Le reminiscenze del corporativismo nella costituzione italiana

Un saggio di Eclettica analizza la complessità del quadro delle regole istituzionali nel Belpaese

Le radici nascoste della costituzione (Eclettica)

La Costituzione italiana è stata spesso al centro di aspri dibattiti, ancor più oggi nell’epoca dell’emergenza pandemica. Molti l’hanno costantemente dipinta come la «più bella del mondo», per l’ampio spazio dato ai diritti politici e civili, altri l’hanno messa sul banco degli imputati considerandola obsoleta e incapace di garantire continuità politica e poteri adeguati ai governi. Eppure la parte più significativa risiede negli articoli che trattano di materie economiche: programmazione, ruolo economico dello Stato, riconoscimento giuridico dei sindacati, collaborazione dei lavoratori alle imprese, disciplina pubblica del credito, il Cnel sono tutti elementi ricchi di spunti chi volesse superare i dogmi del neoliberismo e dell’individualismo. Il libro «Le Radici Nascoste della Costituzione» (Eclettica, 2021), sesta opera promossa dall’Istituto «Stato e Partecipazione», vuole andare alle radici di quelle impostazioni, che si collegano direttamente alle idee di «terza via» e socializzazione espresse dal fascismo, ripercorrendo minuziosamente tutto il dibattito costituente, la storia e il bagaglio culturale di tanti protagonisti. 

Gianluca Passera ha effettuato una lunga e profonda ricerca su tutte le posizioni dei democristiani, dei socialisti, dei comunisti e di tutti gli altri politici, professori e intellettuali che animarono il primissimo dopoguerra, quando cominciava a prendere forma la democrazia italiana dopo il crollo del fascismo. Un viaggio affascinante che apre mille spunti di discussione a proposito della storia italiana, allontanando qualsiasi semplificazione su quella complessa stagione. Tra spaccature evidenti e punti di contatto, proprio nella parte economica del testo costituzionale (artt. 35-47) riaffiorarono tanti spunti sociali emersi nel dibattito economico tra le due guerre. Uomini come Fanfani, Moro, Pergolesi e Mortati, d’altronde, dovevano gran parte della loro formazione al corporativismo, teoria che tra le due guerre ambì a superare il liberismo, recitando un ruolo importante nella discussione globale seguente alla crisi del ’29 e divenendo un modello internazionale per molti paesi. Anche istituti come l’Iri e le strutture dello Stato sociale furono usati proficuamente nel dopoguerra dopo il ritorno del pluralismo partitico e sindacale in Italia. 

Infine, ampi settori dell’Msi e della Cisnal cercarono di elaborare riforme radicali della Costituzione, ma di fronte alla parte economica si affermò l’idea di promuoverne l’attuazione concreta, sulle linee di partecipazione e centralità del «lavoro» che già erano stati i capisaldi delle frange rivoluzionarie e sociali del regime. Su questo si concentra in particolare Francesco Carlesi, che, dopo un inquadramento storiografico del periodo ’45-’48, analizza tanto le posizioni della “destra sociale” quanto di uomini come Mattei (che raccolse e potenziò la struttura dell’Agip nata nel 1926) i quali portarono avanti progetti alternativi di affermazione italiana sulla scena globale “oltre” i due blocchi, per quanto possibile. Questo affresco che dal passato arriva fino al futuro è arricchito dai contributi di tre importanti professori e studiosi come Gherardo Marenghi, Daniele Trabucco e Luigi Iannone. 

 

Felice Centofanti

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