Fino alla fine. La Super League come esilio (gradito) per gli juventini stanchi delle solite polemiche

Il sondaggio di Forza Football e il sostegno dei tifosi bianconeri al nuovo progetto di lega europea: il commento di Giuseppe Pollicelli

Andrea Agnelli

Il sondaggio su tifosi e Super League

Un mio amico romanista, grande avversatore della Superlega, mi ha mandato via WhatsApp un sondaggio diffuso dal sito Forza Football (sondaggio sulla cui attendibilità non posso mettere la mano sul fuoco), accompagnato dalla frase “Poi dici perché alla gente stanno sul cazzo gli juventini”. Da questo sondaggio risulterebbe che una maggioranza, seppure risicata (il 52%), di tifosi bianconeri fosse favorevole alla costituzione della European Super League. Ma il dato rilevante è che la percentuale di sostenitori della Juve non ostili al progetto patrocinato da Florentino Perez e Andrea Agnelli è nettamente più elevata rispetto a quelle di tutte le altre squadre che della Superlega avrebbero dovuto far parte: si va dall’11% di favorevoli dell’Arsenal fino al 39% della “seconda classificata”, il Real Madrid. E dal momento che la Superleague è una roba da disonesti che attentano ai sacri valori dello sport così bene incarnati da Uefa, Fifa e sceiccame vario, ecco che, per l’ennesima volta, il tifoso juventino si merita il disprezzo delle altre tifoserie, notoriamente assai più inclini a una visione idealistica del calcio. Personalmente credo che, se tra gli juventini la Superlega era vista con maggior favore, ciò dipenda almeno in parte dal fatto che nella percezione generale – anche grazie a una poco occulta opera di “persuasione” da parte della quasi totalità dei media, che del cosiddetto “golpe” han fatto la prima notizia a scapito del Covid, cosa che non capitava da un anno buono – essa sarebbe stata addirittura capace di uccidere i tornei nazionali, impedendo il ripetersi di casi come quello del Leicester o dell’Atalanta (esempi difatti portati, a sproposito, anche dal mio amico romanista e sintetizzati dalla sballatissima vignetta di Emilio Giannelli apparsa sul “Corriere della Sera” di martedì scorso, in cui l’Avvocato rampogna il nipote Andrea dicendogli: “Portare le società all’estero va bene, ma il calcio lascialo in Italia!”). Uno scenario fasullo, quello della demolizione di Serie A, Liga ecc., da cui il sistema si sarebbe paradossalmente difeso estromettendo gli ammutinati, e cioè disintegrando – stavolta sul serio – i vari campionati nazionali. Accade però, e veniamo così al punto, che la prospettiva di non dover più avere a che fare con il calcio italiano e tutto ciò che gli ruota attorno appaia, a numerosi juventini, assolutamente desiderabile. Tantissimi, anzi, ci metterebbero proprio la firma, pur di dire addio agli insulti, alle insinuazioni, ai livori, allo sfacciato doppiopesismo mediatico e giudiziario (e ultimamente anche arbitrale), alla sottovalutazione dei risultati ottenuti, all’ingratitudine nei confronti di una società che è l’unico traino del movimento calcistico italiano e che, tra l’altro, ha consentito all’Italia di tornare ad avere quattro squadre in Champions League. E pur di congedarsi una volta per tutte dagli editorialisti tifosi che, anziché leggere la vicenda per ciò che effettivamente è, ossia uno scontro di potentati dalle differenti visioni strategiche ma mossi da analoghe finalità economiche, riducono tutto a una favoletta a base di buoni (che sarebbero, e vien da ridere solo a scriverlo, Ceferin, Al-Khelaïfi, Boniek, l’ex sostenitore della Super Lega Rummenigge e via elencando) contro i cattivi, i quali curiosamente si riducono però, da dodici che sarebbero dovuti essere, al solo Agnelli; il tutto tessendo l’elogio di atteggiamenti pavidi e ipocriti (si veda l’encomio di Massimo Gramellini nei confronti di Paolo Maldini, alias lo Scajola di Milanello) e indignandosi viceversa con chi, coerentemente, non ha abbandonato dopo poche ore la nave che stava affondando (al di là del fatto che la meta che questa nave si era prefissa fosse giusta o sbagliata).
Quanto a me, il progetto Superleague mi ha sempre destato delle perplessità di vario ordine, che questa storia non ha fatto altro che accrescere. Se infatti l’operazione è stata indubbiamente mal gestita dai suoi principali promotori, anche con slealtà e scorrettezze personali assolutamente censurabili, essa presenta un problema strutturale che appare irresolubile: il doversi legare a partner privi di spina dorsale, i quali mandano avanti i colleghi più esposti rimanendosene, con successo, in una zona ambigua dalla quale tirarsi rapidamente indietro alle viste della prima malaparata (si confronti la condotta di Inter e Milan). Dover contare su tali assertori dell’italicissimo principio dell’armiamoci e partite, principio divenuto ormai di respiro europeo, è indiscutibilmente – e lo si è visto – un presupposto pessimo.

(23 aprile 2021)

Giuseppe Pollicelli

Giuseppe Pollicelli su Barbadillo.it

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