Piero Visani e la (lucida) previsione delle nuove guerre tecnologiche

Giorgio Ballaria ricorda - ad un anno dalla scomparsa - lo studioso e analista geopolitico, tra i fondatori della Nuova destra italiana (con Marco Tarchi, Maurizio Cabona e Stenio Solinas)

Piero Visani

Un anno fa, il 12 aprile del 2020, ci lasciava Piero Visani. Era il giorno di Pasqua, ironia del destino per un uomo che non aveva mai nascosto la propria lontananza dalla religione cristiana. Ed eravamo in pieno lockdown, il primo, quello duro, che non permetteva neppure di uscire di casa. Agli amici non fu consentito di partecipare al funerale.

Non aveva ancora settant’anni ed era stato uno dei primi, lucidi e coraggiosi animatori dell’esperimento della cosiddetta Nuova Destra, il movimento culturale che all’inizio degli anni Ottanta tentò di rianimare e rivitalizzare l’ambiente politico del post-fascismo dopo il disastro cupo degli Anni di Piombo. Esperienza che poi abbandonò alcuni anni più tardi, considerandone ormai chiuso il suo ciclo più proficuo. 

Visani, che aveva alle spalle una solida formazione storica, ha poi lavorato come consulente del ministero della Difesa, dello stato maggiore della Marina Militare e in seguito della presidenza della Repubblica all’epoca di Cossiga, prima di aprire una società di studi strategici che svolgeva consulenze soprattutto per aziende private, con analisi internazionali di tipo economico e strategico. Sempre in questo anni ha svolto un’intensa attività giornalistica scrivendo per La Gazzetta Ticinese, Il Giornale, La Gazzetta di Parma, Il Sole 24 Ore, il Secolo d’Italia, L’Indipendente e Linea. 

Negli ultimi anni stava lavorando a un ambizioso progetto editoriale, una storia universale della guerra che potesse essere al tempo stesso un agile manuale di consultazione e un approfondito strumento di analisi, arricchito da una sterminata bibliografia internazionale da lui raccolta in cinquant’anni di ricerca. Il primo volume, “Storia della guerra dall’antichità al Novecento”, è stato pubblicato da Oaks Editrice nel 2018; mentre il secondo, “Storia della guerra nel XX secolo”, è uscito postumo alla fine dello scorso anno.

In questo secondo libro Visani, oltre ad analizzare i grandi conflitti del secolo scorso (le guerre mondiali, la decolonizzazione, il Vietnam, i conflitti arabo-israeliani, la guerra del Golfo e l’Afghanistan), dedicava la parte finale a fenomeni ancora poco esplorati, almeno in Italia, che tuttavia agli occhi dello studioso attento rappresentano le nuove, vere forme di conflitto: la guerra mediatica, la guerra informatica, la guerra urbana e la guerra ibrida. Eventi di cronaca che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno ma spesso non sappiamo interpretare, anche perché c’è chi provvede a erigere quotidiane cortine di fumo per nascondere e confondere la realtà.

Un esempio? Ecco cosa scrive a pagina 224:

«Un’altra forma di guerra ibrida, molto utilizzata in questi anni, è quella dello sfruttamento dei flussi migratori, non pochi dei quali sono certamente spontanei e frutto di fenomeni tipici della società contemporanea, come i processi di globalizzazione, ma altrettanti, tra essi, non sono per nulla spontanei e anzi massicciamente eterodiretti, in modo da mettere deliberatamente in difficoltà Paesi e governi fatti oggetto di ostilità».

O ancora, a pagina 226, dove analizza la cosiddetta “guerra per bande”:

«La guerra per bande si ammanta del tentativo di apparire istituzionale, è fatta da “bande” che hanno finalità esclusivamente private, come il profitto economico e l’esercizio incontrastato del potere. In realtà, l’effettivo intento delle bande consiste nel delegittimare le istituzioni, nel puntare alla fine del monopolio statale dell’uso della forza e alla fine del bene pubblico latamente inteso, sostituendolo con l’appropriazione e la spoliazione del patrimonio comune degli Stati o, al limite, dell’umanità».

Avendo conosciuto Visani, credo che qualsiasi allusione ai partiti politici (soprattutto certi…), alla magistratura e ai potentati economici e ai nuovi colossi del digitale fosse… assolutamente voluta. 

Piero ci ha lasciati all’inizio della pandemia e il libro “Storia della guerra nel XX secolo” è stato scritto ancor prima, ma sono convinto che se oggi fosse ancora vivo  gli avvenimenti di questi ultimi dodici mesi gli avrebbero regalato tonnellate di spunti per le sue consuete analisi al vetriolo. Molte delle quali espresse quasi ogni giorno attraverso il suo profilo di Facebook e il blog “Sympathy for the Devil”. Chissà che cosa avrebbe detto, e scritto, circa l’uso politico dell’emergenza sanitaria, sulla sospensione delle libertà costituzionali, a proposito della privatizzazione delle campagne vaccinali dell’UE, sull’accelerata del processo di impoverimento delle classi medie? E chissà come avrebbe interpretato il nuovo posizionamento internazionale dell’Italia di Draghi, il ritrovato attivismo nel Mediterraneo, la recente svolta anti-Turchia e la persistente ostilità alla Russia di Putin?

Da buon realista e pessimista storico, Piero Visani non aveva dubbi sull’avvenire che ci attende: «Non è dunque difficile ipotizzare un futuro di guerre, ma di guerre almeno in parte molto diverse da quelle che abbiamo conosciuto fino ad ora. Guerre in cui il polemos è destinato a diventare logos, ma non per consentire sviluppi pacifici, bensì per informare ancor più di sé le relazioni umane, i rapporti fra uomini, al punto da essere speso come elemento dialettico. Guerre in cui potrà anche la componente tecnologica a farla (in apparenza) da padrone, ma saranno sempre e soltanto gli uomini a fare la differenza».

 

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

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