Sud. La sfuriata di Gianfranco Micciché sui vaccini e la politica che difende le sue (legittime) prerogative

Il presidente dell’Ars è uscito di senno e ha imprecato contro tutto e tutti

«Un Paese che applaude Mattarella perché ha aspettato il suo turno è un Paese eticamente fallito. Il Capo dello Stato, la massima figura del nostro ordinamento, il capo delle nostre forze armate, avrebbe dovuto fare per primo il vaccino. Senza polemiche e dibattiti. Ma ormai i demagoghi hanno vinto, sono rassegnato». Finita la sfuriata, Gianfranco Micciché riprende fiato e fornisce qualche spiegazione delle sue a Repubblica. 

Il presidente dell’Assemblea regionale siciliana e capo dei berluscones di Trinacria, sabato scorso, prima ancora che l’Isola venisse travolta da ben altre vicende sempre connesse alla pandemia, è uscito di senno e dalla poltrona più alta del parlamento dell’Isola ha imprecato contro tutto e tutti:  

«Sono talmente incazzato per questa storia: lo sapevo che finivamo così, col Covid. Quando dicevo che noi politici andavamo vaccinati ci hanno preso il culo, che oggi ammazzerei qualcuno. Perché noi siamo la casta, capito, e non ci spetta nulla. Agli altri, poveri, magistrati, avvocati, sì… E a noi niente».

Uno sfogo di tutto gusto, divampato alla notizia di un nuovo caso Covid a Palazzo dei Normanni. Micciché, piaccia o non piaccia, è uno che di certo non le manda a dire. Molto spesso non piace, ben inteso. Ma stavolta un fondo di verità c’è, bisogna ammetterlo. Perché la retorica sui furbetti del vaccino o sulle priorità per età o fragilità s’è dimostrata stucchevole come tante altre polemiche dal sapore italico. In ultimo c’è caduto anche Andrea Scanzi, che da negatore del virus si è trasformato in moralizzatore del virus fino a rimanerci schiacciato.

Il punto è che di vaccini non ce ne stanno abbastanza. Altrimenti la campagna vaccinale sarebbe stata una gioiosa macchina da guerra, con o senza generali alla Figliuolo. Per ora sta andando come i risultati elettorali di Achille Occhetto nel 1994. Per questo si litiga, non per le dosi inoculate al primo che passa. 

Intanto però la si butta in caciara. Purtroppo è vero, oltre ogni ragionevole dubbio, che i politici siano soggetti a molteplicità di relazioni che diventano assai pericolose in tempo di pandemia. Anche i giornalisti, costretti a inutili tonnare quando c’è da raccogliere dichiarazioni degli stessi politici, sono spesso additati alla stregua di assembratori seriali. 

Vista da vicino la verità è spesso tutt’altra. Che abbia ragione Micciché non possiamo dirlo con certezza. Che abbia torto, invece, non sarebbe onesto dirlo neanche sotto tortura. Ovviamente i modi sono quelli che sono. Ma non sta lì il punto. Il populismo dei vaccini è soltanto l’ultima versione di quella postura populista che spesso contagia anche quelli che vivono nelle Ztl vomitando giudizi sul resto del mondo.

Il richiamo al presidente della Repubblica? Micciché non sbaglia. Va detto pure che, per come stanno le cose in Italia, qualora Mattarella avesse deciso di vaccinarsi per primo, ci sarebbe stato il medesimo codazzo retorico chiamato a spolverare qualche altro motivo per incensarlo. Di questo però il Capo dello Stato non è ha affatto colpa. La responsabilità sta invece tra i soliti ruffiani. 

@fernandomadonia

@barbadilloit

Fernando Massimo Adonia

Fernando Massimo Adonia su Barbadillo.it

Exit mobile version