Cosa resta in Russia della memoria dello scrittore nazionalrivoluzionario Limonov

Poco prima di morire nel marzo 2020 aveva proposto all'editore Individuum il suo ultimo libro: "Il vecchio che viaggia"

Limonov con alle spalle la bandiera di Limonka

Ed Limonovimonov

 

Eduard Limonov: socialista e nazionalista, prima vagabondo a New York e poi scrittore di successo, punk ribelle e nostalgico del regime sovietico. Dopo la sua morte, avvenuta il 17 marzo di quest’anno, nel panorama culturale e politico russo c’è chi da un lato ricorda solo il poeta, cercando quindi di ridurre la sua incendiaria azione politica alla liricità delle sue opere e c’è chi, dall’altro, invece esalta esclusivamente il politico, sottolineando come non sia mai stato un politico di professione, ma un instancabile ed eccentrico militante la cui azione può essere compresa grazie alle sue opere, intese come una sorta di vademucum in stile letterario. In realtà una personalità come quella di Eduard Limonov si piega molto difficilmente a qualsiasi approccio unilaterale. Il poeta e il politico Limonov rimangono due poli che, anche se non opposti e profondamente interdipendenti, non possono essere ridotti l’uno all’altro.

D’Annunzio russo

Molto spesso associato e paragonato a d’Annunzio, sicuramente Eduard Limonov per molti aspetti biografici ricopre il ruolo di Vate nell’immaginario collettivo russo: spontaneo, forte, fieramente libero e indefesso spettacolarizza la sua vita rendendola un romanzo. Viaggia in Francia, in Italia, vive negli Stati Uniti d’America dove scrive il suo primo romanzo “Io sono Eddy” (tradotto in italiano dall’edizione francese e intitolato “Il poeta russo preferisce i grandi negri” per Frassinelli) che in un primo momento non riuscirà a far pubblicare da nessun editore. Tornato in Russia agli inizi degli anni Novanta, nel 1993, insieme ad Aleksandr Dugin e “Egor” Letov fonda il partito nazional-bolscevico (dichiarato successivamente illegale). Ciò non ferma Limonov che durante la guerra in Jugoslavia si reca in Serbia e partecipa attivamente ai combattimenti. Fermamente convinto che la regione nord del Kazakistan sia storicamente russa, nel 1999 viene arrestato con l’accusa di stare architettando un’insurrezione armata volta all’annessione di quella regione. Nel 2010 fonda il partito “L’Altra Russia” di cui è stata più volte rifiutata la registrazione ufficiale da parte delle autorità russe. L’attività politica de“L’Altra Russia” si contraddistingue per aver attivamente sostenuto le proteste che hanno portato all’annessione della Crimea da parte della Russia. Nel 2020 i “limoniani” ribattezzano questo partito chiamandolo, in onore del suo più importante ideatore e ideologo, “L’Altra Russia di E. V. Limonov”.

Da un punto di vista strettamente politico-ideologico, il paragone con d’Annunzio è però molto debole. Il tratto essenziale e incontrovertibile che contraddistingue l’azione e l’ideologia politica di D’Annunzio (ammesso che ne abbia mai avuta veramente una) è l’elitarismo. Questo tratto è assolutamente assente in Limonov. I rocamboleschi avvenimenti della sua vita e la sua copiosa produzione letteraria lo innalzano sicuramente allo status di  “leader”, ma con ciò non si deve intendere nessun tipo di “superuomo” che, dalle altissime vette dalla sua originalità e creatività, è destinato a guidare aristocraticamente le masse. L’eredità del Limonov politico è impregnata di socialismo e, per usare un termine oggi molto in voga, populismo. Limonov rappresenta perfettamente quel connubio tipicamente russo di socialismo e nazionalismo che è lungi dall’essere tramontato.

L’ultimo libro

Anche per quanto riguarda la sua eredità letteraria, i dibattiti sono ancora lontani dall’essere conclusi. Due settimane prima della sua morte, Limonov incontra uno dei più importanti redattori della casa editrice russa “Individuum”, Feliks Sandalov. Il motivo dell’incontro riguarda la pubblicazione del suo ultimo libro “Il vecchio che viaggia” (“Starik putešestvuet”). In questo libro l’autore ricostruisce e descrive molto accuratamente gli avvenimenti più importanti della sua vita a partire dall’infanzia. A detta di Sandalov, l’analisi dei ricordi operata da Limonov in questa opera non ha finalità puramente descrittivo-autobiografiche: infatti essa, considerata
dal primo un esempio di “travelogue”, è pervasa da un’atmosfera “allucinatoria” dalla quale scaturisce la sua poeticità. Sandalov continua dicendo che è evidente l’intenzione da parte di Limonov di fare i conti con il proprio passato: se tirare le somme della propria esistenza, data la sua turbolenza, è un compito troppo arduo, si può per lo meno cercare di comprendere più profondamente alcuni degli avvenimenti più importanti. Inoltre, questo incontro è molto importante per un altro motivo. Limonov regala a Sandalov i libri (purtroppo non ancora tradotti in italiano) che considera il suo testamento spirituale: “Filosofia della prodezza” (Filosofija podviga), “Il partito dei morti” (Partija mёrtvych) e “Ci sarà un capo affettuoso” (Budet laskovyj vožd’).

Il fatto che l’ultimo libro di Limonov abbia come tema principale la sua vita non è secondario. Nell’odierno panorama culturale russo il dibattito su moderno e postmoderno è molto acceso, in esso Limonov si viene quindi a configurare come un “chiarissimo esempio di eredità moderna”: biografia e arte, vita e racconto sono indissolubilmente legati.

Note:

1-  Le parti virgolettate sono tratte dall’intervista rilasciata da Feliks Sandalov al quotidiano russo “Meduza”.
2-  Le traduzioni in italiano dei titoli di tutte le opere citate di Limonov sono mie.

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Sasha Cepparulo

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