L’intervento. Draghi rappresenta un investimento sulla competenza

L'imprenditore Stefano Massari spiega le attese del mondo produttivo verso l'esperienza del governo nascente

Draghi accolto da Mattarella al Quirinale

A me Mario Draghi piace, e piace tanto. Mi piace perché è una persona che ha studiato, in Italia prima e all’estero poi, perché ha lavorato in importanti istituzioni nazionali ed estere, perché ha dimostrato di saper fare bene il suo lavoro e perché è un vincente, uno di quelli che quando è stato chiamato a decidere ha fatto la scelta giusta al momento giusto assumendosi le sue responsabilità e mettendo in riga tutti, presidente della Bundesbank compreso.

E’ un grande italiano, come pochi ce ne sono stati e pochi ce ne sono, uno di quegli italiani che piace tanto al mondo e molto meno a chi, in patria, è convinto che uno vale uno e che quindi, Draghi e DJ fo fo Buonafede, in fine dei conti sono la stessa cosa. Io sono convinto che Draghi sia la persona giusta per far cambiare rotta al Paese, che sia semplicemente il migliore. Io sono anche convinto che Draghi possa stravolgere anche la prassi politica, una politica che da troppi anni vive sul culto dei leader e sulla cultura del like.

Chi vi scrive è abbastanza vecchio per ricordare le tribune elettorali, quando i leader di partito, gente del calibro di Berlinguer, Almirante, Craxi, Andreotti, non parlavano mai in prima persona singolare ma si rivolgevano all’elettore chiedendo di accordare il loro consenso ad un partito, ovvero ad una comunità di uomini e donne accomunati da una visione del mondo, da ideali e dalla capacità di tradurre quei valori e quelle visioni in atti concreti C’erano partiti storici e leader che cambiavano di volta in volta, oggi ci sono leader che cambiano nome ai partiti perchè concepiscono il partito come una loro emanazione diretta. Sacerdoti moderni, autentiche reincarnazioni di faraoni egiziani in versione 4.0.

Nel clima fideistico che contraddistingue il rapporto tra leader ed elettore parlare delle decisioni di un partito confondendole con le proprie volontà è il minimo che possa accadere. Io ho scelto di appoggiare tizio, io ho scelto di non votare la fiducia, io ho scelto di far dimettere i ministri. Fantascienza? No l’Italia del 2020. Sacerdoti devoti ad una religione, la religione del LIKE, ovvero del consento istantaneo sui social. Sono 10 anni che ogni santa mattina che i sacerdoti del consenso ci danno il buon giorno, ci dicono cosa hanno mangiato a colazione, ci comunicano che i cannoli siciliani sono buoni, che a Napoli si vede il Vesuvio, che “quanto è bella Firenze”.

Sono anni che non passa giornata senza ricevere aggiornamenti sulla colazione, sul pranzo e sulla cena a social unificati. Sono anni che si indignano per ogni cosa, per l’immigrato che dorme per strada, per l’immigrato che non dorme per strada, per i giovani che non trovano lavoro, per i giovani che lavorano troppo. Sono anni che ci comunicano l’elenco dei problemi che non riescono a risolvere e lo fanno ricevendo LIKE da chi quei problemi li subisce.

Se prima la politica era la sintesi di posizioni culturali complesse ora è sintesi e basta, senza posizioni culturale. Con 3 diplomi in 4 parlare di cultura sembra quasi un affronto. Accontentiamoci dei congiuntivi e basta.

Tornando a Draghi. A me Draghi piace e mi piace da impazzire, mi piace quasi quanto mi è piaciuto Sergio Marchionne. A me Draghi piace per mille motivi, anzi, per mille motivi più uno, non ha una pagina facebook, non ci da il buon girono con un sorriso inebetito, non ci comunica il menu del pranzo, non ci ricorda che a Napoli c’è il Vesuvio. Insomma è uno vero che non pensa ai Like e che per questo  ha più tempo per pensare alla storia.

*imprenditore

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Stefano Massari*

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