Giornale di Bordo. Le ragioni della pace in Ucraina (oltre Papeete e Salvini)

Una riflessione sugli effetti del conflitto bellico per gli italiani, le imprese e le famiglie colpite dal caro-prezzi e dal caro-energia

Caro carburanti

Può darsi benissimo che Matteo Salvini abbia fatto una sciocchezza a cercareun pourparler con Putin o con qualche esponente di spicco del governo russo. Dal Papeete in poi non ne ha azzeccate molte. E può darsi che saranno molti pronti a bollarlo come un traditore della patria, come se fossimo veramente in guerra (in realtà, in parte lo siamo, e averci fatto entrare senza dichiararlo potrebbe costituire un tradimento molto più grave).

Eppure

se l’inflazione, che già ora sfiora il sette per cento, diventerà a due cifre, e non ci sarà nessuna scala mobile a risarcire lavoratori dipendenti e pensionati;

se qualche milione di profughi affamati provenienti dall’Africa e dall’Asia si approssimerà alle nostre coste, e gli altri Stati europei si guarderanno bene come al solito nel sostenerci e nel ripartire i disagi;

se le fabbriche saranno costrette a ridurre o a interrompere la produzione per il costo troppo alto dei combustibili;

se trascorreranno un inverno al freddo non solo giovani aitanti, ma anziani, malati cronici, degenti negli ospedali;

se si renderà necessario un razionamento dei generi di prima necessità, come avviene in ogni economia di guerra;

se si verificheranno frequenti blackout, rovinosi in una società in cui senza una connessione elettronica non si fa nemmeno il biglietto del treno;

se, come Roosevelt nel 1941, Biden riuscirà ad avere la sua brava Pearl Harbor;

se la Cina comunista approfitterà dell’impegno statunitense in Ucraina per invadere Taiwan,

qualcuno penserà che forse chi cercava canali paralleli per porre termine alla guerra qualche ragione ce la poteva avere. Ma forse sarà un po’ tardi.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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