Battiato e l’amore: sacro, profano e per la “Povera Patria”

Il ricordo del poeta Sandro Marano attraverso i titoli dei giornali: il suo era - scrive Marcello Veneziani - "un canto spirituale"

Un concerto di Battiato sulla Rai

Se ne è andato in punta di piedi a 76 anni Franco Battiato, uno dei grandi cantautori e compositori italiani. Ed ha fatto già un miracolo: tutto il mondo politico, senza le a volte oziose distinzioni di destra e sinistra, gli ha reso omaggio. 

Ripercorriamo i titoli di alcuni giornali dedicati alla sua scomparsa: «Sventola bandiera bianca» (La gazzetta del mezzogiorno), «la mistica leggera venuta dall’altrove» (La verità), «Cantante dell’anima» (Corriere della sera), «il cantautore-poeta» Libero), «un essere speciale» (La stampa), «l’ultimo filosofo della canzone (Il tempo), «filosofo pop» (Il giornale), «la voce contro il padrone» (Il fatto quotidiano), e così via. Tutti hanno colto frammenti di verità, aspetti importanti di questo artista, che ha saputo coniugare magistralmente la musica leggera e pop con le citazioni colte e la ricerca del sacro, una raffinata cultura e l’orecchiabilità del suono, l’amor sacro e l’amor profano. 

E se è vero che all’amor profano appartengono canzoni come La stagione dell’amore o  Sentimento nuevo, o ancora la dolcissima Fogh in Nakhal in lingua arabo-irachena, e perfino quella dedicata all’amor di patria come Povera patria, mentre all’amor sacro, o meglio alla ricerca d’una verità nel segno dell’unità sovra confessionale delle religioni, appartengono canzoni come L’era del cinghiale bianco o Centro di gravità permanente o Lode all’inviolato; è anche vero che a volte i due piani tendono a confondersi come nelle splendide Al caffè de la Paix o La cura. 

Scriveva Marcello Veneziani in un articolo quasi premonitore pubblicato su La verità del 18 novembre 2020: «una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale». La caratteristica di Battiato è infatti quella di aver coltivato attraverso la musica e comunicato ad un vasto pubblico la nostalgia del divino e del sacro. Ha saputo e voluto suggerirci, ancora una volta, che la vita e il mondo non cominciano e non finiscono con noi. La sua scomparsa ci affligge, ma non ci getta nello sconforto. La morte per lui era infatti, alla stregua di insegnamenti platonici e cristiani, un passaggio, un ritorno a casa. E i suoni e i testi che ci ha regalati sono imperituri. Onore a questo poeta della Tradizione.

Sandro Marano

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