Segnalibro. Se la solitudine è il percorso da affrontare contro l’opprimente modernità

Carbonio manda in libreria "Solo", breve e profondo romanzo dello scrittore svedese August Strindberg

August Strindberg

Resa, o reazione?, a una società che si disconosce, dalla quale si è lontani, ma anche un’occasione per un arricchimento interiore. August Strindberg (1849-1912), poeta, drammaturgo, scrittore svedese, ha lasciato, fra le varie opere, un esile romanzo, di poco più di cento pagine, intitolato Solo nel quale rimarca la ricchezza e la estraneità che allo stesso tempo la solitudine può dare. Un romanzo breve dagli echi nietzscheani (Strindberg era un ammiratore del grande filosofo tedesco) che si snoda attraverso vari passaggi.

La trama. Un cinquantenne, dopo anni di lontananza, torna nella propria città natale, Stoccolma, e subito rintraccia gli amici di un tempo. Passa con loro alcune serate, ma tende a rinchiudersi in se stesso notando come i ricordi sono discordanti fra lui e gli amici e dai loro dialoghi emerge una lieve ipocrisia e soprattutto un costante inaridimento dei legami sociali. Capisce che gli anni hanno segnato un solco profondo fra sé e il resto delle persone che una volta facevano parte della sua vita e sceglie di essere solo. Si definisce vedovo, sebbene non lo è, affitta da una vedova due stanze ammobiliate per rinchiudersi nella propria solitudine fatta di lettura, scrittura e dolci passeggiate che accompagnano il passaggio delle stagioni, marcando l’autunno di un’esistenza dove non c’è più troppo spazio per la fiducia verso gli altri.

Il libro è curato da Franco Perrelli, ordinario di Estetica nell’Ateneo barese, che ha effettuato la traduzione e l’introduzione. Oltre alla grandezza della scrittura di Strindberg, rileva nello scrittore svedese una follia latente. Fatto che caratterizza la sua bella e semplice scrittura visto che a volte la follia confina con la genialità. Come nel caso di Friedrich Nietzsche.

Quello del personaggio strindberghiano è un arrendersi al mondo o un rifiutare il mondo? Una fuga in se stessi, nel proprio io, nella propria interiorità o un “passaggio al bosco” di jüngeriana memoria? Passaggio proprio di chi crea una cittadella interiore rifiutando la modernità? Un tale romanzo rifiuta la modernità, con le sue convenzioni borghesi, e l’amore per un altro genere di rapporto sociale, comunitario, più legato a valori profondi e non all’individualismo protestante. Una posizione che richiama insomma alla diatriba, viva nei suoi anni, fra comunità e società ben definita da Ferdinand Toennies nella celebre opera Comunità e società. Un libro che sistematizza bene la dicotomia fra valori comunitari, identitari, da un lato, e individualismo egoistico dall’altro.

Leggere Strindberg è importante perché coniuga le tendenze di fine secolo con gli stili di alcune avanguardie del primo Novecento, in particolare il surrealismo e l’espressionismo, con temi ricorrenti ma lontani dalle sue ricorrenti espressioni antisemite, antifemministe, mistiche che tante polemiche suscitarono in precedenza. Un romanziere interessante, da conoscere e approfondire, con una percezione della realtà importante, una percezione che ricorda Baudelaire, con i suoi silenzi profondi, come sottolinea Perrelli.

August Strindberg, Solo, Carbonio ed., pagg. 141, euro 13,50

Manlio Triggiani

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