La “cappa” del conformismo e la riscoperta della Natura per Veneziani

Il commento dell'ecologista Sandro Marano al saggio dello scrittore pugliese che contesta il pensiero unico del nostro tempo

La Cappa l’ultimo libro d Marcello Veneziani per Marsilio

Nel suo ultimo libro La cappa  (Marsilio, 2022, pp. 204)  Marcello Veneziani  dedica ai temi ambientali il primo capitolo intitolandolo significativamente “L’offensiva mondiale contro la natura”. È senz’altro utile soffermarsi sulle sue tesi aggiungendo qualche nostra rapidissima annotazione. 

In primo luogo egli distingue tra ambiente – che è un termine neutro,  asettico, che può indicare tanto un bosco quanto un capannone industriale – e Natura e si chiede perché nel dibattito odierno si preferisca il primo termine al secondo. La Natura, egli sottolinea, «è il mondo originario che precede la volontà, la libertà e i desideri […] è la realtà che noi non abbiamo creato ma che abbiamo trovato […] comprende con il pianeta tutti i suoi abitanti, compresi noi umani».

La natura, a ben guardare, include necessariamente le differenze, a partire da quella tra maschile e femminile a finire a quelle dei popoli legati alla propria terra e che fondano le varie civiltà. 

L’autore trova la ragione principale di questo occultamento del termine Natura  nell’ideologia tecnocratica e transumanista, che si sta imponendo nella nostra civiltà, e che vuole non cittadini, padri e madri, ma consumatori indifferenziati. Nel transumanismo, per il quale l’uomo «è ciò che vuole essere e non ciò che la Natura ha fatto in origine», la libertà viene intesa come liberazione dalla natura piuttosto che come realizzazione di sé secondo natura. E cita, tra i tanti esempi di questa ideologia, il “diritto” di cambiare sesso, l’utero in affitto, la fecondazione artificiale, il rapporto con il luogo di nascita ritenuto casuale e insignificante.

Parlare di Natura anziché di ambiente significa fare appello alla realtà piuttosto che trasformare i nostri desideri in diritti: «Nella Natura è in gioco la difesa della realtà, dei nostri limiti, delle imperfezioni umane, rifiutando ogni delirio di onnipotenza».

Non si può non concordare con Veneziani: non è logicamente ed eticamente corretto difendere l’integrità di un frutto dalle manipolazioni ogm e chiudere invece un occhio sulla manipolazione in corso dell’uomo.

In secondo luogo Veneziani osserva come spesso le marce planetarie contro l’inquinamento o il cambiamento climatico siano inconcludenti: «il nesso che c’è tra gli scioperi studenteschi e il clima da salvare è lo stesso che può esserci tra […] una processione e le epidemie […]. Certo è meglio che i ragazzi si occupino del clima piuttosto che sempre e solo del proprio smartphone e del proprio ego e si mobilitino per salvare il pianeta anziché rovinarsi la vita con le proprie mani […] ma quanti di loro alzano gli occhi dal display per vedere il mondo, la Natura qual è realmente? .[..] Quanti di loro, magari a causa degli adulti, vivono in un altro pianeta, scollegati dalla storia, dalle altre generazioni, dal passato e dal futuro, da ogni legame comunitario e da ogni apertura al cielo? […] Magari fosse così facile e allegro risolvere i problemi del mondo con una bella manifestazione di piazza, evitando le lezioni; una marcia due slogan tre striscioni e la coscienza globale è a posto».

E qui Veneziani critica il fenomeno Greta, sulla cui buona fede ha più che un dubbio, dal momento che inveisce contro i potenti da cui però viene ricevuta nei massimi consessi e in ogni caso non esporta le sue proteste nei paesi che più inquinano come la Cina. 

A questo proposito ci limitiamo ad osservare che non possiamo sapere con certezza se, come sostiene Veneziani, «la macchina globale che ha lanciato il marchio Greta nel mondo è la stessa che veicola modelli e valori fondati sullo sradicamento planetario, sulla libertà come desiderio illimitato e istiga a rimuovere i legami familiari, naturali e territoriali e sfondare ogni confine». Francamente a noi fanno simpatia questi giovani che si interessano delle sorti del pianeta. E tuttavia sarebbe interessante verificare sociologicamente tra i giovani manifestanti la loro adesione a questa ideologia transumanista e progressista,  di cui è un perfetto esempio la cantante Elodie che sposa tutte le battaglie per i cosiddetti diritti civili con insopportabile arroganza e superficialità. 

È questa, a ben guardare, anche l’incongruenza dei partiti Verdi, che hanno nei loro programmi la salvaguardia degli ambienti naturali e la lotta contro l’inquinamento e poi si schierano con la sinistra progressista in tema di diritti civili e di immigrazione, non accorgendosi che questi temi sono funzionali a quella ideologia transumanista – denunciata da Veneziani – che sovverte proprio l’ordine naturale e  «sancisce che l’uomo non è ciò che la Natura ha generato tramite i genitori ma ciò che ciascuno vuole essere».

 

In terzo luogo, Veneziani osserva che i pericoli che corre l’umanità non dipendono tutti dal clima o dall’ambiente (ci sono ad esempio le epidemie o il rischio di una guerra nucleare) e mette molto opportunamente in guardia contro il pericolo della sovrappopolazione: «Chi potrà fermate il boom demografico  e il relativo iperconsumo del pianeta? Se una fetta d’umanità brucia troppe risorse e inquina troppo, una più vasta umanità rende invivibile il pianeta perché lo riempie fino al collasso». E, dunque, «non sarebbe il caso di reagire allo scompenso demografico che distruggerà l’umanità prima del degrado ambientale?».  

Infine l’autore si domanda: «si può chiedere un mutamento radicale sull’ambiente senza mettere in discussione il sistema tecno-capitalistico e il primato del profitto ad ogni costo che ne sono il motore e il movente?».  Parole sacrosante, che volentieri facciamo nostre, e che sono oltretutto in linea con la piattaforma dell’ecologia profonda cui si ispirano associazioni ecologiste come Fare Verde.

In conclusione, se le cose stanno così, s’impone il vecchio imprescindibile interrogativo: che fare?

«Se i pericoli sono così vasti ed estesi […] è sensato fare la propria parte ma senza illudersi di raddrizzare il mondo e senza pretendere palingenesi globali. In fondo l’unica consolazione davanti agli scenari catastrofici delineati è che nella peggiore delle ipotesi accadrà quel che comunque sarebbe accaduto e che sappiamo da sempre che succederà: prima o poi moriremo, tutti». Quest’ultima nota è forse un po’ troppo pessimistica, ma suona purtroppo realistica.

Sandro Marano

Sandro Marano su Barbadillo.it

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