Enrico Vanzina liberale e patriota pop si racconta nel Diario diurno

L’ambizione, annota l'autore nel prologo, citando Sciascia, è quella di scrivere un «diario a futura memoria, illudendomi che qualcuno, negli anni a venire, leggendomi, possa trarre informazioni utili alla comprensione globale di questo paese»

Diario Diurno di Enrico Vanzina

Diario diurno (HarperCollins, 2022) di Enrico Vanzina racconta dieci anni della sua (e della nostra) vita in un arco temporale che va dal 2 dicembre 2011 al 4 dicembre 2021. 

Come dire dal governo tecnico di Mario Monti al governissimo di Mario Draghi, dall’esiziale crisi economica alla mortifera pandemia, dalle infinite e fallite operazioni di polizia internazionale alle nuove guerre neoimperialiste e criptocolonialiste, da una disgrazia all’altra. Ma la vita, come luogo comune e biologia vogliono, continua e un giorno (forse) proveremo nostalgia e rimpianto anche per questi non eccelsi anni.  

Se il titolo cita esplicitamente Diario notturno di Ennio Flaiano, il prologo avverte il lettore che l’opera «trae la sua innocente ispirazione dai memorabili appunti intimi di Ennio Flaiano e di Indro Montanelli». 

L’ambizione, annota ancora Vanzina nel prologo, citando, in questo caso implicitamente, Leonardo Sciascia, è quella di scrivere un «diario a futura memoria, illudendomi che qualcuno, negli anni a venire, leggendomi, possa trarre informazioni utili alla comprensione globale di questo paese».

Non possiamo ovviamente sapere quale giudizio daranno i posteri di questi appunti intimi vanziniani; ma, almeno per quanto ci riguarda, li giudichiamo sin da ora non meno memorabili di quelli vergati da Flaiano e Montanelli. 

Nelle quasi trecento e mai banali pagine di questo Diario diurno scorrono, come in un’ininterrotta carrellata cinematografica, l’amata-odiata Roma, l’ammirata Milano, la provincia italiana con i suoi innumerevoli pregi, l’Europa con la sua grande Storia e le sue piccinerie («la perfida Albione» che, traumatizzata per la vittoria dell’Italia agli Europei di calcio, mostra tutta la sua albagia e il suo razzismo: una pagina di grande efficacia), cinema e letteratura, familiari e amici, amori e lutti, rievocazioni e incontri, simpatici e antipatici (in cima alla classifica due noti critici cinematografici), Proust e Totò, battute e riflessioni. 

Da autentico «liberale pop», come si autodefinisce, inoltre Vanzina non lesina critiche al «politicamente corretto» (niente più sesso e tradimenti nei film, ordina una produttrice allo stupefatto scrittore e regista) e, in invettive in cui si sente chiara l’eco del Pasolini luterano e corsaro, all’omologazione (un morbo che oramai contagia molti aspetti della nostra vita quotidiana). 

Nonostante tutto, Enrico Vanzina rimane però un ottimista, un uomo che ancora spera che questa Italia e questa Europa possano essere migliori o, quanto meno, all’altezza del loro glorioso passato. 

Un autentico «patriota pop», oltre che un «liberale pop».

@barbadilloit

Franco Grattarola

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