Giornale di Bordo.La favola delle anatre e dei piccioni o i misfatti dell’assistenzialismo

Non riesco a resistere alla tentazione di cogliere un’analogia fra i miei patetici tentativi di alimentare le anatre e gli insuccessi del nostro sistema assistenziale

Pane alle anatre

Uno degli aspetti del mio amore per le bestie, che poi è un pendant del mio disamore per gli uomini, è l’abitudine di portare cibo agli animali, in particolare alle anatre che popolano molti corsi d’acqua minori della Toscana (meno l’Arno, pare per le razzie dei “pesci siluro”, infelicemente importati dall’Europa dell’Est). In realtà, anche da giovane condividevo questo passatempo, ma col pensionamento e una maggiore disponibilità di tempo libero quello che era un divertimento occasionale è divenuto una senile consuetudine. Mi consolo pensando che un altro pensionato, il Kaiser Guglielmo II, pensionato non dall’Inpdap ma dalla storia, aveva l’abitudine di dare da mangiare alle anatre durante il suo soggiorno nel palazzo di Doorn, in quell’Olanda che gli aveva dato generosamente asilo evitandogli una pre-Norimberga. (Ritraggo l’informazione da alcuni fotogrammi del bel film di David Leveaux “l’Amore oltre la guerra”).

Dare da mangiare alle anatre, che per me è anche il pretesto per una salutare passeggiata veloce mattutina, non è tuttavia così semplice come sembra. Pare infatti che il pane, specie d’estate, sia nocivo ai palmipedi, in particolare ai cigni, mentre l’alimentazione migliore sarebbe a base di verdura o di granturco. Munito delle migliori buone intenzioni, mi sono procurato alcuni chili di mais e ho provato a distribuirlo, però con pessimi risultati.

La maggior parte dei chicchi, infatti, viene rubata alle anatre dai piccioni,  portatori tra l’altro di malattie contagiose, che ormai hanno colonizzato buona parte dei parchi e dei corsi d’acqua.  Ricorro spesso all’accorgimento di gettare il granturco nel fiume, vicino alla riva, dove i piccioni non arrivano, ma non sempre con successo. In sostanza, per dare un chilo di mais alle anatre devo procurarne almeno il doppio agli scrocconi.

Non mi sento né un Esopo né un La Fontaine, ma non riesco a resistere alla tentazione di cogliere un’analogia fra i miei patetici tentativi di alimentare le anatre e gli insuccessi del nostro sistema assistenziale. Per dare un euro a chi ne avrebbe realmente diritto e bisogno, siamo costretti a dissiparne almeno il triplo per alimentare un esercito di falsi invalidi, falsi profughi, disoccupati che non hanno nessuna voglia di cercarsi un’occupazione, professionisti del reddito di cittadinanza favoriti da patronati senza scrupoli. E ovviamente questa dispersione danneggia i veri poveri, specie se italiani.

Io, per risolvere il problema, ho fatto una scelta: invece del granturco d’ora in poi porterò alle anatre l’insalata, che gradiscono di più e che fa altrettanto bene, specie nei mesi estivi. Come risolverà il problema il governo italiano, non oso domandarmelo, anche perché, una volta instillata l’abitudine a vivere di sussidi e di ristori, è estremamente difficile toglierla.

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Enrico Nistri

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