Storie di#Calcio. Montenegro, il Lecce e i ricordi dell’esperienza giallorossa

Con Fortunato Loddi costituì una formidabile coppia d’attacco: divennero i “gemelli del goal” in uno dei momenti più belli del calcio leccese

Gaetano Montenegro

Gaetano Montenegro, nato a Potenza nel 1947, centravanti di razza proveniente dalla cosiddetta gavetta, è assurto agli onori della cronaca calcistica a metà negli anni Settanta divenendo protagonista, con la maglia giallorossa del Lecce, di grandi imprese che hanno lasciato un ricordo indelebile. Con Fortunato Loddi costituì una formidabile coppia d’attacco: divennero i “gemelli del goal” in uno dei momenti più belli del calcio leccese.
Gaetano approdasti al Lecce nel 1974. Come avvenne il tuo trasferimento in maglia giallorossa?
“Sicuramente mi volle al Lecce il tecnico, Nicola Chiricallo, il quale mi aveva adocchiato già quando allenava la Juve Stabia ed io giocavo nel Crotone. Proprio con il Crotone, nel Campionato di Serie C 1973-74, realizzai una tripletta a Castellamare, contro la Juve Stabia”.
Come fu l’impatto con Lecce?
“All’epoca il Lecce non aveva un vasto seguito, i tifosi erano più o meno duemila. Quando cominciarono ad arrivare i risultati, il Salento giallorosso si riversò in massa a seguire il Lecce”.
Che allenatore era Chiricallo?
“Ottimo allenatore. Con lui si lavorava serenamente, tranquillamente”.
Quando giungesti a Lecce, avesti modo di giocare con tanti baresi, la maggior parte dei quali, ad eccezione di Michele Lorusso, avevano vestito la maglia biancorossa del Bari. Ebbero modo di raccontarti qualcosa di particolare del Bari?
“Chiricallo, l’allenatore, Michele Lorusso, Pasquale Loseto, Nicola Loprieno, Angelo Carella, per quanto si impegnassero a fondo con il Lecce, parlavano continuamente bene del Bari, erano molto attaccati al Bari. Si informavano dei risultati dei biancorossi. A volte, il parlare continuamente di qualcuno potrebbe nascondere risentimenti o polemiche ma, nel caso dei baresi che giocavano con il Lecce, non era così”.
Teniamo conto che un antico detto afferma che, “quando si odia, in realtà “si ama ancora”.
“Bravo, hai capito. Però, nel caso dei baresi in maglia giallorossa era un continuo parlar bene del Bari. Pensa che, qualche tempo fa ho incontrato il figlio di Chiricallo, Marcello, anch’egli allenatore divenuto in seguito direttore sportivo; anche lui, un continuo parlare bene del Bari”.
Michele Lorusso, autentico mastino della difesa, Bandiera del Lecce per tredici anni a partire dal 1970, scomparso tragicamente con Ciro Pezzella nel 1983 in un incidente stradale, quando affrontava il Bari dava veramente l’anima.
“Michele era un ragazzo straordinario, molto generoso, dal cuore d’oro. Ha sempre dato l’anima in campo, indipendentemente dall’avversario che aveva di fronte. Conosceva i trucchi del mestiere e sapeva pungere gli avversari. Alle volte, quando incontrava avversari di un certo peso, usava la crema sifcamina, adoperata dai calciatori per scaldare i muscoli, per cospargerla con le sue mani, durante la partita, sul volto di chi fronteggiava al fine di procurargli una irritazione comunque passeggera”.
Nel Campionato di C 1974-75 divenisti capocannoniere della squadra con 10 reti; la Serie B venne guadagnata dal Catania con un punto in più sul Bari.
“Guidati da Chiricallo disputammo un bel campionato piazzandoci al terzo posto Memorabile l’imbattibilità del nostro portiere, Tarabocchia, che per 1791 minuti riuscì a tenere inviolata la porta del Lecce. L’imbattibilità venne meno nel febbraio 1975 quando ci recammo a Barletta, città dove era nato mio padre. Andammo sotto di due reti, ma riuscimmo a riportare in parità il risultato con un mio goal al 90°. Si scatenò il finimondo con incidenti ed invasione di campo da parte di alcuni tifosi del Barletta. Il giudice sportivo dette la vittoria a tavolino per 2-0 al Lecce e l’imbattibilità di Tarabocchia fu salva; anzi, si prolungò per altre giornate fino a Benevento dove capitolammo per ben due volte, venendo sconfitti. Oltre che essere una persona perbene, Tarabocchia, scomparso qualche anno fa, fu un grande portiere. Restò con noi un solo anno”.
L’anno successivo venne ceduto al Bari, in C, ma con scarsi risultati tant’è che non finì neanche il campionato venendo ceduto immediatamente.  Ci sono annate e annate. Passiamo al Campionato di C 1975-76, con il barese Chiricallo sempre alla guida del Lecce.
“Non partimmo con il piede giusto ed i risultati iniziali, essendo deludenti, provocarono l’esonero dell’allenatore al cui posto venne chiamato Mimmo Renna”.
Ci descrivi Renna?
“Ottimo allenatore dal punto di vista umano e dal punto di vista tecnico. Sapeva trattare, ascoltare, parlare con noi giocatori. Era tenace, non accettava condizionamenti esterni nella conduzione della squadra”.
Quel Campionato sembrava che dovesse risolversi fra Bari e Sorrento invece, se la dovettero vedere Benevento e Lecce. I derby fra Bari e Lecce hanno sempre avuto una forte carica emotiva. Ricordiamo quanto avvenne a Bari nella partita di ritorno, il 29 febbraio 1976. Fu il Bari ad aggiudicarsi il derby per 2-0 con un goal per tempo di Bergamo (porta curva sud anche se, all’epoca, il della Vittoria non era ancora diviso in settori) e Sciannimanico (porta curva nord).Venne contestato il primo goal del Bari perché, a detta del portiere giallorosso, Di Carlo (in sgargiante maglia verde), la palla, colpita la traversa interna, non era entrata in rete. Il portiere del Lecce protestò vibratamente perfino quando l’arbitro Agnolin mandò le squadre negli spogliatoi, al termine del primo tempo.
“Non ero nelle vicinanze dell’azione, quindi non posso dire se la palla entrò o no in porta, Sì, ricordo…Di Carlo, lo dovemmo calmare. Negli spogliatoi cercammo di fargli capire che nel calcio certe cose potevano accadere alle volte a favore, alle volte contro. Faticammo a calmarlo visto che era agitato ma, alla fine, si rasserenò”.
Vogliamo parlare dei “gemelli del goal” del Lecce, che cominciarono ad affermarsi, a suon di reti, proprio da quel torneo?
“Parliamo di me e di Fortunato Loddi. Fortunato era di scuola laziale, ma non riuscì a giocare in A con i biancocelesti. Nel 1975-76 giunse al Lecce e, con lui in attacco, formammo una coppia formidabile. Fortunato essendo possente attirava su di sé gli avversari portandoli fuori area e, in tal modo, permetteva i miei inserimenti in fase realizzativa”.
Le ultime giornate furono tese. Proprio alla terzultima, con Benevento e Lecce in testa, a pari merito, avvenne la svolta. Il 23 maggio 1976 il Lecce raggiunse da solo la testa della classifica sconfiggendo in casa, 2-0 il Siracusa; il Bari fece un grande favore ai cugini giallorossi piegando 3-0, al della Vittoria, il Benevento.
Classifica finale: Lecce 55; Benevento 53; Bari 50; Sorrento 49. Lecce promosso in B, per Renna, per voi tutti, per la città, un autentico trionfo.
“Fu un campionato esaltante che meritammo di vincere. E dire che non eravamo partiti con il piede giusto… Io e Loddi realizzammo complessivamente 35 goal: con 21 reti divenni capocannoniere del torneo; Fortunato mise a segno 14 goal. I trionfi del Lecce continuarono con la vittoria della Coppa Italia Semiprofessionisti 1975-76. Battemmo in finale il Monza con un goal di Loddi. Rimane avvincente lo scontro agli ottavi con il Sorrento. All’andata perdemmo 2-0 in Campania, al ritorno capovolgemmo il risultato vincendo in casa 3-0 anche con una mia doppietta. La rete decisiva la realizzai nei supplementari. In quella Coppa Italia misi a segno 16 reti”.
A proposito, ricordo che il Sorrento – nei sedicesimi aveva eliminato il Bari – annoverava un centravanti molto forte dal dribbling stretto, al quale era difficile toglier palla: il leccese Fernando Scarpa.
“Fernando aveva i piedi simili a due racchette da tennis, cioè due piedi veramente buoni, peccato che non sempre aveva la testa sulle spalle”.
Che Lecce venne costruito per la Serie B 1976-77?
“Vi furono nuovi arrivi come il portiere Nardin, Sartori che aveva avuto dei trascorsi addirittura nel Manchester United”.
Il centrocampista dai capelli rossi.
“Sì. Fu una squadra ben costruita per disputare un torneo molto difficile”.
Quel Lecce di Renna, realizzò altre imprese sensazionali.
“Nel primo turno di Coppa Italia 1976-77, classificandosi al primo posto del girone, fu capace di eliminare, battendolo 2-1 in casa il 5 settembre 1976, il Torino Campione d’Italia di Gigi Radice: reti dei gemelli del goal Loddi e Montenegro che surclassarono i quotatissimi gemelli del goal granata, Pulici e Graziani. Fu un risultato eccezionale anche perché sconfiggemmo ed eliminammo il Torino Campione d’Italia. Inoltre, fu emozionante incontrare il mio amico Ciccio Graziani con il quale avevo giocato nell’Arezzo, in Serie B, nella stagione 1970-71”.
Paradossale fu il secondo turno: veniste sconfitti dal Vicenza nelle sfide di andata e ritorno, ma usciste imbattuti con Inter e Juventus. A Torino, contro la Juve finì 1-1 con un tuo goal – quello del vantaggio – su rigore pareggiato dai bianconeri, autorete di Lorusso. Che effetto ti fece realizzare un goal al comunale di Torino, olimpo del Calcio?
“Un’emozione indescrivibile, un momento indimenticabile”.
Per realizzare un rigore cos’è importante? Inoltre, un penalty sbagliato è colpa di chi lo calcia o è merito del portiere che lo neutralizza?
“Ci sono due modi per realizzare un penalty. Se il rigorista è lucido può tentare di spiazzare il portiere. Se, invece, il rigorista è stanco, poco lucido, può tentare di angolare il tiro.
Quanto al rigore sbagliato non si possono addebitare colpe o meriti a senso unico in quanto, nel penalty, si fronteggiano il rigorista ed il portiere. Un portiere che para un rigore ben calciato ha dei meriti; il rigorista che realizza un rigore tirato lucidamente è bravo”.
Fra i tanti goal realizzati qual è stato il più bello?
“La realizzazione di un goal comporta soddisfazioni ed emozioni non solo per chi segna, ma anche per il pubblico che soffre con e per la propria squadra. Di goal ne ho realizzati tanti. A mio parere tutti i goal sono belli anche quando devi spingere in rete una palla che danza sulla linea di porta, prima di essere spinta in rete, il classico goal a porta vuota”.
Come andò la B 1976-77?
“Disputammo un buon campionato classificandoci al settimo posto, ma potevamo fare di più. Realizzai 13 reti”.
La leggenda vittoriosa del Lecce di Mimmo Renna proseguì in quell’annata con l’aggiudicazione di un altro trofeo.
“Vincemmo la Coppa Italo-Inglese Semiprofessionisti, torneo che vedeva contrapporsi la vincitrice di Coppa Italia di Serie C ed una squadra inglese.
Affrontammo lo Scardborough venendo sconfitti all’andata 1-0, in Inghilterra. Al ritorno, a Lecce avemmo la meglio sugli inglesi per 4-0, ma il tutto si risolse nei tempi supplementari grazie ad una mia tripletta”.
Annata 1977-78: venisti confermato al Lecce, ma fu Renna a dover fare le valigie verso Ascoli dove ebbe modo di scrivere un’altra memorabile pagina di Storia calcistica. Perché Renna andò via?
“Da quanto intuii ebbe dei contrasti con direttore sportivo, Mimmo Cataldo. Renna non era persona che si faceva condizionare nel suo lavoro”.
Il presidente Franco Jurlano non intervenne?
“Jurlano prima che essere presidente era tifoso del Lecce, era il primo tifoso. E lo era dapprima che diventasse presidente. Comunque si è sempre schierato dalla parte di Cataldo”.
E del successore di Renna, Lamberto Giorgis, cosa puoi dire?
“Era un tipo freddo, che prendeva ordini da Cataldo”.
Quando Renna venne da avversario a Lecce, con il mitico Ascoli che nel Campionato 1977-78 conquistò la A, come venne accolto?
“Venne accolto bene. Renna è rimasto nel cuore dei leccesi; lo è ancora oggi anche se non c’è più”.
Nel 1978 cambi maglia.
“Venni ceduto al Palermo da Cataldo, che mi informò all’ultimo momento. Mi dispiacque tanto lasciare Lecce, ero affezionatissimo alla squadra, alla città. Si apriva per me un altro grosso problema: la paura di prendere l’aereo”.
Paura, proprio come Lorusso e Pezzella che, per evitare l’aereo persero la vita in un incidente d’auto, nel dicembre 1983. All’epoca eri allenatore, ma ricordi la tragedia consumatasi a Mola, in provincia di Bari?
“Un dramma senza fine. Avendo paura dell’aereo Michele e Ciro si mossero in macchina da Lecce verso Bari in modo da raggiungere, in treno, la Lombardia dove, a Varese, era in programma la sfida domenicale”.
Una lapide con foto fu posta sul luogo della tragedia, a perenne ricordo di due ottimi calciatori tragicamente scomparsi: Michele Lorusso e Ciro Pezzella.
La riuscisti a vincere la paura dell’aereo?
“Si, ci riuscii”.
Chi è stato l’avversario che ti ha dato più filo da torcere?
“Albano del Sorrento. Era un difensore duro, che non faceva giocare l’avversario seguendolo dappertutto. Era abbastanza corretto”.
Dopo aver segnato un goal, in che modo esultavi?
“Rimanevo nella posizione da cui avevo fatto goal alzando le mani al cielo. Quando giocai a Palermo con Chimenti, eravamo coppia d’attacco, se Vito realizzava un goal, quando esultava, lo si doveva inseguire per il tutto il campo”.
Chi è stato il migliore allenatore che hai avuto?
“Chiricallo e Renna”.
Un collega al quale sei rimasto particolarmente legato.
“Ruggero Cannito, barlettano, un ragazzo eccezionale fuori e dentro il campo”.
Da allenatore hai allento varie squadre per lo più della tua terra lucana? Cosa ricordi di quella esperienza?
“Allenai la Edil Potenza portandola dalla 1^ Categoria alla Serie D.
Ricordo, inoltre, il periodo al NUS Avigliano dove, nel Campionato di IV Serie 1992-93, ci piazzammo al quinto posto. Erano tutti ragazzi della provincia di Potenza, ad eccezione di Mattei, nativo di Ferrandina, unico della provincia di Matera. Si accontentavano di 250 mila lire al mese”.
Cosa ne pensi del calcio di oggi?
“Lo seguo, ma non mi ci riconosco. Mi sarebbe piaciuto nascere in questa epoca per fare, da calciatore, con meno sacrifici, la vita dei giocatori di oggi. All’epoca in cui ho giocato i contratti erano nella maggior parte dei casi annuali, si guadagnava qualcosa in più grazie all’ingaggio ed ai premi partita”.
Per chi tifi oggi?
“Lecce. A Lecce sono rimasto affezionatissimo, ho tanti ricordi che mi porto nel cuore. Mi auguro di vedere il Lecce sempre in serie A. Inoltre auguro la Serie A al Bari in modo da potere vedere, nella massima serie, tanti derby Lecce-Bari!”.

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Michele Salomone

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