 2018, Macron regnante, la Corte Costituzionale depenalizzava definitivamente l’immigrazione clandestina. Risultato? Una società parallela e ostile, ghettizzata nelle aree più critiche e degradate del Paese, intrisa di rancori sociali ed etnici, suggestioni fondamentaliste e sempre più pervasa e gestita — come conferma il rapporto annuale presentato dal “Service d’information, reinsegnement et d’analyse stratégique sur le criminalitè organisée” (Sirasco) — da narcos algerini, dalla “mocro mafia” marocchina (ma impiantata in Olanda e Belgio), da mafiosi nostrani, balcanici d’ogni tipo, cinesi, sud americani, russi e ucraini. Uno scenario in continuo movimento ritmato da rivalità feroci e continue sanguinose faide costate l’anno scorso 41 morti, di cui un terzo giovanissimi. Un magma incandescente che puntualmente zampilla odio e violenza”.

Come vanno prese le fibrillazioni tra Eliseo e la Meloni?

Macron vs Marine Le Pen

“Dietro le ripetute intemerate di Parigi contro il governo Meloni vi sono più ragioni. Innanzitutto l’urgenza da parte dell’esecutivo Macron di spostare, almeno per un attimo, l’attenzione mediatica dal pesante scontro sociale (ed etnico) attualmente in atto. Poi, come si è visto a maggio scorso con le polemiche scatenate dal ministro degli Interni Gèrald Darminin sulla Meloni paragonata a Marine Le Pen, vi è l’ansia crescente di ciò che resta del “fronte repubblicano” per la continua ascesa nei sondaggi del Rassemblement National. 

In prospettiva, oltre alle prossime elezioni europee, ci sono le presidenziali del 2027 a cui Macron non potrà partecipare, la crisi del suo partito personale, “Reinaissance”, e l’agonia acclarata dei post-gollisti e dei socialisti.  Per gli analisti lo scenario che si delinea è uno scontro all’ultimo voto, e dall’esito imprevedibile, tra la sinistra ultrà di Nupes e France insoumise e il partito lepenista. Per la nomenklatura francese, quello “stato profondo” che da sempre regge e decide le sorti della repubblica, una catastrofe  annunciata. Da qui gli isterismi sui media e nel governo”.

La dediabolizzazione degli ex Fn: l’evoluzione – che passa anche dal voto per l’Ue – può spianare la strada ad una piena legittimazione del voto di un francese su quattro?

Marine Le Pen a una manifestazione con il capolista Bardella

“Approfittando della parabola discendente della presidenza Macron, il Rassemblement national di Marine Le Pen continua a crescere. Lo conferma il nuovo studio di Ifos Fiducial che fotografa con precisione l’elettorato transalpino. Dai risultati del sondaggio molti i dati interessanti o, persino, inattesi. Ad esempio, il 42% dei francesi ammette d’aver votato almeno una volta per la bionda signora (erano il 35% nel 2021 e il 30% nel 2017); le fasce più deboli sono le più rappresentate (57%) e il 27% del totale degli elettori arriva dalla sinistra massimalista di Mèlenchon. Le ragioni del consenso sono fortemente protestatarie, tra tutte la malagiustizia (92%) e la paura dell’immigrazione islamista (86%); al tempo stesso l’86% degli interpellati l’86% si dichiara convintamente democratico e il 74% è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Un quadro composito e decisamente pluralista che premia il decennale sforzo di Marine per de-demonizzare la sua creatura politica. Non a caso sono sensibilmente diminuiti (dal 68% del 2017 al 58 attuale) i francesi ancora convinti che l’Rn sia un partito razzista pericoloso per la democrazia e addirittura il 47% del vasto campione analizzato si dice convinto che il movimento abbia le capacità per governare il Paese”.

Come si possono interpretare questi sondaggi d’opinione?  

“Sono dati certamente confortanti per i destristi d’oltralpe che si preparano con nuovo entusiasmo alle prossime elezioni europee. L’obiettivo dichiarato è migliorare l’ottimo risultato del 2019 (23,31% con 22 seggi) ribadendo la primazia dei lepenisti sulla scena politica nazionale”.

@barbadilloit

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