Yukio Mishima esteta del patriottismo

Il nuovo saggio sul d'Annunzio giapponese di Gennaro Malgieri per Fergen

Yukio Mishima

Yukio Mishima


Yukio Mishima esteta del patriottismo, edito da Fergen, è l’ultimo libro di Gennaro Malgieri. In esso l’autore ripercorre il pensiero nazionalista del grande scrittore giapponese che cinquant’anni fa commise seppuku presso lo Jeitai, il Quartier generale dell’Agenzia di Difesa a Tokyo. Anticipiamo la premessa al volume. Per prenotazioni ed ordinazioni scrivere a info@fergen.it.


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Mishima esteta del patriottismo di Gennaro Malgieri per Fergen

Yukio Mishima nel 1961 scrisse il racconto breve Patriottismo, il cui titolo originale in giapponese è Yukoku, che letteralmente significa “Deplorevole Paese”, concetto differente da Aikoku che vuol dire “Amare il Paese” e che darebbe una migliore interpretazione all’idea di “patriottismo”. In quel titolo, inventato, si potrebbe dire, dallo scrittore, e che risulta di difficile traduzione (Mishima lo interpreta come “Ribellarsi per il Paese”), se non penetrandone il senso al di là dell’aspetto semantico, è adombrato l’intento polemico di Mishima che subirà, nel corso di circa un decennio una connotazione perfino estetica nel porsi come “patriota” di una patria che non c’era più o che lui, quantomeno, non riconosceva. Dal testo l’autore ricavò un film che nella versione inglese venne intitolato The Rite of Love and Death (Il Rito di Amore e Morte), molto più corrispondente allo spirito del breve romanzo che è una esaltazione del patriottismo, ma in chiave tutt’altro che retorica o lirica. E così venne percepito dal pubblico che assistette al Shinjuku Art Theater di Tokyo nel 1965, alla proiezione della pellicola diretta dallo stesso Mishima che rivestì anche il ruolo del protagonista.
La storia è ispirata al cosiddetto “Incidente” del febbraio 1936, quando Mishima aveva soltanto undici anni. In pratica un tentativo di colpo di Stato da parte di giovani ufficiali che si ribellarono alla corruzione ali- mentata nelle alte sfere politiche dal mondo finanziario. L’azione venne sconfessata dall’Imperatore, oltre che dal governo e dalle alte gerarchie militari e politiche, come vedremo in seguito. Ma quell’evento, sedimentato nel tempo, lasciò in Mishima un’impressione fortissima al punto che il suo patriottismo si configurò come una sorta di ribellione a quella Patria nella quale lui (e chi la pensava come lui) non poteva più riconoscersi.
Nasce qui l’estetica patriottica di Mishima che non era il guerrafondaio che si è voluto presentare per decenni, ma l’intellettuale, lo scrittore, l’agitatore di un’idea di Patria che trascende la figura storica dell’Imperatore, pur rispettato, per farsi sentimento collettivo del Giappone che ha perduto la propria identità.
La condanna a morte che venne comminata ad alcuni degli ufficiali più in vista è il cuore del romanzo e del film. Mishima incentra l’azione sulla figura del giovane tenente Takeyama, scampato al massacro perché, pur condividendo gli intendimenti dei suoi commilitoni, non venne fatto partecipe del colpo di Stato in quanto si era appena sposato. Ragione per lui non sufficiente per restare fuori dalla vicenda al punto che la sua salvezza spirituale non poteva che essere l’unione tra la morte e l’amore. Non a caso Mishima scelse come colonna sonora del film il Liebestod, l’aria finale del Tristano e Isotta di Richard Wagner. L’aria inizia con il verso “Mild und Leise”, che significa “mite e gentile”. È considerato il climax dell’opera, poiché essa termina con Isotta che canta sopra il corpo di Tristano. Liebestod (dal tedesco Liebe, Amore e Tod, Morte) si riferisce al tema letterario della morte erotica o “morte d’amore”, nella quale i due amanti consumano il loro amore nella morte. I protagonisti recitano “Amore” e “Morte” precedendo l’amplesso finale; il tenente Takeyama si uccide squarciandosi il ventre, mentre la giovane moglie si trafigge la gola con un pugnale (alle donne è vietato fare harakiri). Si potrebbe dire che è la prova per immagini, sullo sfondo politico, come si collegano Eros e Morte, Bellezza e Morte. Successivamente, nel saggio sull’“Incidente”, pubblicato nel 1966, Mishima scrisse:
«Il tenente e la moglie in Yukoku, nella situazione tragica che si era determinata, senza accorgersene, hanno catturato il momento più alto della vita dandosi la morte suprema».
E con essa hanno dunque esaltato la vita attraverso la morte.
La morte e l’amore non possiamo che considerarli nella visione di Mishima come le forme più alte che s’intrecciano nella testimonianza dolorosa e doverosa in favore della Patria. Per questo l’estetica alla quale dà luogo è imbevuta di elementi che formano i pilastri dell’eterna bellezza, civile e privata, intima, eroica ed erotica. S’intravede in questa affermazione del superamento delle barriere borghesi la via aristocratica verso l’acquisizione di una sorta di bagno salvifico che il 25 novembre 1970 si sarebbe finalmente compiuto.
Non fu compreso. Venne deriso e dileggiato. Disprezzato dal “suo” mondo e da quello che gli era estraneo. Ma cinquant’anni non sono trascorsi invano. L’estetica patriottica di Mishima, oltre al suo indiscutibile talento letterario, il più eccelso insieme a quello di Yasunari Kawabata nel Novecento, da tempo non è più ritenuta l’eccentrica espressione di un “figlio” sopravvissuto al tramonto dell’Impero del Sol Levante. E fu lui stesso, quasi venti anni prima del tragico ed “esaltante” seppuku ad immaginare che una “certa idea” del Giappone doveva essere compresa.
Egli si pone come tramite tra il suo Paese ed il resto del mondo. Nel 1951 effettua il pri-mo viaggio in Occidente che dura un anno: visita il Nordamerica, il Brasile, l’Europa (decisivo, come diremo più avanti, il suo soggiorno in Grecia per il cambiamento profon- do nel carattere e nel sentire). Tra il 1957 ed il 1958 è ancora in America e in Europa. Ovunque attinge allo spirito dei luoghi e scopre similitudini con il suo Paese. S’immedesima nella vita delle città che visita e cerca di coniugare, sfiorando l’eccentricità, modi di pensare e di vivere che mai avrebbe immaginato, standosene in Giappone. Annota nel suo resoconto di viaggiatore:
«Un francese mi ha detto una cosa interessante. Il Giappone non si trova all’Estremo Oriente, ma all’Estremo Occidente. L’Estremo Oriente comincia dalla Repubblica Popolare Cinese. L’Europa è molto più lontana di quanto la maggior parte dei giapponesi immagini, e per il mondo europeo l’Estremo Occidente è più lontano dell’Estremo Oriente. Che ci piaccia o no, per il futuro del Giappone l’esistenza del continente nordamericano è fatale, e per l’Europa il Giappone si trova al di là dell’America. Gli intellettuali giapponesi hanno importato direttamente il pensiero europeo; il popolo giapponese ingloberà sempre più profondamente la civiltà di un’Europa americanizzata, e a me tutto questo sembra naturale» (La Coppa di Apollo).
Con queste premesse era naturale che in cinquant’anni Mishima e l’Occidente dovessero comprendersi. Il successo dei suoi libri in questa parte del Pianeta non conosce pause. Ogni suo romanzo tradotto in inglese, in francese, in italiano, in tedesco va a ruba nelle librerie. A testimonianza che le influenze occi- dentali, ed in particolare europee, nelle opere di Mishima lo hanno avvicinato al nostro pubblico. Al punto che oggi non c’è più nessuno che ride del suo suicidio rituale o che non resta colpito dall’estetica patriottica così originale da confondersi con l’estetica della bellezza e dell’erotismo, incrociando Guido Reni, Friedrich Hölderlin, Gabriele d’Annunzio e Georges Bataille.
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Gennaro Malgieri

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