La forza di Zemmour è nella crisi dello Stato liberale

La sfida presidenziale dell'intellettuale francese al tempo della liquefazione del merito

*Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo un estratto da  “Eric Zemmour. Un intellettuale in corsa all’Eliseo” edito da Historica Giubilei Regnani. Alarico Lazzaro (184 pagg 16 euro).

 

Egli è un intellettuale che scardina i dogmi del presente, mettendone in crisi la narrazione alternando enfasi e glacialità.

Populisti e sovranisti vengono dipinti dai media come uomini deplorevoli, avidi e ingordi di potere, che si arricchiscono sull’opposizione alle tematiche a cui al contrario si lega il progressismo politico europeo e non solo. Eppure, è innegabile che le democrazie liberali siano scosse da una crisi profonda e che ne mina le fondamenta. Rivolte, scioperi, contestazioni, come quelle dei Gillets Jaunes a cui Zemmour si rivolge con toni quasi paternalistici e oltremodo comprensivi, sono ben lontani dal riproiettare il mondo verso il caos degli anni tribolanti di difficoltà a cavallo fra le due guerre ma è grottesco come il richiamo al fascismo tenda a permeare qualsiasi ambito del dibattito politico attuale, che preferisce impantanarsi nel passato piuttosto che comprendere il presente per imbastire riflessioni decisive per il futuro, come ogni politico o uomo di stato dovrebbe fare. Eric Zemmour è un intellettuale in un mondo in cui queste figure stanno progressivamente scomparendo o preferiscono, piuttosto che svettare e distinguersi, nascondersi nella massa.

La massificazione sta inghiottendo il nostro presente, rovesciando l’autorità della politica e lo spessore morale e intellettuale di quelle che dovrebbero essere considerate le élite della società, spesso inascoltate o piegate al volere e al dispotismo, per citare l’eterno Tocqueville, della maggioranza, divenuta bruta e tirannica.

Lo Stato liberale è in crisi perché ha  dimenticato la meritocrazia (parola diventata taboo dopo le rivolte contro l’elitarismo),le eccellenze, gli intellettuali e le loro penne, spinti sempre più ai margini della società, costringendoli a combattere le assurdità del nostro tempo dalla parte opposta della barricata ideologica da sempre sostenuta, come ben raccontato nel capitolo de “Gli Imperdonabili”.

Un mondo in cui gli intellettuali muoiono per far posto agli influencer (il cui termine cela già un’accezione sinistra, poiché pensare di vivere influenzati da qualcuno o qualcosa significa spogliarsi passivamente della propria identità) è un mondo senza grandi prospettive future, ed è proprio su questo che poggia il pensiero politico conservatore, spesso definito cinico, illogico ed anacronistico: sulla rievocazione dell’eroismo del passato e di coloro che diedero la vita per preservare i valori di libertà e democrazia e che oggi finiscono paradossalmente nell’occhio del ciclone dell’ignoranza e della furia iconoclasta, penso al già citato Winston Churchill per esempio.

Un mondo che cede il passato ad un processo di globalizzazione tanto incessante quanto controverso spogliandosi della sua identità per abbracciare le mode passeggere e la tirannia dei più è un mondo vacuo, e che sia da monito per il futuro poiché solo da realtà così vacue e da ambiti così appiattiti possono affermarsi figure così controverse e profondamente dirompenti. Perché anche se, ad aprile, Zemmour dovesse arrendersi alla popolarità di Emmanuel Macron avrebbe comunque lasciato un segno nella storia, riportando in vita temi incerti e dibattuti quanto pungenti sui cui l’opinione pubblica tende a polarizzarsi e dividersi… ma del resto un altro Grande a cavallo della storia francese ripeteva ed agiva spesso nel segno di una celebre locuzione latina: “Divide et Impera”.

 

 

Alarico Lazzaro*

Alarico Lazzaro* su Barbadillo.it

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